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3 MINUTI 1 LIBRO

Umanità vulnerabile, ostaggio di criminali

Carmen Lasorella esordisce come narratrice con una storia sui migranti. Un thriller dove mafie e colletti bianchi sono alleati nel loro sfruttamento

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

13 Settembre 2023 - 05:25

CREMONA - Prima giornalista televisiva italiana inviata sul fronte di guerra, autrice di molte inchieste, anche scomode, per la Rai, con il suo primo romanzo, ‘Vera e gli schiavi del terzo millennio’, Carmen Lasorella tesse in filo rosso che lega quel passato professionale al suo presente: continua il lavoro di inchiesta stavolta sotto forma di racconto di invenzione, certo, ma costellato di riferimenti all’attualità e a fatti (leggi scandali) effettivamente balzati agli ‘onori’ delle cronache. «È così - conferma -. L’inchiesta riguarda quell’umanità vulnerabile e senza diritti che chiamiamo migranti». Ne parla con Paolo Gualandris nella videorubrica ‘Tre minuti un libro’.

E dice: «Arrivano su tutte le coste possibili, tra le quali le nostre, il più lontano possibile da disperazione e miseria, dal nulla in cui sono finiti a seguito di eventi climatici, dittature, condizioni impossibili di vita. Perché il punto è questo: nessuno di noi vuole lasciare casa sua se ci sta bene. Quindi immaginare i migranti come persone che vengono a invadere o comunque a modificare le condizioni di vita di altri Paesi è un modo non solo superficiale, sciatto, ma anche assolutamente falsificato di rappresentazione della realtà. Credo molto oggi nel valore sociale della narrativa. Utilizzo un romanzo per entrare in una realtà complessa come quella delle migrazioni. Ho cominciato con il mio primo romanzo proprio occupandomi degli ultimi».

Leggendo il libro viene alla mente una frase di Bob Marley, «alcune persone sentono la pioggia, altre semplicemente si bagnano». Vera, la protagonista è una persona che «la pioggia la sente sulla sua pelle, perché lei dice ‘se fossi stata una persona con una fede incrollabile forse avrei fatto una scelta religiosa e invece ho abbracciato una scelta civica’. Lei è un’attivista per i diritti umani, è scesa nelle piazze per tutta la sua vita. Poi a un certo punto, come sempre nella vita, succede qualcosa per cui quell’impegno costante e pericoloso che riempie un’esistenza non si può proseguire. Purtroppo i suoi compagni di strada per le ragioni più diverse non ci sono più, per cui lei arriva alla guida di un Consorzio che si occupa di migrazioni e scopre il marcio. A quel punto non può rimanere inerte, quella ‘pioggia’ non si limita a bagnarla ma le entra dentro e quindi lei che tutto sommato ha già vissuto un’esistenza il prima linea continua a svolgere questa attività sul fronte dei diritti umani e scopre abissi di disumanità, i problemi nel crimine della tratta che però non è soltanto nello spostamento, nel viaggio».

La tratta prosegue anche una volta giunti a destinazione, perché chi arriva purtroppo finisce nelle reti della malavita, della prostituzione, del lavoro nero, ma con la copertura dei colletti bianchi con un'informazione troppe volte non solo distratta ma addirittura convivente, con la politica che strumentalizza il fenomeno. Appena si scoperchia questo questo mondo vengono fuori storie incredibili.

È importante che lei trovi tanti alleati, tanti alleati. Incontrerà un magistrato, un giornalista, un medico e degli operatori, ma anche incontrerà dei criminali e subirà minacce, addirittura verrà messa in forse la sua stessa credibilità, il lavoro di una vita, il suo ruolo. Però lei non si lascia affondare. Accanto a lei, c’è Mariella, la sua segretaria-amica-assistente espressione della gioventù 4.0, con qualche decina di anni in meno, tante insicurezze e pochi sogni, ma una fede incrollabile nella sua capa. E poi c’è Cleo, copia fisica di Vera, anche se agli antipodi come scelte di vita. Il loro incontro le cambierà entrambe, avvicinandole. La narrazione ha le tinte di un thriller, c’è un’indagine che lei porta fino in fondo, ci sono situazioni dure che vengono messe in luce.

Al centro, un personaggio equivoco, Ahmed, che consegna a Vera la mappa del sistema criminale che governa il Mediterraneo, ma in cambio le chiede di occuparsi dei suoi figli. Ha messo tutto in un microchip, che si determinerà preziosissimo. E Vera, benché nel mirino delle organizzazioni mafiose, farà fino in fondo la sua parte, di nuovo padrona del proprio destino. C’è però anche un altro aspetto, quello di una grande umanità che Lasorella sa raccontare nel descrivere le persone che man mano Vera incontra sulla sua strada.

È un romanzo che lascia però una speranza: vincere si può. «È così. Devo dire che purtroppo accanto al male, all’indifferenza e all’ignoranza che oggi purtroppo ci circondano, che ci affondano in qualche misura, c’è invece ancora tanta bellezza. Anche a partire dalle persone, dalle loro vite, dal loro impegno. Gli incontri di Vera sono indispensabili». Quanto c’è di lei in Vera? «Ho voluto scegliere una protagonista che avesse 60 anni perché il nostro tempo ci consegna altre figure femminili e forse questo il problema anche di tutto quello che il mondo che circonda e poi la percezione delle donne che devono essere sempre perfette, giovanissime, meravigliose e purtroppo oggetto. Il messaggio è anche questo: la vita continua nell’impegno. Noi siamo quello che facciamo oltre a quello che abbiamo fatto e quindi è importante continuare a farlo. Il momento della pensione non arriva mai per quanto riguarda i diritti».

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