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SABBIONETA: IL VIDEO

Bolletta da 1.800 euro, l'anatema del don: «Un furto»

Il parroco si scaglia contro la tassa rifiuti durante l'omelia: «Il Museo d'Arte Sacra non produce immondizia, non ha nemmeno i bidoni»

Andrea Setti

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asetti@laprovinciacr.it

28 Ottobre 2023 - 05:00

SABBIONETA - «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». È da questa domanda che i farisei pongono a Gesù nel Vangelo di Matteo (22, 15-21) che don Samuele Riva è partito domenica scorsa per un’omelia destinata certamente a lasciare il segno. In diretta streaming — le celebrazioni sono online — non solo ha commentato e attualizzato la celebre risposta del Nazzareno — «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» — ma è sceso nel dettaglio della realtà locale.

CARTELLA DA 1.800 EURO

E lo ha fatto citando la cartella recapitata in parrocchia relativamente alla tassa sui rifiuti per il Museo di arte sacra. «Oh, ci è arrivata una cartella del museo dove non abita nessuno e quindi non produce neanche un rifiuto, non abbiamo neanche i bidoni: 1.800 euro. Lo dico perché è giusto che la comunità lo sappia». Rimostranza che ben presto si è trasformata in invettiva. «Perché questi 1.800 euro li paghiamo con le monetine che troviamo nei cestini delle offerte della domenica. Questo a casa mia si chiama rubare, è un furto».

DENUNCIA DELLE INGIUSTIZIE

Proseguendo, il parroco ha affermato. «È giusto è doveroso pagare le tasse ma siccome noi siamo anche cittadini oltre che cristiani abbiamo il diritto e il dovere di denunciare le ingiustizie, di denunciare le mancanze di equità, di denunciare quello che è contro la verità. Parlo perché l’argomento di questa domenica è questo e sto parlando da parroco. Però siccome questo ritornello l’ho sentito da tantissime persone nella nostra comunità credo che sia un problema di tanti. Facciamoci sentire, tiriamo fuori la voce, tiriamo fuori le unghie se occorre perché c’è una verità e c’è una giustizia e noi come cittadini e cristiani chiediamo che sia rispettata la verità e la giustizia».

I NUOVI FARISEI

Parole inequivocabili inserite nel contesto di un discorso, per la verità, molto articolato, puntuale, colto e sempre appassionato. «Uno dei luoghi in cui è più facile indossare una maschera e recitare una parte molto più che a teatro è la politica», ha sottolineato, in pratica tracciando l’identikit dei nuovi farisei. È stato lui, poi, a porre una domanda all’assemblea. «È giusto, è doveroso pagare le tasse? I bambini hanno già risposto di sì ma noi adulti questa domanda ce la facciamo: è ovvio che la risposta giusta l’hanno data loro. Certo è un dovere pagare le tasse. Ma poi c’è anche una domanda successiva: ma perché in Italia siamo vessati da una tassazione tra le più alte al mondo? Dovremmo avere i migliori servizi al mondo, le migliori strade, le migliori scuole, i migliori ospedali. Ma dove vanno a finire tutti questi soldi? E allora è chiaro che possiamo legittimamente fare dei distinguo perché le tasse sono doverose ma a volte le tasse sono anche esose».

LA CHIESA E LE TASSE

Un passaggio fondamentale è stato riservato alle critiche, molto spesso figlie dell’ignoranza, sul rapporto fra la Chiesa e il Fisco. «In questi mesi quante volte nella nostra comunità ci si è lamentati delle tasse pesanti che dobbiamo pagare e anche la parrocchia si trova in questa situazione. Perché qualcuno — posso chiamarlo con il suo nome — mi date il permesso? Me lo date? Qualche imbecille, questo è il suo nome, dice che la Chiesa non paga le tasse. Allora questo signore o signora vengano in ufficio parrocchiale. Li tengo lì una settimana e gli faccio vedere che cosa paghiamo di tasse».

INCARNARE IL VANGELO

«Qualcuno dirà: ma cosa c’entrano queste cose con la predica? Vedete, le prediche non servono a far addormentare la gente e non servono a parlare di Alice nel paese delle meraviglie. La predica serve a incarnare il Vangelo dentro il vissuto della nostra vita e dove siamo chiamati ad essere dei testimoni. Se ci sono anche delle concretizzazioni bisogna anche che ce le diciamo. E poi ci sono informazioni che una comunità deve conoscere perché quello che si fa è roba di tutti, la parrocchia è di tutti».

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