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Ucciso con un colpo di fucile, i precedenti della vittima

Fausto Gozzini nel 2018 era finito in cella, a Bergamo, assieme ad altre due persone con l’accusa di bancarotta fraudolenta

La Provincia Redazione

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14 Settembre 2022 - 20:33

Ucciso con un colpo di fucile, i precedenti della vittima

La vittima Fausto Gozzini

ROMANO DI LOMBARDIA (BG) - Quello di Fausto Gozzini non è un nome sconosciuto alle cronache giudiziarie e ai giudici bergamaschi. Nel 2018 era finito in cella, a Bergamo, assieme ad altre due persone con l’accusa di bancarotta fraudolenta attraverso operazioni per oltre 1,7 milioni di euro. Venendo a tempi più recenti, secondo i suoi vicini di casa, lo scorso febbraio la Guardia di Finanza bergamasca aveva bussato di nuovo alla mega villa di Romano di Lombardia in seguito a numerose denunce a suo carico per insolvenze e truffe di vario genere. Che Gozzini non godesse di buona reputazione è anche testimoniato dal fatto che qualcuno dei suoi nemici aveva bruciato per ben tre volte il tetto della villa, quando era ancora in costruzione.


Originario di Pontoglio, in provincia di Brescia, sposato e padre di due figli, da anni Gozzini si era trasferito in provincia di Bergamo, dove aveva dato vita alla Cortedil, azienda poi fallita nel 2018. Secondo la Guardia di Finanza di Treviglio, gli amministratori dell’impresa dirottavano fondi, mezzi, crediti e appalti su altre aziende sotto il loro controllo, causando così il buco che aveva portato la Cortedil al fallimento: i debiti erano rimasti in carico, fondi e beni patrimoniali messi al sicuro.

Tra i titolari dell’impresa, c’era proprio Gozzini, allora 57 enne. Con lui, stando alle cronache dell’epoca, i soci Luigi Antonio Magetta, 61 anni, di Cividate al Piano, sempre in provincia di Bergamo, ma pure residente a Romano di Lombardia, e Marcello Quarti, di Cortenuova (altro comune della Bergamasca).


Come detto, le manette sono scattate per l’accusa di bancarotta fraudolenta dopo che la Finanza aveva portato alla luce un intreccio di irregolarità fatto di scritture contabili «non tenute in modo corretto» e tre bilanci di seguito non approvati. Il gip Massimiliano Magliacani, aderendo alla richiesta della pm Maria Cristina Rota, spalancò ai tre le porte del carcere per evitare che reiterassero reati analoghi con le società che ancora amministravano. All’epoca venne pure sottolineato il rischio di fuga, dal momento che Gozzini aveva aperto conti correnti all’estero e possedeva immobili a Dubai e in Tunisia. Ai tre soci venne inoltre notificato il divieto di esercitare per due anni attività imprenditoriali e qualsiasi ufficio direttivo delle persone giuridiche e delle imprese.

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