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Odifreddi e la matematica: ’Ntender no la può chi no la prova...

L'autore di 'A piccole dosi' cita un sonetto di Dante. Il professore esalta la bellezza della scienza dei numeri che sta dentro le cose di tutti i giorni, compresa la pizza

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

29 Novembre 2023 - 05:25

CREMONA - «I grandi matematici sono come i grandi esploratori. E i territori misteriosi, selvaggi e sconosciuti che essi scoprono verranno in seguito bonificati, resi irriconoscibili e visitati senza sforzo dai turisti annoiati. Ma rintracciare e inseguire le orme degli scopritori permette di rivivere le loro stesse emozioni». Si è dato come compito proprio quello di ripercorrere quelle orme Piergiorgio Odifreddi, che con il suo ‘A piccole dosi, contro la crisi di astinenza della matematica’ prosegue sulla strada iniziata un anno fa con Pillole matematiche, i numeri tra umanesimo e scienza. Se allora il cuore era la matematica applicata, ora il percorso si fa un po’ più impervio perché affronta quella pura. Ma che può portare a sorprese, come per esempio quella di scoprire perché i pianoforti a coda hanno la forma curva o i ‘numeri per versi’ che danno il ritmo a un componimento poetico, che la pizza ha una sua precisa geometria, che esiste una musica dei numeri primi, che la cifra 153 riferita ai pesci della pesca miracolosa di Gesù narrata nel Vangelo secondo Giovanni nasconde un messaggio recondito. «La malattia da curare è l’analfabetismo matematico di cui soffrono il mondo intero, in generale, e il nostro Paese», spiega il professore, intellettuale noto per la sua grande capacità affabulatoria con la quale sa rendere edibile e piacevole perfino un argomento ostico come la matematica.

Un grande divulgatore scientifico e un letterato avendo dato alle stampe molti libri e anche alcune traduzioni importanti tra cui quella de De Rerum Natura di Lucrezio, opera di divulgazione scientifica e testimonianza laica: esattamente le due chiavi di lettura del mondo alle quali ha legato il suo nome e la sua fama di matematico impertinente, come si definisce.

Parla del suo nuovo libro nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito. Scrive: «I matematici trovano più cose nel cielo della matematica di quanto si sognano in terra gli epigoni moderni dei filosofi antichi». Dunque la materia è così interessante? «Perlomeno per i matematici sicuramente lo è, non so se anche per gli altri, ma dovrebbe esserlo perché in realtà fa parte della cultura intesa in senso generale. Le culture oggi sono separate, ma fino al ’700 si trattava semplicemente di due facce di una stessa medaglia. Sono forse i moderni che che si sono persi una parte della storia». Un’avventura affascinante, tanto che Odifreddi della matematica ne ha fatto addirittura uno spettacolo teatrale, nel senso che porta sul palco questa sua capacità di divulgazione facendola diventare perfino divertente. Più o meno la stessa cosa che fa con questo libro affrontando tutta una serie di situazioni e di personaggi legati al mondo della matematica. Stiamo parlando di Mozart, di Dante, di Napoleone, che hanno comunque una loro visione matematica delle cose che spesso hanno usato nelle loro opere citazioni o addirittura a volte teoremi.

Persino Dante parla di Euclide e delle sue leggi. «In realtà poi in qualche modo si tradisce perché sono gli stessi due teoremi di cui parla Aristotele. Ma ciò significa che lui probabilmente non aveva letto Euclide, ma non è obbligatorio farlo, però aveva letto Aristotele, il quale a sua volta invece sapeva questi teoremi. Parlano di matematica Tolstoj e tanti altri. Spesso si leggono opere letterarie senza accorgersi che ci sono citazioni matematiche, perché magari non le sappiamo cogliere. In Guerra e pace è un po’ più difficile ignorarle, ci sono un centinaio pagine, tutta la conclusione, in cui spiega una teoria matematica della storia addirittura. Poi certo è difficile arrivare alla fine di Guerra e pace, quindi molti si fermano prima».

È così perché i numeri hanno personalità?, vien da chiedersi. «I numeri sì, i punti no. La differenza tra aritmetica e geometria è proprio quella che ogni numero, perlomeno gli interi, che sono quelli a cui tutti pensiamo di solito, è diverso dagli altri perché occupa un posto ben preciso. Quindi i numeri sono tutti diversi, mentre i punti della geometria sono tutti uguali, non si riescono a distinguere. Questo fa sì, tra l’altro che la teoria dei numeri sia praticamente indecidibile, incompleta, come poi ha dimostrato un signore che si chiama Kurt Friedrich Gödel, mentre invece la geometria è l’esatto contrario; in fondo è più facile studiare una massa amorfa come i punti che non invece studiare un esercito di individui tutti diversi uno dall’altro».

Con questo libro Odifreddi ha rimesso insieme vent’anni di suoi interventi giornalistici, «li ho riguardati, aggiornati e riscritti. Soprattutto li ho illustrati, perché un tentativo che ho fatto in questi due libri è di mettere anche molte immagini. La matematica è considerata astratta. È un paradosso, una perversione novecentesca quella di raccontarla senza figure. Il cosiddetto burbakismo (Ndr: corrente novecentesca di pensiero che tende a formalizzare e unificare la matematica) che poi ha dato origine allo strutturalismo francese aveva questo vezzo di far la geometria senza mai metterci un’immagine. Forse è bene fare esattamente il contrario e quindi ho cercato di mettere più immagini possibili, non soltanto per rendere gradevole il libro, che sarebbe già qualcosa, bensì proprio per illustrare cose che a volte con una immagine si fanno vedere mentre con le parole invece bisogna descrivere in maniera magari nemmeno tanto comprensibile».

Odifreddi descrive così il piacere del fare matematica pura: «Beh è quello, come avrebbe detto non un matematico ma un poeta, ’ntender no la può chi no la prova’ (Ndr: sonetto di Dante Alighieri ‘Tanto gentile e onesta pare’). D’altra parte sarebbe un po’ come spiegare a un cieco i colori. Attirare l’attenzione sulla matematica è un po’ la stessa cosa: tutti la possono capire, molti si rifiutano di farlo, altri ancora la rimuovono standone lontani il più possibile. Però l’idea è proprio quella di riuscire a far vedere cose che magari uno non vedeva se non usava i mezzi giusti. Il piacere è proprio quello di riuscire, per esempio, guardando le stelle a fare come il poeta che scruta il cielo e dice ‘Oh dimmi Luna che fai tu lassù’ (Ndr: Canto Notturno di un pastore errante). Va detto, però, che fin da giovane Giacomo Leopardi era un un astronomo dilettante, aveva prodotto addirittura a 14 anni una storia dell’astronomia; un po’ noiosa peraltro, le sue poesie sono meglio. Ma d’altra parte lui era anche più maturo quando ha scritto le poesie di quando ha messo nero su bianco quella storia. Leopardi dunque sapeva benissimo cosa c’era dietro a quei puntini luminosi che possono solleticare immagini letterarie. Cioè delle precise leggi, tipo quelle di Keplero e di Newton sulla gravitazione, e così via. Per capire ovviamente bisogna studiare. Nel caso di Leopardi la fisica e l’astronomia, che poi si basano sulla matematica. Quindi la matematica è uno strumento che permette di andare oltre».
Perché, per dirla con Georg Cantor, padre della teoria degli insiemi, «In matematica fare domande ha più importanza del risolvere problemi».

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