07 Novembre 2023 - 05:10
CREMONA - Timido ma glaciale, sognatore ma con le idee chiare. A 16 anni Luca Domaneschi è un vero e proprio fenomeno delle bocce. Il campione del mondo di raffa volo si divide tra allenamenti, scuola e partite. Con papà Beppe è stato ospite nella redazione de La Provincia per raccontarsi.
Segreti?
«Non ne ho. Diciamo che non mi trema mai il braccio nel momento giusto...».
Gli altri ragazzi giocano a calcio e lei è un campione di bocce. Come mai?
«È una passione tramandata di generazione in generazione. Mio nonno, poi mio padre hanno sempre giocato. Io andavo a vedere le partite e ci ho messo poco ad appassionarmi. Questo è uno sport eccezionale, che ti libera la mente e aiuta a concentrarsi».
Le è servito anche fuori dal campo?
«Sì. Ho imparato a essere più calmo e a focalizzare bene le cose. Per questo lo consiglio a tutti quanti. Sono l’esempio che questo non è uno sport per vecchi. Lo dico sempre anche ai miei compagni di classe».
Giocare a bocce è anche l’occasione per vedere nuove realtà.
«È bello, soprattutto per il fatto che abbiamo creato un grande gruppo e ci divertiamo. Giochiamo ma visitiamo tutta l’Italia e anche l’estero con tante gare».
Ha sempre e solo giocato solo a bocce?
«No. Ho provato anche calcio nel Corona e basket nella Beata Vergine. Alla fine però ho fatto bene a scegliere le bocce...».
Quanto costa?
«Le bocce variano da 100 a 180 euro. Si scelgono modelli e pesi ideali per ogni mano. Le scarpe circa 130 euro. Non è così conveniente come qualcuno immagina».
Il bello di questo sport è che ci si può confrontare con gente di ogni età. I più ‘vecchi’ cercano di metterla sotto pressione?
«No, per lo meno se lo fanno su di me non ha effetto. Mi piace vincere, come a tutti quanti e a ogni età. L’importante è uscire dal campo consapevoli di avere dato tutto».
Quanto lavoro c’è dietro a questi risultati?
«Ci si allena due volte alla settimana per circa due ore. In estate anche 3-4 tutti i giorni. In questo ultimo periodo è stato inserito anche un lavoro in palestra che svolgo nella mia società: il Flora. È impegnativo, ma per arrivare lontano serve sacrificio».
Sogno nel cassetto?
«Vorrei rivincere il mondiale a anche l’europeo. Oltre a tante altre gare».
A 16 anni già sul tetto del mondo. Difficile trovare stimoli.
«Di certo non mi sento arrivato. Vincere è bello, rivincere è più difficile. Ho tanti anni per centrare altri traguardi. Ora le bocce non sono sport olimpico, ma tra qualche anno non si sa mai. Sarebbe bellissimo».
Quanto conta la tattica nelle bocce?
«Tantissimo. Soprattutto è come il poker, serve non far capire le proprie emozioni all’avversario. Mai sbuffare dopo un errore, mai allargare le braccia».
E le sfide con papà?
«Quando gioca contro di me dà sempre il massimo. La competizione aiuta a migliorare. A volte mi batte, a volte lo batto io. In coppia invece ci troviamo bene e otteniamo risultati discreti».
Se ripensa al mondiale in Algeria?
«Mi viene in mente la bocciata sul 6-6, quella decisiva per la vittoria».
Il contorno?
«È stata una trasferta molto complessa. Il viaggio è iniziato male con il volo in ritardo di sei ore. Abbiamo fatto scalo in Tunisia e abbiamo perso la coincidenza. Abbiamo dormito in una struttura non bella, piena di scarafaggi. Siamo arrivati in albergo di notte, abbiamo riposato pochissimo e poi ci siamo spostati in Algeria. Siamo arrivati quando la cerimonia di apertura della manifestazione era già iniziata... Ci ha scortato la polizia. Insomma un’avventura che però ci ha tenuti sul pezzo».
L’alimentazione come si cura?
«In Algeria meglio evitare... In generale è meglio stare leggeri prima della gara».
Come ha festeggiato la vittoria?
«Con gli altri ragazzi del mondiale. Si è creato un bel feeling. Siamo stati tutti insieme in albergo. Eravamo di nazioni diverse ma ci siamo capiti senza problemi».
Come si vive in azzurro?
«Bene. C’è uno staff preparato che ci segue e ci coccola».
Cremona ha tanti giovani talenti. Lei, Minoia, Bocchio, Massarini, Fornasari e tanti altri. Com’è il rapporto tra voi?
«C’è amicizia ma anche rivalità. La competizione aiuta a migliorarsi».
Quanto conta l’allenatore in partita?
«Parecchio. Ci sono due sospensioni che servono per ritrovare il focus e parlare con il tecnico, che nel mio caso è papà Beppe».
Si può vivere giocando a bocce?
«Qualcuno ci riesce, ma sono pochi in Italia. Ci sono gare con montepremi fino a 2.000 euro, poi ci sono gli ingaggi. Insomma serve darsi da fare».
Se non giocasse a bocce?
«Mi piacerebbe lavorare in banca come segretario».
Come prepara le gare più importanti?
«In auto cerco di riposare. Ascolto musica, una mia playlist molto varia. Poi prima di scendere in campo mi isolo per trovare la giusta concentrazione».
Tra 20 anni dove si vede?
«Ancora sui campi a giocare a bocce. Mi piacerebbe aver costruito una famiglia».
C’è una squadra che considera come punto d’arrivo?
«No. Sto bene al Flora e spero di poter vincere tutto con i colori di questa società».
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