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Mimara, l’arte di rubare l’arte

Guidi racconta la straordinaria vita di Ante Topic-Mimara, un Arsenio Lupin ante litteram. Un uomo capace di fare scomparire un treno colmo di opere e alla fine di regalare tutto

Paolo Gualandris

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06 Marzo 2024 - 05:25

CREMONA - Il sottotitolo è ‘Exegi Monumentum’ (sottinteso Aere Perennius’, cioè «ho eretto un monumento più duraturo del bronzo», frase dell’Ars poetica di Orazio, che sottolinea l’aspirazione all’eternità, ma anche la condizione di fragilità e il destino di caducità insiti nella natura umana. A riuscire a erigere quel monumento è stato Ante Topic-Mimara, un Arsenio Lupin dell’arte. Un uomo capace di assemblare una collezione di migliaia di pezzi in modo non sempre trasparente (anzi, quasi mai per dirla tutta) per il puro piacere di farlo e per amore del bello; con un coup de théâtre degno del grande Arsenio, alla fine della sua vita ha poi donato ben quattromila opere, per lo più di valore assoluto nella storia dell’arte mondiale, al museo di Zagabria per avere un museo a suo nome che lo ricordasse per l’eternità. Ha donato quella che è definita «una delle collezioni più esaltanti d’Europa». Exegi monumentum, appunto. A raccontare l’epopea della sua incredibile vita è Gabriele Guidi, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, figlio di Johnny Dorelli e Catherine Spaak nel romanzo ‘Mimara’.

SUL FILO DEL RASOIO

Il libro racconta un’esistenza che ha attraversato due Guerre mondiali e la Guerra fredda, è stata vissuta sul filo del rasoio tra tre continenti, l’Europa, il Nord Africa e il Sudamerica, in un crescendo colpi di scena, alzate d’ingegno e trasformismi degni di Zelig e dei grandi eroi della letteratura. Ma lui è davvero vissuto. Guidi ne parla nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito. L’arte è il cuore degli interessi di Guidi, tanto che ha scritto, diretto e prodotto ‘Terezin’, città fortificata a nord di Praga in cui i nazisti rinchiudevano tutti gli artisti d’Europa non in sintonia con il nazismo per i quali continuare a fare arte significava coltivare la vita e la speranza. Un film distribuito e venduto in tutto il mondo.

Torniamo al signor Mimara, mercante, collezionista d’arte, filantropo, ma anche falsario e ladro. Una storia scoperta per caso. Spiega Guidi: «Lavorando al computer, sono incappato nella vicenda di un carabiniere attivo nel recupero delle opere disperse le Belle Arti. A una mostra a Bologna, trovandosi di fronte a una tela del Mantegna proveniente da Zagabria, era rimasto perplesso perché convinto d’averla già vista. Avrebbe poi scoperto che si trattava di un quadro che Mimara aveva sottratto ai monuments men, la task force di professionisti dell’arte che durante il secondo conflitto mondiale si occupava di salvaguardare beni culturali e opere depredate dai nazisti». Il Mantegna è uno dei quadri andati persi durante la seconda guerra mondiale che improvvisamente ricompare tra le proprietà della museo di Belgrado. Ne nasce un contenzioso tra Italia e Serbia tuttora aperto.

Il museo Mimara di Zagabria

IL TRENO SPARITO

Una delle tante opere fatte svanire nel nulla da questo personaggio capace di travestirsi da colonnello dell’esercito jugoslavo e di riuscire a fare volatilizzare un treno con 150 opere d’arte fingendo di portarle di portarle a casa. Un uomo mosso più che dalla voglia di possesso e di denaro, da uno spasmodico amore per l’arte. Una passione nata anche a Roma, come spiega Guidi: «Ebbene sì, anche noi siamo un po’ colpevoli della sua attività. Negli anni Venti visse per qualche anno a Roma, accanto ad artisti importanti, soprattutto Antonio Mancini. Da loro e con loro ha affinato il suo gusto per l’arte scoprendosi una grande restauratore.

