17 Maggio 2025 - 05:05
CREMONA - Una lettera di complimenti da parte della Nba, firmata dal commissioner Adam Silver. Probabilmente uno dei riconoscimenti più importanti per chi fa del basket il proprio lavoro. Giorgio Gandolfi, titolare dell’omonima agenzia di management e consulting, da anni è appassionato di Nba ed è stato uno dei pionieri a recarsi direttamente negli Stati Uniti per seguire le partite.
Ci racconti.
«All’epoca non c’erano i cellulari: facevo foto, interviste, e tutto il materiale lo portavo a casa al ritorno. Ho conosciuto tanti campioni e tanti personaggi incredibili in quegli anni. Poi la passione è rimasta, e i legami sono diventati più solidi».
Una lettera da parte di Silver non capita tutti i giorni...
«È vero. Mi ha fatto molto piacere. Negli anni passati negli Stati Uniti ho conosciuto molto bene William Sutton, direttore della Scuola di Sport Marketing & Entertainment dell’University of South Florida e uno dei massimi esperti mondiali di marketing e management sportivo. È stato vicepresidente Nba e so che aveva parlato della mia passione e della mia attività al commissioner Adam Silver. Quando ho letto questa lettera, firmata da lui, è stato emozionante».
Legami con la Nba?
«Ho avuto un rapporto diretto qualche anno fa. Mi proposero di acquistare tutto il materiale fotografico e le diapositive che avevo scattato quarant’anni fa. Venne a casa mia a Cremona uno specialista in queste operazioni. Alla fine non ho accettato la proposta di acquisto, ma il rapporto che si è creato è stato ottimo».
La Nba resta il campionato più bello del mondo?
«Sì, anche se in questi anni le cose sono cambiate. Mi ha stupito l’uscita di scena di Cleveland, mentre come rivelazione direi Indiana. Oklahoma, però, potrebbe essere la squadra più forte».
Però i migliori giocatori sono quasi sempre europei, ormai. Vedi Doncic e Jokic.
«Ci sta. I nostri migliori giocatori hanno fondamentali importanti e una tecnica pazzesca, anche senza essere in una forma fisica eccellente. Gli americani hanno una fisicità incredibile, ma a fare la differenza sono anche altre cose».
Non rischia di essere un po’ nostalgico?
«Ho visto e resto legato agli storici Boston e Philadelphia. Il gioco spalle a canestro era un’altra cosa. Oggi c’è grande fisicità, e non solo nei centri, ma anche nelle ali e nelle guardie. È una pallacanestro diversa, meno tecnica, di sicuro».
Una squadra europea come si piazzerebbe in Nba?
«Credo che, a livello di Eurolega, Olympiakos e Panathinaikos siano le nostre migliori espressioni. Sono convinto che chiuderebbero comunque agli ultimi posti nella stagione regolare di Nba. Da noi ci sono giocatori di qualità, ma nei roster del campionato americano ci sono almeno dodici giocatori per squadra dotati di una fisicità pazzesca, che risulterebbe decisiva».
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