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Intanto che... la vita in corsia

L’autobiografia di una MoglieMammaMedico sempre di corsa che è riuscita ad avere successo su tutti i fronti. La ricetta di Elisabetta Buscarini, gastroenterologa di fama mondiale, per non lasciarsi travolgere dalla quotidianità

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

10 Aprile 2024 - 05:25

CREMONA - «Sono le 4,30 del mattino, guido dall’aeroporto di Malpensa, con me in auto Guido e Silvia. Faccio fatica a tenere gli occhi aperti, e loro più di me, anche se hanno quindici anni in meno. Domanda ovvia: perché una sessantaquattrenne con quattro figli, un solo marito e sette nipoti, a quest’ora non può dormire nel suo letto? Perché faccio il medico». E che medico: la MoglieMammaMedico Elisabetta Buscarini (sue le parole citate in apertura: l’incipit dell’autobiografia appena pubblicata) è uno degli specialisti più noti e importanti del territorio cremonese, 40 anni sulle barricate, prima donna a essere presidente di Aigo, Associazione nazionale dei gastroenterologi; ha girato il mondo per lavoro e vanta collaborazioni internazionali, il reparto che dirige al Maggiore di Crema è un punto di riferimento a livello anche globale; ha coordinato per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la stesura del manuale OMS/WHO di Ecografia e il primo Libro bianco della gastroenterologia italiana (due testi ritenuti fondamentali).

Come racconta nel libro ‘Al mio posto, confidenze quasi serie sul mestiere di MoglieMammaMedico’), per sopravvivere serenamente a tutto questo il suo mantra è ‘intanto che...’. «Diciamo che quello che veramente considero come mio successo è che se volgo lo sguardo all’indietro vedo una montagna di lavoro fatto intanto che la mia famiglia stava in piedi, intanto che con mio marito avevamo quattro figli, intanto che i figli si sposavano e nascevano i nipoti. Quindi fondamentalmente è un avverbio la ragione della mia felicità». Parla del libro e della sua vita frenetica ma felice nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito. Una vita di corsa la sua.

QUANTE MULTE


«In effetti la quarta M dopo quelle di moglie, mamma e medico è multa. Lo dico per i poliziotti che ci leggono, tutti ormai miei amici: la MoglieMammaMedico per forza di cose deve andare molto veloce e anche gestire nella stessa unità di tempo molte cose altamente complesse. Deve sapere intrecciare il figlio che ti chiama intanto che stai preparando una procedura invasiva piuttosto che portare al cinema i bambini un bel sabato pomeriggio e nell’angolo in fondo a destra del cervello avere la relazione che devi preparare. Gestire nell’unità di tempo tutte queste cose rende la MoglieMammaMedico logicamente sempre molto di corsa. Però diciamo che si può fare, si può gestire con un una buona organizzazione che deve essere razionalmente proporzionata e crescere in ragione della crescita della famiglia».

Si è misurata con la scrittura, come sottolinea la sua amica Costanza Miriano nella prefazione «non per dire come sono ‘brava’ ma per dire ce la possiamo fare, ce la potete fare». «C’è un autentico privilegio nell’essere medico - conferma Buscarini-. Quello di ascoltare le storie delle persone che mentre ti illustrano i dati medici spesso raccontano anche la loro vita. Ho avuto la fortuna incredibile del dono di ascoltarne tantissime, che sono molto più grandi della mia di storia personale, persone con una capacità di sacrificio, di dono e di servizio agli altri e alle proprie famiglie e nel mondo del lavoro. Vicende straordinarie, che mi portano a considerare la mia di storia per niente speciale. L’ho voluta raccontare per far coraggio alle giovani donne, e ai loro compagni di vita naturalmente, per dire che per quanto sia difficile combinare i ruoli familiari con quelli di lavoro questo è assolutamente possibile e anche entusiasmante».

LA VITA COME UNA TORTA


Donna multitasking, dunque Buscarini, come fare a mettere insieme tutti i ruoli? «Non sempre sei pronta a cogliere l’attimo. Tante volte c’è la cosa che non ti riesce di fare e che devi rimandare. Questa è la normalità, ma diciamo che la media è sicuramente di un multiplo di ruoli ricoperti con mutuo arricchimento. Grazie al cielo non va più di moda la teoria della torta, per cui se togli una fetta delle energie disponibili si impoveriscono tutti gli altri aspetti della tua vita. Semmai è decisamente vero il contrario. Oramai c’è anche una grande evidenza letteraria in questo senso. Dagli studi risulta che ogni ruolo può arricchire gli altri. Se sei un professionista e fai con soddisfazione il tuo lavoro, quando torni a casa sei per forza una persona più felice di quando sei partito. Viceversa, al mattino quando vai a lavorare e porti una vita familiare ricca, sei una persona più equilibrata. Quindi a patto che tu riesca a creare le condizioni, i ruoli multipli che una donna o un uomo possono ricoprire si arricchiscono vicendevolmente».