Il talento di Mimara è stato anche nel fatto, che pur detestando il nazismo e le sue teorie, è riuscito a a diventare sodale di Herman Göring, principale luogotenente di Adolf Hitler, violento e stravagante personaggio che si piccava di essere esperto di arte pur avendo una competenza limitata. Così come è riuscito ad arrivare in contatto con il maresciallo Josip Broz Tito, presidente della Jugoslavia comunista. Göring e Tito, il diavolo e l’acquasanta, entrambi sedotti dall’abilità trasformistica del nostro eroe. «Diciamo - spiega Guidi - che una svolta avviene quando parte della sua collezione viene pubblicata in una rivista d’arte molto molto importante in quegli anni e ciò gli dà una visibilità europea. Göring lo sceglie come uno dei suoi consulenti per quello che sarebbe dovuto essere un giorno il suo museo. Secondo lo stesso Mimara, il gerarca nazista non era tanto esperto, era sì attratto dal bello da un punto di vista estetico, ma non aveva la capacità di discernere realmente ciò che aveva valore da ciò che non ne avesse».

Un particolare della Croce d'avorio del Metropolitan di New York

LE CROSTE DI GÖRING

Guidi prosegue: «Peraltro Mimara si è dato il merito di avergli rifilato qualche crosta solo per il gusto di beffarlo. Il rapporto con Tito è diverso, nel senso che Mimara nella seconda parte della sua vita ha sempre desiderato di essere in qualche modo riconosciuto dalla sua terra d’origine, dove non ha vissuto quasi mai, se non in giovanissima età. Credo che si conoscessero molto più di quanto lui poi abbia ammesso». Questo libro, che ha la potenza del romanzo d’avventura e la tensione di un giallo, è percorso da un filo rosso, rappresentato da una croce d’avorio antichissima. «Tutt’oggi è esposta nella parte medievale del Metropolitan di New York ed è oggetto di migliaia di visite. È uno dei casi artistici più dibattuti del ventesimo secolo, il curatore del museo che riuscì a comprarla da Mimara ne ha scritto un libro diventato bestseller internazionale.

In realtà ancora oggi non si ha piena cognizione di quali siano le origini di quest’opera. Sicuramente non è un falso, è una croce incisa in maniera straordinaria conservata in maniera perfetta, un oggetto di grandissimo fascino sulla cui origine ancor oggi gli studiosi dibattono. Mimara non ha mai dichiarato da dove provenisse e come ne fosse entrato in possesso. Il fascino del proibito, che ne ha aumentato il valore. Ho raccontato una trattativa tenuta in piedi per anni con una pazienza incredibile per arrivare a ricavarne la somma che riteneva giusta. Erano tanti musei interessati, la spuntò New York dopo una trattativa estenuante in cui Mimara li manda completamente al manicomio... Diciamo che è una vicenda che fa capire tanto di quest’uomo e capace di vestire mille maschere, un maestro del trasformismo che amava prendere gioco anche di se stesso quando andava a trovare i curatori museali di tutta Europa travestendosi in modo talvolta anche curioso. Istrionico, controverso particolare, sicuramente un uomo dotato di un’intelligenza e di una cultura al di fuori della media». Accanto a lui il complice perfetto, sua moglie, pronta a seguirlo e assecondarlo in ogni sua impresa.

LA COMPLICE PERFETTA

«Wiltrud, questo il suo nome, era una medievalista molto importante che lavorava con i monuments man nello smistamento delle opere rubate dai nazisti all’Italia, al Belgio, alla Francia, alla Spagna e recuperate alla fine della guerra. Lei capisce che saranno molte a non venire riconsegnate e concepisce insieme a lui nella fase in cui si conoscono e si innamorano tutta quell’operazione che poi porterà al famoso treno. Wiltrud è molto importante nella sua vita perché riesce a capire esattamente l’uomo e quanto per lui sia importante viaggiare; è il suo elemento di equilibrio, gli lascia la libertà di andare in Sudamerica e poi di prendere una casa meravigliosa a Tangeri dove lo raggiungerà. Ha vissuto quasi 20 anni più di lui, fino a pochi anni fa, nel castello che si erano comprati a Salisburgo».

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