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Matteo Piccoli: un uomo allo specchio, riflessioni di un atleta

Esordio letterario dell'ala piccola della Vanoli che il Covid ha reso una persona più consapevole

Paolo Gualandris

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29 Maggio 2024 - 05:20

CREMONA - «Vorrei essere qualcosa di più di un giocatore di basket, ma esserlo può aiutarmi a diventare qualcosa di più grande». Anche se «non sempre ho fatto quello che doveva essere fatto, ho voluto continuare a comportarmi secondo i miei valori anche quando magari non era conveniente farlo». Non ti aspetti che un atleta professionista trovi il coraggio di mettere nero su bianco riflessioni tanto importanti quanto intime, che lo mettono a nudo davanti a tutti, amici e tifosi, ma soprattutto a se stesso. Matteo Piccoli, ala piccola della Vanoli, lo ha fatto con il libro-diario ‘Solo, io, dalla pandemia alla serie A’, che già dal titolo fa capire il contesto storico e umano in cui si cala: dal 24 febbraio del 2020 al 26 giugno 2023: 1.218 giorni caratterizzati dal dramma della pandemia di Covid, dalla necessità di chiudersi in casa.

C’è chi lo ha fatto con rabbia per il tempo perduto e chi, come lui, ne ha approfittato per fare ‘reset’ e addirittura laurearsi in Economia aziendale. E ora ha deciso di regalare a chi le vorrà condividere emozioni, riflessioni, critiche e autocritiche. Piccoli parla di questo suo libro nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito. 

«Ho scritto per un senso di necessità che parte da lontano, da me giovanissimo: volevo cambiare il mondo, ma non sapevo neanche cosa volesse dire; volevo trasmettere i miei valori agli altri perché vedevo sofferenza e cose che non mi piacevano e io non avevo neanche la capacità di provare a fare qualcosa di diverso. Allora ho capito che anzitutto dovevo migliorare io; per farlo ho provato a scrivere pur non avendone le capacità, però ho capito che quello era il mio modo di comunicare quanto avevo dentro, fare un viaggio interiore con onestà per trovare magari verità personali. Solo migliorando noi stessi possiamo cambiare il mondo».

Il Covid, con i suoi lockdown, è stato forse l’occasione per guardarsi allo specchio. Sono riflessioni sulla vita, sui rapporti umani, sul bullismo e sul volontariato.

Filo rosso, i libri, moltissimi, letti durante la chiusura. «Forse la chiave di volta è stata iniziare un rapporto molto più concreto con la lettura. Tengo a specificare che la parte dell’uomo allo specchio è quella che preferisco perché tratta dell’argomento del bullismo al quale io non ho partecipato attivamente, ho assistito a situazioni del genere che mi hanno segnato profondamente, perché tutto ciò per cui lottavo in quel momento lì non sono riuscito a metterlo in pratica. Ne è nato un senso di colpa così forte che mi ha fatto capire tante cose.

La pandemia è stato un momento per me bellissimo. Non avendo figli a carico o la necessità di pagare la bolletta della luce, ho potuto dedicare il tempo a disposizione per essere migliore, per studiare e proprio la lettura è un punto focale. Tanto che nella prima parte del libro c’è la descrizione di alcuni libri letti durante la pandemia perché è partito tutto da lì: leggere è diventata una necessità. Fino a quei giorni per me la lettura non era mai stata un fine, l’avevo sempre vista come il mezzo per imparare a parlare, a scrivere, per capire. Ho imparato a battere la pigrizia».

Sotto i suoi occhi sono passati autori come Cassola, Pirandello, Freud... «Anche contemporaneamente più di un testo, muovendo sfere sensoriali completamente diverse tra di loro. Ovviamente i romanzi non mi danno le stesse impressioni di Freud, però scoprire come i diversi autori raccontano, trasmettono le emozioni dei personaggi, ha sempre un’utilità».

Quali sensazioni ed emozioni crede di essere riuscito a far passare in chi legge questo suo libro?

«Spero soprattutto la mia necessità di essere onesto con me stesso di andare a fondo dei sentimenti. Penso che si sia capito il fatto che sono continuamente in lotta contro i miei limiti, contro qualcosa che non ho ancora sconfitto. Grazie alle piccole vittorie quotidiane sento che mi sto avvicinando all’obiettivo e secondo me attraverso il libro si vede questo processo, si capisce la necessità di sconfiggere paure e i propri limiti attraverso dei viaggi introspettivi con il coraggio di andare a fondo nelle emozioni, perché spesso si ha paura a rimanere da soli con noi stessi a a parlare senza cercare delle scorciatoie. Certe volte si può essere anche noiosi, si può conoscere la tristezza: non bisogna scappare, perché se tu non conosci te stesso in tutte le tue sfaccettature, non riesci mai a raggiungere l’obiettivo».

Un percorso interno che lo ha cambiato anche come atleta?

«La mia vita è il basket. Tutte le persone con le quali entro in contatto, i tifosi e gli amici, tutto ciò che ho fatto e visto l’ho assorbito per poi utilizzarlo nei discorsi con me stesso. Chiaramente c’è bisogno delle influenze esterne per conoscersi di più e secondo me la mia vita, la nostra vita di giocatori se la prendi in maniera giusta ti può mettere nel bagaglio veramente tanti strumenti che puoi utilizzare quando parli con te stesso, ma devi avere il coraggio di farlo».

Arrivare a Cremona è stato come ricevere «una pacca sulla spalla. Sono arrivato a vincere tre titoli con la Vanoli tra cui la promozione in A ho vinto l’Mvp di Coppa Italia, ho giocato un anno in A1 , ci siamo salvati. Grandi risultati, anche se non penso che le persone debbano essere giudicate solo per i risultati. Dopo aver vinto l’Mvp sono tornato a casa per andare a dormire, prendendo anche qualche insulto dai compagni perché non so molto godere di queste cose».

Mi chiederanno che cosa ho imparato, ho imparato a guardare,/ oltre ciò che vedevo,/ a estrarre da ogni cosa il positivo, anche dopo esserlo diventato,/a usare il tempo,/ travolto dai rimpianti, per mettermi in discussione,/ nell’agorà dell’Io'.

La vera lezione appresa da Piccoli durante il Covid è rappresentata nella poesia ‘Oltre’, una tra le tante che costellano il libro, versi che lo rappresentano come ‘uomo allo specchio’ che non ha paura di guardarsi dentro. Un posto in cui, come scrive nel libro, «eravamo soli, io e me, nell’intricato carcere della mente, entrambi volevamo volare via col sorriso, entrambi volevamo spezzare le catene della banalità e scavare un tunnel che ci avrebbe rivelato tutte le verità del mondo». E ancora: «Senza accorgercene eravamo fuori dal carcere, avevamo scontato la nostra pena. Ma ancora non sapevamo nulla, serviva il resto del mondo».

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