02 Febbraio 2022 - 05:25
CREMONA - «Da giornalista non sarebbe stato possibile entrare nel centro di detenzione di Lampedusa, ma da quel centro arrivavano notizie terribili di rivolte, di pestaggi: l’unico modo era farsi prendere. Così, ispirandomi al finale del celebre film Papillon, in cui Steve McQueen si tuffa dalla scogliera e scappa dalla Cayenna francese, mi è venuta l’idea di buttarmi in mare dalla scogliera di Lampedusa e dare così credibilità al fatto che io dovessi essere raccolto, bagnato, arrivando proprio dal mare. Io avevo contato di restare in mare qualche minuto, ci sono rimasto quasi cinque ore alla deriva, perché non c’era nessuno sulla spiaggia. Sull’isola c’era un concerto di Claudio Baglioni e tutti erano andati a sentirlo. Poi alla fine grazie a una persona di Lampedusa che io ho conosciuto anni dopo, Massimo Costanza, sono stato soccorso».
Fabrizio Gatti, oggi inviato de L’Espresso, ricorda così uno dei passaggi del suo viaggio lungo quattro anni sulla rotta dei mercanti di uomini, lungo le rotte che hanno visto morire decine di migliaia di persone colpevoli solo di aspirare ad avere un futuro. Il diario di viaggio è diventato un libro dal titolo «Bilal. Viaggiare, lavorare, morire da clandestini» pubblicato nel 2008 e oggi tornato in libreria con un nuovo titolo «Bilal. Il mio viaggio da infiltrato verso l’Europa», arricchito di un nuovo capitolo.
Gatti spiega il perché nella videointervista della rubrica «Tre minuti un libro» da oggi in rete sul sito e su YouTube.
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