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IL COMMENTO AL VANGELO

Il Battesimo di Gesù è autentica epifania

Svelare l'identità divina e dare inizio a una missione universale

Don Paolo Arienti

12 Gennaio 2025 - 05:05

Il Battesimo di Gesù è autentica epifania

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
(Lc 3,15-16.21-22)

Siamo abituati ad attribuire il termine epifania ad una sola festa: quella in cui si narra di alcuni Magi che dall’Oriente raggiungono Betlemme, sotto la guida della stella. Magari in tante nostre case lunedì scorso ci siamo ricordati di aggiungere al Presepe proprio quelle loro statuette, con l’immancabile sapiente di colore che ricorda l’afflato senza latitudine della ricerca della verità. Ma a dire il vero la liturgia amplifica il senso dell’epifania, spalmandola su tanti altri passaggi. Certo ci dobbiamo allontanare da Betlemme, abbandonare l’atmosfera quasi magica di quei luoghi che suscitano intimità e conforto, quasi in contrasto con il freddo che abbiniamo alla nascita di Gesù, povero nella mangiatoia, come Francesco ci ha insegnato a raffigurare plasticamente proprio con il presepe. Dobbiamo compiere un salto di ben trent’anni, tre decenni di silenzio, in cui nulla sappiamo di quanto può essere accaduto a Gesù, prima ragazzo, poi giovane ed infine adulto, in una quasi insignificante Nazaret, alla bottega del padre Giuseppe. Solo alcuni Apocrifi, vangeli non considerati canonici per le chiese delle origini, osano narrare fatti per lo più miracolosi che avrebbero coinvolto un Gesù bambino insignito di poteri del tutto singolari. Sarebbe bello, in compagnia di alcuni teologi che nella storia si sono lasciati interrogare da quel silenzio, sostare proprio negli anni della cosiddetta 'vita privata': perché un silenzio così totale? Perché un’attesa che per i ritmi vorticosi ed insostenibili della nostra cultura social sarebbe semplicemente inaccettabile?

Resta il fatto che i Vangeli ci riconsegnano dopo i fatti dell’infanzia un Gesù adulto, che scende nel deserto per affinare la propria vocazione, si presenta tra la folla che attende il battesimo di Giovanni e siede tra gli ospiti di un matrimonio a Cana di Galilea. Altri episodi di manifestazione di un’identità, episodi appunto epifanici. Nel brano che oggi è oggetto dell’Eucaristia delle comunità cristiane, l’epifania è legata ad una sorta di pubblica investitura: il battesimo di Giovanni era predicato per la conversione dei peccatori, in un’epoca particolarmente sensibile all’attesa escatologica, alla fine di un mondo profondamente diviso ed iniquo, e da quelle acque Gesù sale accogliendo un messaggio celeste di conferma. Viene svelata la sua identità di figlio di Dio, secondo una locuzione che sarebbe diventata quasi il suo secondo nome, carica di pericoli filosofici e densa di conseguenze spirituali. Che Dio abbia un figlio non era e non è cosa né facile né semplice e ai Cristiani dei primi secoli occorreranno tante discussioni e tanta fatica per trovare parole sufficientemente appropriate (o forse le meno inappropriate possibile?) per conservare la fede nella sua identità.

Proprio in questo 2025 verranno celebrati i 700 anni dal celebre concilio di Nicea, responsabile del conio di una delle espressioni più straordinarie della teologia cristiana: il Figlio è detto «della stessa sostanza del Padre», ad indicare una relazione così stretta che nessun incarico, nessuna adozione, nessuna amicizia possono esaurire. Serve riconoscere tra la Parola che si farà carne e il Padre celeste addirittura una parentela reale (la filosofia direbbe ‘ontologica’), dando così inizio e fondamento al paradosso dei paradossi: l’amore di Dio è talmente reale e profondo da coinvolgere la sua stessa intimità, la sua natura; non prevede incarichi esterni, non si accontenta di messaggeri improvvisati, nominati per procura. L’episodio del Battesimo, così come è stato immortalato da grandi dell’arte come Piero della Francesca, è pertanto un passaggio decisivo per la tesi dei Vangeli, una seconda, autentica epifania: al pari dei doni che i Magi hanno portato al bambino e che configuravano ciascuno una profezia circa la sua condizione, la sua natura e il suo destino, così anche quell’uscire dall’acqua, quel ricevere lo Spirito come una colomba, quella voce di conferma fungono da indicatori di una consacrazione, di una precisa identità. Così si inaugura un duplice cammino: quello di Gesù ormai adulto impegnato nella predicazione del Regno, e quello dei lettori del Vangelo che parimenti sono coinvolti nel loro personale e comunitario viaggio.

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