03 Giugno 2024 - 20:39
Il tribunale di Cremona
VESCOVATO - Accusati di violenza privata aggravata, sono stati assolti i venti lavoratori che il 22 e 23 maggio del 2019 protestarono davanti alla Pro.Sus ‘perché il fatto a loro ascritto non è previsto dalla legge come reato’. Perché i lavoratori licenziati dalla cooperativa 3T fecero un picchetto «nell’ambito di una vertenza sindacale, anche aspra, ma condotta con gli strumenti ordinari del diritto sindacale e del lavoro», per dirla con l’avvocato romano, Marco Lucentini, difensore, con il collega Fabio Farina, degli imputati.
In quei due giorni, i lavoratori, rappresentati dal sindacato Usb logistica, si piazzarono davanti ai cancelli del macello, impedendo l’entrata dei camion carichi di maiali e l’uscita di Tir carichi di carne macellata, causando «300mila euro di danno». Cifra riferita al processo da Gianfranco Caffi, all’epoca legale rappresentante della Pro.Sus. Lo stesso pm ieri aveva chiesto l’assoluzione.
Al processo, Roberto Montanari dell’Usb aveva spiegato come la situazione dei lavoratori fosse critica: «Si volevano unire una serie di rivendicazioni. Siamo nel sistema degli appalti, sistema malato in Italia». Caffi aveva raccontato di essere stato costretto da Montanari a firmare un accordo con cui si impegnava a sottoscrivere un nuovo appalto di servizi, con fornitore diverso dalla cooperativa 3T, che garantisse la riassunzione dei lavoratori non confermati dalla cooperativa stessa. Gli imputati vennero identificati dalla Digos attraverso i filmati girati dalla polizia scientifica.
«La mattina presto ero stato chiamato dai dipendenti, perché c’era un’occupazione in corso che impediva il carico e lo scarico di automezzi. Sono andato sul posto», aveva spiegato Caffi. Erano circa una quarantina, compresi donne e bambini, mogli e figli dei lavoratori che occuparono varie parti dell’azienda. In 22 erano all’interno, la maggior parte bloccava il passo carraio principale. In sette, otto si erano seduti. Un altro piccolo gruppo era all’ingresso posteriore, dove c’era un cantiere per allargare l’attività e da dove accedevano i camion che portavano gli animali. Fu Caffi a chiamare le forze dell’ordine, perché «in quelle condizioni non era possibile lavorare. Ho appreso il motivo della protesta e assolutamente ci siamo adoperati per risolverla. Ero preoccupato anche per i bambini».
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