3 MINUTI 1 LIBRO
27 Marzo 2024 - 05:20
CREMONA - Gianrico Carofiglio è uno dei nomi più gettonati nelle librerie italiane, ogni volta che esce un suo libro finisce sul podio nelle classifiche delle vendite. È accaduto anche per ‘L’orizzonte della notte’, romanzo che segna il ritorno dell’avvocato Guido Guerrieri, ormai alla sua settima avventura. A cinque anni dalla sesta, per la prima volta si rivolge a uno psicanalista, scelta che aveva sempre escluso di poter fare. Però il tempo è passato anche per lui e oggi il legale, peraltro uomo da sempre tormentato, è alle prese con problematiche considerazioni su se stesso, sul mondo della giustizia, sull’accettazione del fatto di stare invecchiando. Carofiglio ne parla nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.
«Così come nei romanzi precedenti, Guerrieri si confronta, in modo doloroso direi, in una sorta di corpo a corpo con se stesso con il tempo che passa, con il rimpianto, con l’idea stessa della mortalità. È il tema centrale di questo romanzo». Poi c’è una trama giudiziaria che rappresenta l’innesco delle sue meditazioni. Una donna ha ucciso a colpi di pistola l’ex compagno della sorella. Legittima difesa o omicidio premeditato? La Corte è riunita in Camera di Consiglio. In attesa della sentenza l’avvocato Guerrieri ripercorre le dolorose vicende personali che lo hanno investito nell’ultimo anno. Un’avventura processuale enigmatica che si intreccia a un’affilata meditazione sulla perdita e sul rimpianto, sulle inattese sincronie della vita e sulla ricerca della felicità. «Ciò che mi interessava maggiormente era raccontare il suo viaggio attraverso la malinconia, a volte la tristezza, ma anche alla consapevolezza del dovere di guardare l’orizzonte, di ricercare la felicità. Ecco, se dovessi dire in tre parole, questo è un romanzo sulla ricerca, a volte dolorosa, della felicità».
Una spiegazione che è già nel titolo, «l’orizzonte in sé è un effetto ottico che noi percepiamo quando c’è la luce del giorno mentre la notte non si vede, non esiste, pensa Guerrieri a un certo punto e poi si ferma a interrogarsi: non dovremmo immaginarlo, anche quando non lo vediamo, quando non esiste? Non dovremmo vederlo con gli occhi dell’immaginazione e del pensiero che ci consente a volte di affrontare i momenti di buio interiore per ipotizzare un orizzonte un nuovo inizio?».
E non dovremmo accettarci anche per gli errori che rendono amabili - per citare il titolo del libro di Johann Wolfgang Goethe, utilizzato dallo psicoterapeuta -, nel senso che si può avere anche un po’ di serenità nel giudizio con se stessi, accettarsi per quello che si è. Guerrieri è consapevole dei propri limiti, si arrabbia anche molto quando li verifica, però alla fine trova un equilibrio: «Lo psicanalista gli dice una cosa in cui io credo molto, cioè che non dovrebbe essere così spietato con se stesso e che la pratica intelligente dell’indulgenza verso i nostri errori e i nostri difetti è un passaggio fondamentale per diventare persone complete. È attraverso gli errori che impariamo. Per mia convinzione generale sulla vita, e questo va oltre il romanzo, penso che dobbiamo addirittura amare i nostri errori perché attraverso essi impariamo. In questo senso la frase citata, gli errori rendono amabili, contiene un grande principio fondamentale dell’esistenza».
Così come lo è, principio fondamentale, la lezione di Alexander Grothendieck, uno dei massimi geni della storia della matematica. Lo psicanalista lo cita per far percepire quella che è una grande verità: dovremmo imparare ad assimilare. Tutti facciamo sforzi, ci confrontiamo con la nostra fallibilità e l’incapacità di capire, la nostra ignoranza e la nostra stupidità. Abbiamo zone di stupidità che spesso sono quelle in cui semplicemente non siamo stati capaci di coltivare la capacità di capire.
Semplicemente, bisogna mettersi di fronte alle cose, alle dinamiche interiori o a quello che guardiamo nel mondo esterno in modo curioso, accettando l’idea che all’inizio non capiremo, che per arrivare a comprendere faremo un sacco di errori. Proprio quegli errori sono la via, il percorso, direi l’ostacolo, come diceva Marco Aurelio. Parafrasandolo, solo l’ostacolo è la strada». Come fare questo percorso, ci si può chiedere? Illuminanti le poche, ma puntualissime righe di Carofiglio sull’arte di investigare. Apparentemente lontane dai nodi personali, morali ed etici di Guerrieri, in realtà propongono un metodo di indagine anche dentro se stessi. Guerrieri, osservando un suo collaboratore, riflette sulla differenza tra lui, ottimo detective, e se stesso, catalogandosi, semplicemente, come osservatore.
«L’arte di osservare lentamente è un po’ una parafrasi da Nietzsche, il quale diceva che la filologia, così come l’investigazione, è l’arte di leggere lentamente il mondo che ci sta attorno ed è anche la premessa per fare le cose poi in modo veloce. L’osservazione lenta, quella che disattiva il pilota automatico e ci consente di vedere i dettagli che gli altri non vedono: questa è la qualità fondamentale del bravo investigatore, assieme naturalmente alla capacità di parlare con le persone; ma anche in questa seconda abilità esiste la dimensione della lentezza, che è la capacità di ascoltare l’altro, di fargli percepire che gli stiamo parlando e in questo modo per riuscire a entrare se non nella sua anima almeno nella sua mente, nei suoi ricordi, per aiutarlo poi a consegnarli, a raccontarli. Quindi a ricostruire i fatti del passato».
Si può dire che questo è un libro sulla ricerca della felicità? «Sì, nel senso che la felicità, naturalmente non intesa come un’allegra passeggiata di salute ma come un faticoso percorso, mi verrebbe da dire quasi iniziatico, non siamo davvero capaci di raggiungerla se non comprendiamo la tristezza di capire, la malinconia di capire, e come molto spesso l’una e le altre viaggino insieme. Noi spesso rifiutiamo l’idea di poter essere contemporaneamente tristi e felici, eppure spesso accade così. Il concetto fondamentale è che la nostra mente elabora pensieri anche contraddittori e che in quella contraddittorietà c’è tutta la bellezza della condizione umana».
In linea con questo clima umano e psicologico, venendo invece al contesto giudiziario, uno dei problemi di Guerrieri è una tensione etica: la persona che sta difendendo ha chiaramente ucciso l’ex compagno della sorella gemella morta suicida, come da copione la difende nel modo migliore possibile, ma si chiede se effettivamente fosse andata dalla vittima per uccidere oppure sia stata indotta a farlo per legittima difesa. «È la domanda a cui il processo deve dare risposta, ma è anche la questione che agita l’animo del protagonista. Interrogativi etici per l’avvocato che vanno poi a incrociarsi con le questioni personali, e il finale poi in qualche modo cerca di rimettere tutto insieme».
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