+39 0372 404511

Cerca

IL VIDEO. L'INTERVISTA

Andrea Cigni saluta Cremona: «Il teatro è una palestra di umanità»

Dopo l’esperienza al Ponchielli, il sovrintendente si prepara a dirigere il Teatro Lirico di Cagliari con una visione aperta e inclusiva. Nell’intervista riflette su formazione, ascolto e futuro della scena: «Il palcoscenico non è un podio, ma un luogo di crescita reciproca»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

26 Giugno 2025 - 15:38

CREMONA - «Ora devo chiamarla sovrintendente, complimenti per la nomina»: la telefonata è formale, ma confidenziale e Andrea Cigni ribatte: «Passiamo al tu, e niente sovrintendente. La prossima settimana sarò da voi, a Cagliari», risponde al suo segretario sardo. Indossa ancora la maglietta nera con il logo del Ponchielli, ma Cigni da ieri mattina è ufficialmente sovrintendente del Teatro lirico sardo. La firma del ministro Alessandro Giuli è stata posta sul decreto d’incarico.

La scenografia dell’Ercole amante di Cavalli che debutterà stasera è lì a ricordare che siamo in pieno Festival Monteverdi, in un teatro Ponchielli che è pronto a rifarsi il lifting.

«Il festival è stato valutato fra i migliori festival italiani nella prime istanze ministeriali. Per un triennio il finanziamento della kermesse, la migliore d’Europa, sarà assicurato, ma abbiamo messo le basi perché diventi un finanziamento stabile e dalle Pit si passi ai festival storici, sempre per fare riferimento alle categorie del decreto ministeriale».

Quale teatro Ponchielli lascia alla città?
«Grazie è la prima parola che mi viene in mente di dire. Grazie al personale che mi ha sostenuto in questi anni, grazie alla città e ai cremonesi che hanno accolto quello che si è fatto in questi quattro anni e mezzo e hanno dato fiducia a me, ma soprattutto al loro teatro, perché il Ponchielli è il teatro dei cremonesi. Credo di lasciare un teatro dinamico, in attivo, sano nei conti, con i prossimi cartelloni definiti per la stagione 2025/2026. È di questi giorni la pubblicazione delle valutazioni delle commissioni ministeriali consultive per la qualità di musica e della danza, oltre che per i festival. Il Ponchielli e la sua programmazione hanno ottenuto punteggi altissimi che premiano il lavoro fatto in questi anni, le scelte artistiche e la risposta della città».

Insomma un teatro sano e affidato nelle mani del suo successore, Andrea Nocerino.
«Il più giovane sovrintendente di un teatro di tradizione in Italia. Andrea si è formato a Roma con un master alla Luiss e a Cremona diplomandosi in violoncello al conservatorio Monteverdi. È un musicista raffinato e colto che credo farà bene al teatro, al Ponchielli che ha nella musica una delle sue mission. Credo che Nocerino abbia tutte le caratteristiche giuste per far bene e per far crescere il teatro per le sue proposte e per la sua storia prestigiosa. Ieri siamo stati insieme a Roma e ho presentato Nocerino ad Antonio Parente della direzione generale dello spettacolo e al sottosegretario Gianmarco Mazzi. I passaggi di consegne vanno fatti a tutti i livelli istituzionali».

Anche lei si può fregiare del titolo di più giovane sovrintendente di una fondazione lirico sinfonica.
«Ho 51 anni, ma dentro me ne sento 19 da sempre. Scherzi a parte, credo che questo incarico mi possa offrire l’occasione per ampliare l’orizzonte e le conoscenze, nella consapevolezza di quello che è il ruolo delle Fondazioni Lirico Sinfoniche nella formazione dei quadri artistici, sempre senza dimenticare il fatto che per la Sardegna il teatro lirico di Cagliari è il teatro della regione. Colgo l’occasione per ringraziare il mio predecessore, Nicola Colabianchi per il lavoro svolto in questi anni alla guida del teatro, raccolgo un importante testimone».

Con questa nomina passa nella serie A dei teatri italiani.
«Non si tratta di serie A o serie B, ma di ruoli e competenze differenti delle varie istituzioni. I teatri di tradizione sono chiamati a diffondere lo spettacolo dal vivo nei territori e hanno un’importanza determinante rispetto alla diffusione della lirica, della musica, ma anche di danza e prosa. Abbiamo compiti diversi ma non meno importanti. Alle fondazioni lirico sinfoniche è richiesto anche la formazione degli artisti. Penso agli orchestrali, alle masse del coro. Produzione e formazione sono gli obiettivi con un orizzonte non solo territoriale, ma anche di carattere nazionale e internazionale. È stato opportuno e giusto presentare ai politici e agli amministratori che hanno sostenuto il teatro e in particolar modo il Festival Monteverdi chi assumerà il mio ruolo per poter continuare su questo cammino».

È comunque un bel salto di gestione. Si troverà ad avere oltre 400 dipendenti.
«Egrave; un impegno importante e delicato, ma lo spirito è lo stesso, uno spirito di servizio. I sovrintendenti hanno il compito di dare corpo a un bisogno pubblico di cultura, e questa missione passa attraverso il lavoro di tutti. Un lavoro di gruppo che ha nella figura del sovrintendente uno dei tasselli. Se riesci a condividere quanto stai facendo e a dare soddisfazione a chi lavora con te cresci e non puoi che rendere un servizio alla comunità all’interno della quale il teatro agisce e opera».

Ma il Ponchielli le stava stretto?
«No, direi proprio di no. Il Ponchielli è un teatro con una grande storia legata alla città e al suo patrimonio musicale. Raccontare Monteverdi è stata una delle mie ambizioni più grandi, pensiamo a quello che è oggi questo festival. Il mio obiettivo era restituire questo teatro alla città, sotto tutti i punti di vista, artistico, sociale, nell’incrementare i soci, ma anche nel chiedere ai cittadini di sentirlo proprio. È un faro prezioso all’interno della comunità. Non dimentico che ho assunto la guida del Ponchielli in piena pandemia. Ho ricevuto tantissimi messaggi quando è uscita la notizia del mio incarico a Cagliari. Ma uno dei messaggi che più mi ha commosso è stato quello di uno studente che mi ha ringraziato per averlo coinvolto con la consulta nei tavoli di lavoro, di avergli fatto conoscere il teatro da dentro e di avergli trasmesso entusiasmo. In questo poco tempo che ho ricoperto il ruolo di sovrintendente, ma anche nei 22 anni che ho vissuto qui, spero di aver restituito quello che questa città mi ha dato. È proprio grazie a questa città che sono diventato quello che sono oggi e a Cremona devo anche questo mio nuovo incarico all’interno della Fondazione lirico sinfonica di Cagliari».

Che augurio che si sente di fare a chi prenderà la sua eredità?
«Sono felice di poter lasciare a un giovane un teatro che funziona, che ha il bilancio a posto, la programmazione fatta affinché lui possa su terreno già pronto confrontarsi sul futuro e lavorare in prospettiva. Lasciare il testimone a un giovane dà senso a quello che faccio e che sono, come sovrintendente ma anche come insegnante. Il teatro non è mio, l’ho servito e continuerò a farlo. Credo che sia un bel segnale per il Paese e il sistema Italia. Lascio un pezzo del mio cuore in questa città».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400