+39 0372 404511

Cerca

3 MINUTI 1 LIBRO. IL VIDEO

L’Italia che brinda e quella che fatica

Staglianò fotografa un Paese in cui le distanze economiche vanno allargandosi

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

04 Dicembre 2024 - 05:30

CREMONA - Warren Buffet, finanziere con circa 140 miliardi di dollari di patrimonio, lo ammette apertamente: «È la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e la sta vincendo», per poi in un rigurgito di umanità ammettere: «Ma com’è possibile che io paghi meno tasse della mia segretaria?».
«Ed e proprio così, un’assurdità pazzesca, la stessa che mi ha testimoniato qualche tempo fa Abigail Disney, nipote di Roy che con Walt ha fondato l’impero Disney. Ha fondato il Movimento dei milionari patriottici sulla base del principio ‘se dovete prendere i soldi a qualcuno chiedeteli a noi’. In Italia di gente così non ce n’è tanta in verità», ammette sconsolato il giornalista Riccardo Staglianò, che con il suo nuovo libro ‘Hanno vinto i ricchi. Cronache da una lotta di classe’ accende un faro su questo fronte.

PRODUTTIVITÀ, GRANDE BUGIA

«La mia analisi parte dalla constatazione che i ricchi sono sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Io provo a spiegare come è stato possibile che accadesse». Il dato di partenza è drammatico: l’Italia è l’unico paese Ocse in cui negli ultimi 30 anni i salari medi reali sono diminuiti. Lo testimonia il grafico dell’andamento dal 1990 al 2020 in 22 nazioni europee: in testa la Lituania, con +276 per cento e all’estremo opposto l’Italia, fanalino di coda con un -2,9 per cento. È in dieci anni il potere d’acquisto è calato del 4,5 per cento. Solo sapendolo si capisce perché 360mila lavoratori tra i 20 e i 29 anni sono a rischio povertà. Staglianò demolisce il moloch della scarsa produttività come causa di tutti i mali.

«È un dato di fatto che quella italiana è cresciuta negli ultimi anni la metà che in Germania e un terzo degli Stati Uniti. Poco e lentamente, ma è cresciuta, vale a dire in generale intorno al 20 per cento in 30 anni. Potevamo fare meglio? Sì. Ma non perché gli italiani sono lavoratori scarsi. Il fatto è che il grosso delle imprese sono così piccoline che faticano a produrre innovazione. La ricchezza in più generata è andata ai profitti e non ai lavoratori, dall’1-1,2 per cento sul fatturato alla media del 7-8 che lievita in certi casi fino al 20».

Ma questo è un problema enorme, ragiona Staglianò, «perché come tutte le persone sane di mente comprendono, le società sono prospere quando tanti consumatori hanno denaro da spendere. Ma se il ceto medio praticamente non esiste più, tutti noi, ultraricchi compresi abbiamo un problema. Per questo non mi capacito di una cosa molto semplice che riguarda la tassa patrimoniale. L’hanno raccontata così male che sembra una bestemmia. Se solo la si spiegasse meglio... Oxfam Italia, per esempio, propone di aumentare le tasse di uno o due punti percentuali a persone che hanno oltre 5,4 milioni di euro di patrimonio netto. Parliamo dello 0,1 per cento della popolazione italiana. Com’è possibile che da destra e da sinistra non si esplori una possibilità del genere? In Gran Bretagna il governo moderatamente laburista di Keir Starmer valuta di alzare le imposte sui capital gains, i guadagni finanziari e di introdurre la tassa».

LA LEZIONE DI FORD

Inoltre in una fase come questa, in cui mancano lavoratori e le imprese lanciano l’allarme sul capitale umano che scarseggia, com’è possibile che non si capisca quello che Henry Ford, non certo un progressista, aveva intuito già nel 1926. «Una lezione importante e stupefacente - sottolinea Staglianò, che parte da una semplice considerazione: i dipendenti soddisfatti della loro condizione lavorano meglio e sono più fedeli all’azienda. Da un giorno all’altro Ford raddoppiò la paga oraria dei suoi operai. Non lo fece certo per bontà, lui era un capitalista classico, ma si era accorto che nelle sue aziende c’era grande turnover, nel senso che le persone scontente di salario e condizioni di lavoro se ne andavano e lui faceva una fatica immane a rimpiazzarle ma sopratutto era costretto a subire grandi costi nel formare i loro sostituti. A sorpresa i suoi affari andarono molto meglio».

CAVIALE E CHAMPAGNE

Fino a quando ci sembrerà normale tutto questo? si chiede in copertina Staglianò. «Non so spiegarmelo. Io sono fortunato, ho un lavoro e uno stipendio e nonostante ciò mi indigno. Mi chiedo: se fossi nella condizione di uno che fatica veramente a vivere dignitosamente, se fossi quell’italiano su dieci, cioè 5,5 milioni di persone, in povertà assoluta, il dato è dell’Istat, immagino che sarei non solo indignato ma anche molto arrabbiato. Se fossi al governo, non scommetterei sul fatto che gli italiani prima o poi decidano di non accettare più tutto questo». Nel libro, poi c’è il rovescio della medaglia, tanti ritratti contemporanei di un’Italia ricca, quella del caviale e champagne: come la coppia che di fronte ai gran crudi di mare di Forte dei Marmi posta foto dei piatti come se non ci fosse un domani: del resto «questo è un posto dove ai tavoli si usano più i cellulari che le forchette» chiosa l’autore. Mentre in montagna a Cortina si scia ma si può fare anche «una meditazione che costa come un ciclo di sessioni con Freud in persona». Ma ci sono anche le storie dei poveri, tra «contabilità al centesimo e sogni mignon». Che fare?, si chiede l’autore. Per esempio puntare sulla ‘predistribuzione’, con maggiori investimenti a monte a partire dall’istruzione pubblica e formazione della forza lavoro. «Una misura parziale ma semplice» sarebbe il salario minimo, che però è stato affossato dall’attuale maggioranza».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400