PENSIERI LIBERI
Matteo Aschedamini studente di Lingue e Lettere straniere a Bergamo
Luglio 2024
O caro maranza, caro maranzino. Chi sei? Cosa sei? Apro il dizionario, lascio scorrere il dito. Ecco dov’eri, maranza! Recita il Treccani: giovane che fa parte di comitive o gruppi di strada chiassosi, caratterizzati da atteggiamenti smargiassi e sguaiati e con la tendenza ad attaccar briga, riconoscibili anche dal modo di vestire appariscente. Ancora poco chiaro. O sbaglio? Eppure sono certo che li abbiate intravisti, li abbiate incontrati, li conosciate per sentito dire, quantomeno.
Alcuni tra voi ne saranno genitori, altri saranno loro vittime o nemici giurati, berciando contro di loro perché vi molestano il sonno, perché penetrano con le loro grida o con la loro musica proiettata nella stratosfera attraverso i vostri soggiorni. Ma da dove provengono? Quale navicella spaziale si è adagiata sulla terra per deporveli come uova fatali? Sempre il Treccani: l’etimologia di maranza è incerta (forse è la voce meridionale maranza ‘melanzana’, incrociata con marrakesch o marocco ‘meridionale’), mentre la prima attestazione del nome si trova in una canzone di Jovanotti del 1988, ‘Il capo della banda’: «Mi chiamo Jovanotti e sono in questo ambiente / di matti di maranza e di malati di mente / fissati con le moto e coi vestiti americani / facciamo tutto ora o al massimo domani». I maranza, evoluzione dello zanza perdigiorno e del paninaro incallito, ora sono un blocco unito. Dai paninari ereditano la snervante passione per la moda, il fascino per le griffe, e forse anche un po’ di quella malcelata arroganza.
Non a caso, arroganza fa rima. Dallo Zanza la passione per l’ambiente notturno e per il chiasso. Indossano tute d’un nero cupo, talvolta graffiate da strisce d’oro o di bianco. Sono marchiati, seppur spesso falsamente, Nike, Adidas, Supreme e Gucci. Trasportano pesanti sigilli Louis Vuitton che spiccano brillando negli intervalli del dondolio incessante di borse a tracolla e marsupi con fantasie a scacchi sospesi nel vuoto. Scivolano tra flutti di vapori al sapore di ciliegia e cicche di sigarette elettroniche che costellano i marciapiedi.
Si rintanano in gruppi omogenei, da cui si levano, proporzionalmente al loro numero, fiumi di fumo chimico. Li si trova scomporsi e riassemblarsi all’esterno delle discoteche, degli oratori, dei Famila e degli Esselunga. Affollano gradoni e strade, sfrecciano fendendo fieramente l’aria e il traffico sui loro monopattini. Le magiche vetture del futuro dalla cocciutaggine di Bufalo e l’esilità di libellula, non più pericolose dei cari vecchi scooter. Inondano la città della loro musica dal sapore post-moderno, dagli strumenti confusi e dalle note piccanti che pungono come formiche rosse i timpani degli sprovveduti dall’orecchio delicato, che non si sono nascosti in tempo.
Gettano richiami come pavoni al grido di Fra! Bro!, abbreviazione con la quale si rivolgerebbero al proprio fratello e anche al Padreterno, premesso che se lo trovino davanti. Camminano in processioni dalle traiettorie ubriache perché costretti a movimenti ondulatori del bacino dalle braghe. Sì, proprio dalle braghe. Quasi sempre calanti, adagiate poco più in alto delle parti intime e poco più in basso di dove finisce il disegno curvo del posteriore. Posteriore che spesso espongono in bella vista come muscolo che subodora feromone. Di vero maranza.
Tra loro non è raro poi trovare maranzine che si accodano alle suddette processioni rigenerando in esse forza e vigore. Sono proprio le maranzine stesse l’obiettivo dichiarato dallo scostumato maranzino, il quale, per intraprendere relazioni più profonde, dà sfoggio della sua incontrovertibile e inoppugnabile mascolinità maltrattando colui che ha avuto in destino d’avere di fronte. Tra i casi di maranzite acuta, la quale ha evidentemente ormai consumato buona parte di noi giovani, non è difficile riscontrare casi gravi, lievi e non gravi. Si parte dal più umile degli zanza per arrivare al cultore medio, maranzino in erba che rispetta il prossimo suo ma manifesta timidamente profonda attrazione per il mondo underground della vita da maranza.
Sono al giorno d’oggi un fenomeno dichiarato, esistente nel pensiero comune come un fatto conclamato, quasi come un fatto storico. Esistono e persistono. È quindi fondamentale prendere atto del loro esserci e informarsi a riguardo, così da potersi comportare di conseguenza nell’eventualità di un incontro con un esemplare del tipo. Mantenere il controllo è sicuramente la prima e più importante delle precauzioni per evitare il funesto nascere di un alterco che si rivelerebbe nondimeno infruttuoso. In quanto che la retorica del maranza, pervasa di Fra! e di termini coloriti, farebbe crollare qualsiasi discorso che si reggesse su proposizioni ben articolate come un sasso scagliato contro un castello di carte. Seconda e egualmente vitale protezione è il ricordarsi di non fornire al soggetto la minima opportunità di imporre la propria superiorità. Egli, infatti, come un leone in agguato nell’erba alta non aspetta altro che la possibilità di mettersi in mostra e farsi valere, tanto davanti a se stesso quanto, o forse di più, davanti agli altri. Ma i maranza, alla fine, sono i giovani: non tutti, certo, per carità, ma sono i giovani. Non sono un male. Sono un modo di essere come un altro, la fase di un percorso. Quello dei maranza è un mondo tutto da scoprire, perché tra le loro file si nasconde il futuro. E prima o poi anche i maranza, come i paninari, invecchieranno e si lamenteranno dei nuovi venuti, domandandosi se per caso non li abbia depositati sulla terra una navicella spaziale, tanto si sentiranno nei loro confronti di un altro pianeta.
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