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IL COMMENTO AL VANGELO

Un fuoco che scuote le coscienze

Gesù non promette tranquillità ma un cambiamento radicale: il suo messaggio porta ardore e persino divisioni, perché l’amore autentico richiede scelte coraggiose e decisive

Don Paolo Arienti

17 Agosto 2025 - 05:05

Un fuoco che scotta, un annuncio che brucia dentro

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

(Lc 12,49-53)

Le parole che Luca mette sulla bocca di Gesù nel suo capitolo dodicesimo sono tra le più dure di tutti i Vangeli. Evocano scenari cupi, drammatici… hanno il tono della violenza… un approccio quasi inedito per il Gesù buon pastore e banditore della misericordia. Confrontarsi con il tenore e il senso di questo brano fa parte della posta in gioco: evita ai credenti, ai discepoli di ogni condizione, di immaginare un edulcorato e facile addomesticamento del Vangelo, come se lo si potesse ingabbiare in un codice rassicurante di buone maniere teologiche e morali; ed evita ai non credenti, a chi guarda a Gesù di Nazaret con l’occhio sospettoso della critica alla fascinazione della religione, di declassare tutto come ingenuo o mistificatore.

Nella predicazione di Gesù qua e là con potenza emergono diversi accenti apocalittici: lui insiste spesso sul carattere definitivo del mettersi nella scia del volere di Dio o smarcarsi per andare altrove; e le indicazioni morali che ne derivano, al netto della proclamazione dello sguardo misericordioso di Dio sul peccatore, sono coerenti. Sa che il Regno è vicino… perché lui stesso lo bandisce, lo annuncia e lo incarna. E sa che questo Regno non è “questione di cibo o di bevande”, ma è l’ingresso nella vita spirituale sostenuta dall’amore di Dio. E Dio non è certo amore per scherzo, non è certo amore interessato o mediocre. Egli è radicale e incomprensibile capacità di amare, è “agàpe”, ovvero amore gratuito, estroversione che non si attende alcuna ricompensa.

Non è un caso che, nonostante le tante complicazioni filosofiche che l’hanno allontanata dalla vita quotidiana dei cristiani, la Trinità sia la narrazione più forte ed intima del Dio di Gesù: in lui Padre, Figlio e Spirito sono scambio eterno di amore, svuotamento reciproco, autorizzazione dell’altro, senza ipocrisie e ombre di potere. Per questo Gesù sa che il suo Vangelo è come il fuoco. Ha l’urgenza del definitivo, possiede il sapore aspro di un’energia incontenibile. Di più: sa che il mistero più grande di quell’amore passerà ancora una volta sulla sua pelle, coinvolgerà il destino dell’intera sua vita, sino alla sua morte. Il suo battesimo cui Luca allude è proprio questo: Gesù sarà immerso negli abissi della morte, si farà “annegare” dal terribile strumento romano della croce. Ma anche quel gesto, quella consegna non sarà l’ultimo atto. Genererà altro fuoco, accenderà altri cuori, si diffonderà, mantenendo viva la logica dell’urgenza ed anche della separazione: non sarà un’onda banale, pacifica perché insignificante; porrà anche divisioni, sarà fuoco per chi la vorrà accogliere.

Ecco allora le tre tappe che il brano oggi al centro delle celebrazioni dichiara: il fuoco del Vangelo, il destino battesimale di Gesù, il coinvolgimento di tante donne e uomini che si faranno carico del medesimo fuoco. Per indicare la serietà della posta in gioco Gesù evoca la spaccatura dei rapporti più forti e naturali, quelli della famiglia. Lì la divisione sarà evidente. Il tono apocalittico ora si fa ancora più duro e preannuncia che l’amore di Dio passa anche per l’incomprensione e l’allontanamento. Gesù non intende proporre una classifica tra chi è bravo (e resta) e chi non lo sarebbe (e se ne va… dalle chiese.. dalla fede… dalla pratica religiosa). Si concentra piuttosto sul discrimine esistenziale che la parola del Vangelo porta con sé: un messaggio universale, indirizzato a chiunque, una parola di consolazione e inclusione che però non ammette soluzioni quietistiche, banali.

Il fuoco resta fuoco e scotta. Certo illumina e riscalda, ma possiede un potere pericoloso. Come lo possiede il perdono dei nemici, come lo possiede la cura per il lebbroso o per la prostituta in pericolo di vita, come lo possiede la pretesa che nella morte di Gesù in croce sia coinvolto il vero volto di Dio. Sono queste le vere rivoluzioni dell’amore di Dio, quelle che scottano davvero e che scotteranno per sempre. Anche se la storia, dei potenti e dei prepotenti, dei banali e dei distratti, cerca di intiepidire tutto. Per quieto vivere.

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