In questo quadro, sono centrali gli affetti. Buscarini a un certo punto parla di ‘arte della manutenzione della coppia’: in una vita così frenetica è uno dei nodi fondamentali. «È vitale per gli affetti che hai resistere al tempo e centrale è quello vocazionale che ti mette insieme a un’altra persona a cui prometti un amore per sempre. Diciamocelo: è difficile che uno sia contento di sentirsi dire ti assumo solo per un pezzettino. Tanto più se si dice ti prendo in moglie o in marito siamo molto felici di sentirci dire un ‘per sempre’. La manutenzione del rapporto è la priorità numero uno. Lo dico perché tante volte è come se ci fosse una ritrosia a far manutenzione di ciò che hai di più caro. Se il marito ti porta fuori a cena, se tu gli prepari una buona cena, sono linguaggi non verbali molto importanti».

MANUTENZIONE DEGLI AFFETTI


Così, come spiega ancora, vale sempre la pena di avere molta cura di sé anche in funzione del rapporto di coppia, che, soprattutto dopo anni, rischia di diventare scontato. E poi c’è l’arte di manutenzione dei figli: ne ha avuti quattro, alcuni durante momenti topici della sua carriera. «Diciamo che loro sono stati molto bravi. Una cosa dei miei figli che io apprezzo tantissimo e per cui li ho sempre ringraziati tanto è che non hanno mai sentito come una diminutio l’avere una mamma che doveva essere prestata al mondo per fare il medico, tipo la telefonata che arriva sulla spiaggia, tipo il il dover scappare dal pranzo festivo. Mi hanno proprio sentito sempre come un prestito fatto volentieri al mondo di cui, anzi, credo vadano fieri, anche se lo verbalizzano poco. Sono molto grata a tutti loro di questa apertura mentale».

Nonostante tutto, il rischio di vivere con sensi di colpa è sempre in agguato. Scrive che al senso di colpa preferisce quello di responsabilità. «Il senso di colpa è inevitabile. Santa Teresa d’Avila diceva che le immaginazioni, le fantasie sono come la pazza di casa. È inutile inseguirla, bisogna lasciarla girare. Secondo me per la moglie e mamma lavoratrice il senso di colpa è la stessa cosa. È inutile stare a inseguirlo, bisogna un po’ lasciarlo lì che poi decanta da solo. Meglio se in compagnia di buoni amici, di parenti saggi, che ti diano il giusto ridimensionamento. I sensi di colpa sono come il meccanismo che si inceppa nella giornata: se stai per uscire e il bambino decide di vomitare tutto sulla soglia di casa è logico, che timbrerai con 45 minuti di ritardo, tu ti fai vetro, ma chi lavora con te se è minimamente intelligente e capisce l’importanza del lavoro che fanno le madri, tutto si ridimensiona subito. Diciamo che non dura a lungo il senso di colpa se c’è un accompagnamento alla moglie, alla madre, degno del ruolo che svolge».

TEORIA DELLA STANCHEZZA


Il mondo della medicina, come molti altri, è prettamente a gestione maschile. Il fatto di essere riuscita a diventare per la prima donna presidente dell’Associazione dei gastroenterologi italiani, di essere nei board di gruppi di studio internazionali e di esserne spesso la guida, ha creato problemi? «Diciamo che rispetto a quando ho iniziato a fare il medico sicuramente ci sono stati grandi miglioramenti, però c’è ancora molto da fare. Guido una squadra di lavoro fantastica composta in maggior parte da donne, come oramai accade spesso nel mondo della medicina. Diciamo però che gli ostacoli dell’ego maschile, o meglio di un ‘mi sono abituato a gestire i rapporti soprattutto al lavoro in un certo modo e quindi non tendo a cambiare’ è un atteggiamento per i nostri colleghi uomini purtroppo resiste ancora. Consiglio agli uomini di non perdere la fortuna di collaborare con le donne lealmente perché ci vogliono veramente i doni specifici sia delle donne che degli uomini sul tavolo di lavoro. Alle donne suggerisco di non fare poi tanto caso a questo maschilismo di risulta. Ci vuole un po’ di tempo e anche una certa resistenza fisica e resilienza. Anche i colleghi più restii prima o poi cederanno a questa evidenza».

La sua è una vita sempre di corsa lungo la quale si corre il rischio di non farcela. Scrive in maniera molto divertente di chi dice ‘sono stanco/a, sono sfinito/a, tornano dalle ferie e risponde a chi chiede come è andata la vacanza ‘sono già stanchissimo/a’. «Lo sappiamo tutti che la stanchezza è come la polvere, che ogni giorno va tolta. È un atteggiamento da eliminare perché non serve, è sintomo di infantilismo. Apprezzo tantissimo le persone che mi hanno fatto sempre capire che la fatica è una condizione, non è un’obiezione. A chi dice che per fare quella tal cosa ci vuole tanta fatica rispondo: che problema c’é?».

GIOIA NELLA FEDE


Dalla lettura del libro emerge una visione molto religiosa della vita, che probabilmente nei momenti più difficili è riuscita a darle quel quid per superare gli angoli più difficili. «Non solo in quei momenti. Ricordo una frase di Giovanni Paolo II: ‘Guardate che solo Gesù Cristo sa cosa c’è nel cuore dell’uomo’. Non diceva anche Gesù Cristo lo sa, dice proprio solo lui lo sa. Quindi avere una base solida ti serve nei momenti difficili ma anche in quelli belli. Guardate quante sono le persone che hanno tutto dalla vita e che in realtà sono piene di tristezza di depressione di noia, di senso di inutilità della propria vita».
 

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