LA STAGIONE D'OPERA: IL VIDEO
07 Ottobre 2023 - 08:05
CREMONA - La Prima è sempre la Prima. A Cremona, si sa, la Prima non è esattamente il sette dicembre scaligero. Non ci sono fiori, gioielli, passerelle di ostentazioni sfrenate. A Cremona, a teatro, si va per ascoltare la musica. Fuori dal Ponchielli le automobili di Bossoni omaggiano l’opera di Mozart con i nomi dei personaggi del Flauto magico. Dentro al teatro, pieno in ogni ordine, tanta varietà: dall’eleganza classica alla camicia fuori dai pantaloni, dal vestito lungo al maglioncino. A illuminare il sipario del teatro, debuttano le nuove (e assai belle) luci del palcoscenico finanziate da Sperlari. Si prende posto. Entra il direttore. Rullo di tamburi. Il pubblico, in piedi, intona l’Inno di Mameli, eseguito dall’orchestra con piacevoli inflessioni mozartiane, fantasiosi rimandi strumentali al Flauto magico. La serata inizia con i migliori auspici, con l’Overture eseguita a sipario ancora chiuso, senza distrazioni inutili sul palco: del resto Die Zauberflöte è un’opera che racconta il trionfo della musica. Ivan Stefanutti firma un allestimento pienamente in linea con la volontà di restituire al pubblico l’atmosfera fiabesca dell’opera, veleggiando tra i racconti de Le mille e una notte fino al mondo del fantasy.
La scena si apre, ad esempio, con l’occhione del drago, che ricorda l’emblematico occhio di Sauron nell’adattamento cinematografico del Signore degli Anelli di Tolkien. Di Egitto ce n’è pochissimo, solo qualche piccola piramide, qualche tempietto in rovina, e poco più. E, tutto sommato, è giusto così: questa è un’opera scritta per affascinare, per invogliarci a intraprendere viaggi immaginari senza mete definite. In scena c’è, allora, un Oriente non connotato geograficamente (con influssi da Cina, India, Persia, Arabia, Mongolia), ma rispondente all’idea esotica e fantastica che di esso poteva avere il pubblico tedesco (ed europeo) dell’ultimissimo Settecento. Eleganti costumi e scene, sempre firmati da Stefanutti, e che ben si coniugano allo spirito trasognante dell’allestimento. Regia presente anche dal punto di vista teatrale, non lasciando nulla al caso e risolvendo le tante debolezze della drammaturgia di Schikaneder. Decisamente sbagliata - e a tratti ridicola - la scelta della produzione di riscrivere in italiano i recitativi. Una decisione veramente anacronistico in un’epoca in cui tutto si fa per restituire la verità redazionale delle opere con fiumi di edizioni critiche di libretti e partiture. Comprensibilissimo il tentativo di rendere il più possibile fruibile un’opera che presenta un ostacolo linguistico - il tedesco - innegabile, ma questa alternanza tra tedesco e italiano rimanda più alla glossolalia babelica che a un testo comprensibile.
La ‘traduzione’ (di Stefano Simone Pintor) di per sé è anche ben fatta, ma i limiti sono evidenti, anche perché, ricordiamo, ci sono i sovratitoli. James Meena, alla direzione dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, crea una bella armonia tra buca e scena, ponendosi al servizio degli interpreti, soprattutto quelli più giovani e inesperti. Segue con una certa attinenza la prassi esecutiva dell’opera, optando tendenzialmente per ritmi spediti e incalzati senza correre eccessivamente. Molto bene il versante vocale, composto in gran parte da finalisti e vincitori delle ultime due edizioni del concorso AsLiCo, che da anni sforna ottimi talenti all’interno del circuito lirico di OperaLombardia. Ruolo notoriamente di grande difficoltà tecnica è quello della Regina della Notte, interpretata da Nicole Wacker. Il soprano svizzero risolve con agilità e tecnica gli ostacoli virtuosistici di chi la sua parte è costellata (i famigerati vocalizzi del secondo atto). Ottimo anche il Sarastro del basso cinese Renzo Ran, che centra gli ostici gravi della sua parte. Molto bene anche i giovani Francesco Lucii e Elisa Verzier, rispettivamente nei ruoli di Tamino e Pamina: timbri leggeri ma ben centrati e valida presenza scenica. Sul palco, come spesso accade, a conquistare il pubblico è il Papageno di Pasquale Greco, che sfoggia anche un agile timbro baritonale. Bene anche la Papagena di Chiara Fiorani e il Monostatos di Lorenzo Martelli, insieme ai vari comprimari (Irene Celle, Julia Helena Benhart, Aoxue Zhu, Alberto Comes, Giacomo Leone, Giulia Addamiano, Francesco Beschi e Teofana Prilipceanu). Ben coeso il Coro di OperaLombardia. Si replica domani alle 15,30.
FOTO: FOTOLIVE/PAOLO CISI
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