16 Aprile 2025 - 15:58
MARINA DI PISA - Lei era una giovane giornalista del Tirreno, al seguito del Pisa. Una ragazza, classe 1963. Lui del Pisa era l’allenatore, di nome faceva Gigi Simoni e non c’è bisogno di aggiungere altro. La loro storia è cominciata così e non è mai finita. Neanche quando Simoni è morto, cinque anni fa, nel maggio del 2020, dopo mesi di ospedale a Pisa, a 81 anni. Lei è Monica Fontani. A cinque anni dalla morte di Simoni, Monica racconta di sé, dei suoi sentimenti, di Leonardo, suo figlio, della sua vita. La stessa carica, fuori; lo stesso vuoto, dentro.
Monica, che anni sono stati?
«Difficili. Io ho cercato subito di tornare a una vita normale, ho ripreso a lavorare, ho pensato a mio figlio. Le cose più semplici possibili, tutto qui. Ma con un senso di mutilazione nel cuore».
Come ha fatto?
«Ho cercato di non stare lì a piangermi addosso. Il dolore è un sentimento personale, ognuno lo vive a modo suo, da solo. Noi, Leonardo e io, siamo tornati a vivere in apparenza come abbiamo sempre fatto. Ma in realtà il dolore aumenta con il passare del tempo. Si impara a conviverci e basta».
Ne parla come se tutto fosse accaduto ieri.
«Ho passato cinque anni con una presenza accanto a me. Lo sento vicino, ora per ora. Mi sono sorpresa più volte ad aspettare una sua telefonata. Mi capita spesso, è difficile spiegarlo, lo so, ma è proprio così».
Di cosa si occupa?
«Seguo le aziende di famiglia. I miei genitori sono anziani, abbiamo due stabilimenti balneari a Tirrenia, un albergo a Marina di Pisa. Ho ripreso subito a lavorare, sono impegnata anche 12 ore al giorno, senza tregua».
C’è vostro figlio, Leonardo.
«Oggi ha 25 anni, per Gigi è sempre stato un amore infinito. È normale. Lo ha avuto quando era già ‘grande’. Ovunque sia, Gigi sa tutto, Leonardo gli sta dando grandi soddisfazioni».
Che tipo di lavoro fa?
«Da qualche anno fa l’osservatore per l’Inter. Fa riferimento a Corrado Verdelli e Piero Ausilio. Ha fatto anche il corso a Coverciano da direttore sportivo».
Porta un cognome che pesa nel mondo del calcio.
«Lo sa anche lui, è impegnativo, sente la doppia responsabilità. Sa di avere addosso molte aspettative, del resto non c’è nulla di facile o di scontato. Gli capita anche di ritrovarsi con ex giocatori di Gigi: gli parlano del babbo e a lui fa piacere».
E lei come vede questo impegno nel mondo del calcio?
«Fa piacere anche a me, per lui prima di tutto. Io invece dal calcio mi sono distaccata. Sono rimasta legata attraverso mio figlio. È importante che qualsiasi cosa faccia, la faccia al meglio, con tutte le energie, le capacità, la determinazione. È l’insegnamento che ha ricevuto da Gigi: impegno, onestà. Mi sembra che nostro figlio stia facendo bene. Nessuno ti regala niente, ciascuno deve dimostrare ogni giorno di meritare quello che fa. Non esistono allori, vale per tutti. Anche per me, naturalmente».
Non fa sconti.
«No, io sto sul pezzo, pretendo. Questo sì».
Suo marito sarebbe contento di questo?
«Sì, non si sarebbe mai immaginato una carriera così per suo figlio».
Che rapporto avevano?
«Leo andava spesso agli allenamenti, parlavano spesso di calcio, ha cominciato a frequentare gli spogliatoi e gli stadi sin da quando aveva tre anni. Poi, quando Gigi è stato male, lui ha intrapreso il suo percorso, la sua carriera».
Per Pasquetta c’è un incrocio importante: Pisa-Cremonese. Due tappe fondamentali della vita di Gigi Simoni.
«E anche per me: io facevo la giornalista per il Tirreno, lui allenava il Pisa. Ci siamo incontrati e conosciuti così, attraverso una intervista. Poi ci sono tanti amici (lo era molto Floriano Soldi, ad esempio), anche a Cremona. Se faccio l’elenco non si finisce più».
Leonardo è stato anche allo Zini.
«È stata un’emozione forte, per lui. Lo ha invitato Massimo, in curva. Si è commosso. Tuttora è in rapporti di amicizia con i tifosi della Cremonese. Mi piace molto che il rapporto non si sia fermato, ma si perpetui nel tempo anche attraverso le generazioni».
E sul campo? Cosa succederà da qui alla fine?
«Diciamo il Pisa in A, la Cremonese in lotta. Mi sono informata. Ho un auspicio: sarebbe bellissimo che si ritrovassero in A il prossimo anno. Quella famosa domenica nel 1987 ero anch’io allo Zini».
Simoni è stato anche presidente della Cremonese.
«E ne era orgogliosissimo. Ringrazierò sempre il cavalier Giovanni Arvedi per avergli regalato questo onore. Arvedi è il motore di Cremona, non devo certo spiegarlo io. Spero che torni subito in serie A. Mando un caro saluto a lui e alla signora Luciana, dal profondo del cuore».
Che cosa direbbe Simoni oggi ai tifosi della Cremonese?
«Credo di poter interpretare il suo pensiero: li abbraccerebbe tutti, uno a uno. E stringerebbe la mano a tutta Cremona, a tutti quelli che gli hanno voluto bene».
E ancora gliene vogliono.
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