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Chi ha ucciso l’Innominato?

Il sequel di Ben Pastor ai Promessi Sposi è un giallo intrigante e occasione per celebrare la modernità di Manzoni. «Ho raccolto l’esca lanciata da Don Lisànder e ho investigato nel rispetto delle sue regole e del suo umorismo»

Paolo Gualandris

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19 Giugno 2024 - 05:30

CREMONA - Chi ha ucciso l’Innominato? Ben Pastor, nota per i suoi raffinati mystery storici, pone questo mistero al centro del sequel-omaggio a ‘I Promessi Sposi’, ambientato tre anni dopo la fine del romanzo di Manzoni. Nessun autore si era mai cimentato con questo monumento della letteratura italiana. «Nei molti anni di felici riletture del capolavoro manzoniano - spiega la scrittrice - mi sono resa conto di come un autore vissuto a metà ’800 risultasse fresco ed attuale. Il dramma personale di Renzo e Lucia, causato dal potere, viene a costare loro molte sofferenze, paure, fino alla fuga e all’emigrazione, passando per un rapimento dai motivi abietti. Succede ancora in molte parti del mondo».

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DOVE SONO RENZO E LUCIA?

Al contempo, spiega ancora «accortamente Manzoni lanciò diverse esche per il lettore: se sappiamo come andarono a finire alcuni personaggi, da fra Cristoforo alla Perpetua, restiamo incuriositi da ciò che non racconta sulle conseguenze ultime, legali e sociali, del pentimento dell’Innominato, o su chi siano davvero gli sbirri che vanno ad arrestare Renzo all’osteria. Il vissero felici e contenti rimane sfumato, e aperto a molte elaborazioni. Da tempo rimuginavo sulla possibilità di abboccare all’amo, suggerendo quale potesse essere l’immediato futuro dei nostri eroi, nel rispetto delle regole e del grande umorismo manzoniano». Una sfida notevole: «Direi di coraggio con alla base quello che dal 1870 è il nostro romanzo per eccellenza come Moby Dick di Herman Melville lo è per Stati Uniti, I miserabili di Victor Hugo per la Francia, Guerra e pace di Lev Tolstoj per la Russia. L’idea era proprio quella di prendere qualcosa di tanto amato, odiato e detestato ma comunque importante e di renderlo moderno, un po’ pop, nel rispetto della lingua e dell’impianto e allo stesso tempo permettendosi variazioni sul tema dei giovani sposi, ora non solo sposi ma in attesa di una figlia e con omicidio. L’obiettivo è ricordarci quanto è stato divertente in realtà I Promessi Sposi, quanto lo può essere se lo leggiamo nello spirito giusto».

OLIVARES TRA FEDE E SENSUALITÀ

Il romanzo si apre con la notizia dell’uccisione dell’Innominato, un omicidio che scuote i palazzi del potere e impone indagini ai massimi livelli, affidate al luogotenente di giustizia italo-spagnolo Diego Antonio Olivares. Come già Martin Bora, coltissimo ufficiale dell’esercito tedesco estremamente critico verso Hitler durante la seconda guerra mondiale, anche Olivares è conteso fra le cose del cielo e quelle della terra. «È un uomo del suo tempo. Giovane aristocratico di madre lombarda e padre spagnolo, è partito con l’idea di diventare un gesuita, l’aristocrazia intellettuale della Chiesa della Controriforma, per andare a morire martire in terre lontane. Quello che gli capita per via è di inciampare letteralmente nelle gonne di Donna Polissena, giovane vedova intelligente, scienziata, colta e ironica e soprattutto molto più esperta del mondo di lui. In breve il giovane Olivares ne resterà affascinato e si dirà ‘beh, nostro Signore è un amante paziente aspetterà’».

POLISSENA, DONNA LIBERA

È il prototipo della donna moderna come ce n’erano altri, pensiamo alla cremonese Sofonisba Anguissola, una delle prime artiste a raggiungere la fama in Europa quando per le donne era peccato mettersi a trafficare con tele e e pennelli. «Donna Polissena si ribella agli schemi. Diciamo che all’epoca, siamo nel Seicento, la ricchezza e l’indipendenza non solo economica ma anche sociale permetteva alle donne di fiorire, anche allora, in numero esiguo però. La maggior parte di loro se deviava dalla via della moralità probabilmente finiva in uno dei tanti depositi di Milano, luoghi in cui le donne pericolanti dal punto di vista morale venivano rinchiuse fino a che filantrope ricche e indipendenti come Polissena, appunto, non donavano loro una dote per potersi sposare».

«Con La Fossa dei Lupi mi sono anche divertita a creare un intricato caso criminale che coinvolge i personaggi sopravvissuti alla peste. Un’esperienza, quella del contagio apparentemente irrefrenabile, tuttora viva nelle nostre coscienze», sottolinea l’autrice pensando a quanto abbiamo vissuto ai nostri tempi con il Covid. Durante le indagini di Olivares, tra false piste, attentati, vendette e presunti miracoli, si ritrovano gli eroi manzoniani per scoprire, ad esempio, come prosegua la vita matrimoniale di Renzo e Lucia e se don Abbondio sia guarito o meno dalla sua proverbiale codardia. Maestra di psicologie e atmosfere, Ben Pastor fa rivivere la Lombardia del 1631 con singolare maestria, dopo aver ambientato negli anni della seconda guerra mondiale e nel tardo Impero Romano i suoi due cicli principali, incentrati rispettivamente sulle avventure del tormentato ufficiale tedesco Martin Bora e dello storico Elio Sparziano. Nata a Roma, naturalizzata statunitense, l’autrice scrive abitualmente in inglese i suoi romanzi ma per La fossa dei lupi ha fatto eccezione: «Cimentandomi con il testo principe della letteratura italiana, ho capito subito che sarebbe stato impossibile rendere pienamente il senso e la ricchezza lessicale dell’originale in un’altra lingua. Ho deciso quindi di provare a fare un’operazione filologica e divertentissima, rispettosa e dissacrante allo stesso tempo, usando un italiano fruibile per il pubblico contemporaneo mentre strizza l’occhio al periodare stupendo di Don Lisànder».

IL MONDO GRANDE E TERRIBILE

Il risultato è vivido e appassionante. ‘La fossa dei lupi’, dal luogo dove avviene il delitto eccellente, mostra come siano proseguite le vite di Renzo, Lucia, don Abbondio, Agnese, dei Bravi e della Monaca di Monza, coniugando l’ironia tipica di Don Lisànder con lo stile potente dell’autrice che in 25 anni di attività ha conquistato pubblico e critica. Anche in questo romanzo conferma la sua filosofia di scrittrice: «L’idea è divertire soprattutto, ma anche di ricordarci come siamo fragili a tutt’oggi, perché il mondo come diceva l’anziano monaco Lama, istruttore di Kim nell’omonimo romanzo di Rudyard Kipling, è grande e terribile».

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