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La fatica di essere una srl del crimine

Robecchi ci regala due nuovi ‘eroi’, cinici assassini a pagamento, ma calvinisti

Paolo Gualandris

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28 Maggio 2025 - 05:20

CREMONA - Lunga carriera come giornalista satirico, coautore dei testi di Maurizio Crozza, inventore letterario di Carlo Monterossi detective, uomo di televisione. Con una storia così, Alessandro Robecchi non poteva che regalare un romanzo noir con spunti pulp e di denuncia sociale, ma soprattutto ironico: ‘Il tallone da killer’. Protagonisti Quello con la cravatta e il Biondo, titolari della Snap srl già comparsi in ‘Questa non è una canzone d’amore’ e poi in altri racconti.

AMMAZZARE NON E' SEMPLICE


«Avevo voglia di commedia noir. L’ironia è un sale necessario per qualunque discorso. Il mio motto è quello di Billy Wilder: se proprio devi dire la verità, fallo in modo divertente. Ultimamente il giallo è spesso cupo e moralista e dunque ho voluto rovesciare il tavolo e divertirmi, nella speranza che poi si diverta anche chi legge». Ed è ciò che accade. Robecchi parla del suo romanzo nella videointervista online da oggi sul sito. Ha fatto diventare eroi due spietati assassini. «È un ribaltamento del genere. Ammazzare la gente nei gialli sembra una formalità, invece ho voluto dire che è difficile farlo, che possono andare storte migliaia di cose. Una critica da sempre fatta al genere è di essere troppo rassicurante, c’è un delitto che turba l’equilibrio della società, seguono le indagini e la punizione del colpevole. Qui no, tanto che molti mi hanno detto ‘è la prima volta che leggo un libro in cui tifo per i cattivi’».

UNA NERISSIMA IRONIA


«Non è che quelli che muoiono sono buoni- precisa l’autore-, perché comunque i buoni non lo sono mai del tutto e i cattivi non sono mai soli». Quello con la cravatta e Il Biondo eliminano la gente a pagamento, sono soci ben affiatati, artigiani meticolosi e richiesti. Si comportano secondo un’etica del lavoro calvinista, guidati dalla razionalità dell’imprenditore previdente, alle prese con la concorrenza, le insidie del mercato, le spese di gestione, attenti alla sicurezza sul lavoro. Arriva un incarico che richiede un salto di qualità, l’obiettivo è un arcimilionario che vive in una favolosa non-zona sospesa tra Londra e Milano. Una preziosa occasione – riflettono i due soci –di passare dalla gestione ordinaria agli omicidi di alta gamma, perché «il comparto che non conosce crisi è quello del lusso, quindi conviene di più ammazzare i ricchi». Serena Bertamé, un sogno di signora che vuole morto l’amante Andrea De Carli, padre naturale di suo figlio, pare la cliente ideale per un riposizionamento sul mercato. Incassato l’anticipo, però, piovono le complicazioni, i contrattempi, le difficoltà impreviste, in un ottovolante di equivoci, colpi di scena, incidenti, avventure e sconvolgimenti vertiginosamente intrecciati, in ambienti esclusivi ed extra lusso dove si mischiano fondi di investimento e realtà inconfessabili. Con i suoi killer dalla battuta pronta Robecchi crea una commedia esilarante e nerissima, intrisa di acida ironia e di una sferzante denuncia della disperazione sociale dei nostri tempi.

UNA SATIRA AZIENDALE


I killer sono una srl del crimine, «un posto dove il profitto è il solo obiettivo. Ho giocato facendo una satira aziendale che non leggo dai tempi di Fantozzi, per citare un capolavoro. Dire che ammazzare la gente è un mestiere come un altro è un paradosso, però di fatto viviamo in una società in cui lo scambio vita umana contro denaro è unanimemente accettato, è considerato normale». A proposito di cinismo, Robecchi è spietato con Milano, città ben diversa da quella romantica, anche nel crimine, alla quale ci avevano abituati Giorgio Gaber e quelli della banda dell’Ortica. «Quel mondo là non c’è più, spazzato via. Amo Milano, è il mio posto nel mondo, quindi posso permettermi di odiarla in modo cristallino. È diventata implacabile, un posto dove chi vince sta molto bene e coloro che invece perdono o pareggiano se la cavano arrancando; un luogo dove il darwinismo sociale è arrivato a livelli molto alti, con prezzi londinesi e stipendi italiani, quindi fermi da trent’anni».

L'ETICA DI IMPRESA


La pillola che può accendere la voglia di leggere il libro qual è? «La vicenda si apre con i miei due killer che fanno i conti del bilancio dell’anno passato. Hanno ammazzato felicemente, vale a dire senza grossi incidenti, quattro persone incassando più o meno 1 milione e duecentomila euro; però hanno speso, hanno avuto spese, i documenti falsi costano, le schede telefoniche irrintracciabili sono sempre più care. Elencano costi e benefici per porsi poi un problema di marketing, per allargare il giro d’affari c’è la pubblicità, ma se ammazzi la gente te la scordi. In più, devono convivere con un problema comune a molte aziende: la concorrenza che fa prezzi stracciati». Pur se spietati, Quello con la cravatta e Il Biondo hanno una loro morale. «Anche questo fa parte del giochetto di inventarsi una specie di etica di impresa del killer, per cui se prendi un anticipo per ammazzare qualcuno e poi quello muore per conto suo, cosa fai? Incassi lo stesso il saldo o no? Naturalmente non si pongono il problema se la vittima sia uno bravo o simpatico».

LA COPERTURA PERFETTA


Sodali, ma diversi. Il Biondo è uno sciupafemmine, ha fidanzate tattiche, mentre l’altro ha una famiglia che naturalmente non sa del suo lavoro, ma ne gode pienamente i frutti. «Una moglie e un figlio che è per un killer una copertura straordinaria. Non so quanti lettori de La Provincia sono killer di mestiere. Pochi spero, però se riuscite a ingannare la moglie sul vostro lavoro, probabilmente riuscirete a fregare anche il commissario che indaga sugli omicidi».

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