23 Luglio 2024 - 05:10
Un nonno mi ferma per parlarmi del parco da poco rigenerato con attrezzature, panchine e alberi. Lì gioca sua nipote. Mi spiega: ‘C’è un problema: le cacche dei cani’. ‘Ok, ma è anche questione di maleducazione’ gli rispondo. Poi però gli domando: ‘Ma è contento che sua nipote giochi in un parco nuovo?’ E lui mi dice: ‘Sperum’. Perché ‘sperum’, mi chiedo? Se una cosa è bella, è bella e basta! ‘Sperum’ è ‘speriamo’ in dialetto cremonese. Ma in realtà ‘sperum’, secondo me, non vuol dire speranza.
Il nostro ‘sperum’ è, in parte, un segno di saggezza antica nel soppesare il giudizio, ma è anche un’atavica prudenza rispetto ai cambiamenti, una reazione di sospetto nei confronti del nuovo, forse per paura di perdere un modo di vivere solito e conosciuto. ‘Sperum’ è anche una cautela positiva che attende di interiorizzare le decisioni, ma è pure un timore egoista davanti al rischio di scelte sfidanti. È una disabitudine a cogliere e riconoscere il bene intorno a sé e, se non si riconosce il bene, poi è difficile generarne di nuovo. È una fuga da quell’entusiasmo necessario ad affrontare la fatica del cambiamento. È il dettaglio individualista di chi vuole prima capire se ciò che sta accadendo va ad erodere il proprio interesse o lo favorisce. E così si perde la visione di insieme che aiuta il bene di tutti e quindi anche il proprio. È un arroccamento nei propri diritti per la fatica ad accogliere quelli della comunità. Anche per questo abbiamo perso occasioni uniche. Università negli anni ’50 o infrastrutture ferroviarie.
E nei primi anni del mio mandato da sindaco, c’è voluto un po’ per contrastare questa logica e convincere anche una parte della classe dirigente del fatto che le Università da Cremona se ne stavano andando o erano in crisi e non era scontato che rimanessero, ma era indispensabile investire tantissimo non solo per mantenerle, ma soprattutto per rilanciarle, poiché fondamentali per tutti. I percorsi straordinari su liuteria, Teatro e Museo del Violino, il Polo tecnologico, il Crit, ammirato da molti, le scelte strategiche su Poli di innovazione in agricoltura e zootecnia, tutte cose che suscitano in Italia interesse e anche stupore, da noi non sempre suscitano orgoglio.
L’11° posto nella classifica della qualità della vita in Italia o il 12° in quella di Legambiente forse hanno generato un po’ più di soddisfazione, ma sempre senza esagerare troppo. Ci sono esempi a non finire. Spessissimo, da fuori Cremona, manifestazioni di ammirazione per progetti e percorsi, ma noi cremonesi, o molti di noi, … ‘beh, sperum’. E chi non condivide lo ‘sperum’ spesso è silenzioso. Saranno i ritmi dei campi e il fluire lento del Po, che ci hanno plasmato ad attendere i tempi necessari all’interiorizzazione e ci inducono a limitare gli slanci. Anche se poi in tempo di piena del fiume ritroviamo la forza per affrontare pericoli e minacce. Sì, perché siamo anche così, capaci di affrontare con coraggio e intelligenza i momenti difficili e l’abbiamo dimostrato in modo eclatante in periodo di Covid. Siamo ‘sgobboni’, forti lavoratori, capaci di fare grandi cose. Siamo terra di aziende straordinarie, che raccontano all’Italia e al mondo innovazione e sviluppo, associazioni e imprese sociali modello di azione, progetti di cittadinanza attiva innovativi. Ma non parliamone troppo, meglio stare riservati, più rassicurante dire che altre città sono meglio o reiterare i soliti stereotipi. Quello sull’ambiente è paradigmatico: invece di ascoltare la scienza e sostenere i percorsi molto positivi già in atto, che portano a miglioramenti, preferiamo piangerci un po' addosso e rifugiarci nell’affermazione ascientifica che abbiamo l’inquinamento peggiore. Ma così il problema, che è serio e riguarda il tema specifico del particolato, si affronta con minor efficacia.
Insomma lo 'sperum' pesa. Sarà la nebbia, che ci abitua a un’intimità di riflessione, ma ci toglie lo sguardo e la visione di domani e futuro. Già, forse è proprio questo: mancanza di un senso di comune destino. Tutte le energie vitali presenti a Cremona, riconosciute da altri, spesso non lo sono da molti di noi. Forse perché abbiamo timore a impegnarci per un bene condiviso, che possiamo solo raggiungere insieme. Che cosa manca a Cremona? Certo le infrastrutture (alcune le stanno facendo!), ma soprattutto questa consapevolezza orgogliosa di essere una comunità già oggi forte e con grandissime risorse già ora in atto. Eppure Cremona, se e quando cammina insieme, fa grandi cose e l’abbiamo dimostrato. In questo cammino il ruolo della parte pubblica è essenziale. Non riconoscerlo è sbagliato e inefficiente. Ora la storia bussa alla nostra porta in modo più forte che mai e i territori devono essere attrezzati. Per noi il primo, necessario strumento è un cambiamento interiore! Non abbiamo più tempo. Non c’è più posto per una rassegnazione un poco stucchevole o un piagnisteo deprimente, che a volte descrive una città stanca o ‘morta’. La città è stanca in quella parte che non ha più gli occhi nuovi per guardarla e per coglierne l’energia vitale che è presente e forte, generata anche da nuovi arrivati (studenti universitari, nuove imprese, turisti), di cui tanto abbiamo bisogno. Questa energia va aiutata, sostenuta e riconosciuta! La cecità colpevole che non coglie i punti di forza, figlia del solito ‘sperum’, non permette e non permetterà mai di affrontare davvero i problemi aperti, urgenti e complessi, che pure segnano la nostra storia. Al nonno incontrato una proposta: educhiamo insieme i nostri figli e nipoti a dire ‘Che bello un parco nuovo’! Così si passa dallo ‘sperum’ alla speranza, capacità concreta e coraggiosa di riconoscere i punti di forza, risolvere i problemi, camminare insieme, facendo e creando per il bene di tutti.
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