12 Novembre 2024 - 11:43
CREMONA - Il bello, o il brutto (vedete voi), della pallacanestro è che possiamo vedere una partita in cento, mille, diecimila, ma alla fine ognuno di noi darà un giudizio diverso da tutti gli altri. Così come in ognuno alberga un novello allenatore. Funziona così da sempre, e forse è anche giusto così. Dopo il derby lombardo di domenica pomeriggio tra la Vanoli e la Germani Brescia, sui vari social si è letto di tutto e di più: di una squadra – la Vanoli – allo sbando, inguardabile, debolissima sotto canestro e così via; di un allenatore – Demis Cavina – incapace di gestire la squadra e di fare autocritica, non adatto alla serie A, insomma da cacciare immediatamente. In realtà c’è anche chi, mosso dall’obiettività (e avendo praticato basket), ha scritto quello che è anche il mio pensiero: domenica si sono affrontati uno degli attacchi più prolifici del campionato (Brescia) ed una delle migliori difese (Cremona); e alla fine ha vinto la formazione che ha estratto dal cilindro una serata magica e irreale al tiro (21 su 30 da due e 14 su 24 da tre, più 16 su 19 ai tiri liberi) e che sistematicamente ha respinto a suon di triple o di canestri da due (anche in situazioni di scarso equilibrio e con le mani addosso) i tentativi di rimonta da parte dei padroni di casa. Ma entriamo nello specifico, per capirci meglio, analizzando i dati: Brescia ha chiuso il primo quarto avanti 25-21 con 4 su 6 da due e 5 su 8 da tre; 54-41 il punteggio a metà gara con 10 su 17 da due e 10 su 14 da tre; 85-67 a fine terzo quarto con 16 su 23 (70%) da due e 14 su 20 (70%) da tre. E alla fine la statistica del tiro dal campo (da due e da tre insieme) parla chiaro, con un 35 su 54 pari al 65%. Ma va messo sul piatto della bilancia anche il potenziale schierato dalle due squadre; Brescia gioca con la formula del 6+6, mettendo a referto sei giocatori stranieri (Nikola Ivanovic, Chris Dowe, Jason Burnell, Demetre Rivers, Maurice Ndour e Miro Bilan), più uno come Amedeo Della Valle che tendenzialmente la mette spesso nella retina da qualsiasi distanza e un ex biancoblu quale David Cournooh che domenica ha dato un contributo importante ai suoi. Dall’altra parte invece, il bistrattato Cavina può inserire nel piatto della bilancia cinque soli stranieri (domenica Phil Booth è stato schierato in sostituzione del febbricitante Tajion Jones) e italiani che quest’anno in serie A devono farsi le ossa. La storia, senza distorsioni di sorta, è questa. Poi possiamo affermare indubbiamente che la Vanoli avrebbe potuto difendere meglio, che i giocatori (tutti) – vista la situazione di classifica con i cremonesi scivolati al penultimo posto – dovrebbero mettere in campo maggiore spirito combattivo e giocare ogni volta al 110 per cento delle loro possibilità, gettarsi come forsennati su ogni pallone. Ci si deve rendere conto alla svelta che la Vanoli è una di quelle società che ogni anno deve sgomitare più di altre per arrivare al traguardo della permanenza nella categoria, e non scordiamo che la formazione cara ad Aldo Vanoli poteva essere a quota sei senza quei maledetti finali con Reggio Emilia e Pistoia. Certo, con i se e con i ma non si va da nessuna parte, ma sarà che sono un inguaribile ottimista e, con l’arrivo di Payton Willis, sono certo che la situazione migliorerà. Magari già da lunedì prossimo contro Milano.
Consentitemi in chiusura un forte abbraccio all’ex sindaco Gianluca Galimberti, alla moglie Anna e alla sua famiglia, presente domenica al palazzo dove prima del salto a due è stato osservato un minuto di silenzio per la prematura scomparsa della figlia Chiara, molto legata al pallacanestro e al baskin.
Un’ultima annotazione, che - a scanso di equivoci - non vuole affatto minimizzare il meritato successo della Germani: domenica al PalaRadi è arrivata una delle peggiori terne arbitrali degli ultimi anni, con in particolare i signori Quarta e Bettini (sostituto di Gargioni) che ne hanno combinate di tutti i colori. La colpa non è loro, ma di chi li manda sui campi di basket, di una classe arbitrale che (tranne alcune eccezioni) non riesce più ad esprimere direttori di gara adeguati al livello di questa serie A. Ed è un bel problema.
JUVI FERRARONI
Un’altra settimana contraddistinta dal doppio impegno, come sarà anche questa, si è conclusa con la JuVi Ferraroni a secco di punti, sconfitta prima in casa da Brindisi e poi in trasferta dall’Urania Milano in due partite diametralmente opposte dal punto di vista dell’andamento, ma uguali purtroppo nel risultato finale. E così si allunga a quattro gare consecutive la striscia negativa dei cremonesi di coach Luca Bechi, il cui ultimo successo risale alla convincente prestazione del 20 ottobre scorso al PalaRadi contro Orzinuovi. Da allora solo ko a Verona (-14), in casa con l’Assigeco Piacenza (-4), in casa con Brindisi (-16) e quest’ultima nello storico Palalido di piazza Stuparich (oggi rimodernato e ribattezzato Palasport Allianz Cloud), con la squadra cara alla famiglia Ferraroni ancorata a quota 8 in classifica e con le avversarie che inseguono a dare segnali di ripresa. Dicevamo di un andamento completamente opposto tra la netta sconfitta rimediata con Brindisi e quella al fotofinish con l’Urania.
Mercoledì scorso abbiamo assistito alla cavalcata wagneriana della formazione pugliese allenata da coach Piero Bucchi, arrivata a Cremona seduta sull’ultimo posto della graduatoria ma che subito ha fatto capire di essere squadra da alte vette, rimasta laggiù in fondo solo a causa della serie sfortunata di infortuni che ne ha contraddistinto il cammino nella prima parte di stagione. Brindisi, con i suoi uomini migliori – Bryon Allen, Ivan Almeida, Niccolò De Vico, Edoardo Del Cadia, Tommaso Laquintana e via dicendo – ha fatto da subito la voce grossa, sculacciando una JuVi smarrita con 61 punti nei primi due quarti (contro 41) e proseguendo poi fino ai 97 finali, con un ultimo quarto vinto dai padroni di casa (22-16 il parziale per gli oroamaranto) che evidentemente sono stati trafitti nell’orgoglio ed hanno voluto dare un segnale importante nonostante la gara fosse ormai compromessa. Malissimo la difesa per almeno 30 minuti (quella ammirata contro Orzinuovi si è rivista in parte, finalmente, sabato a Milano), ma sapete cosa vi dico? Ebbene dal PalaRadi sono uscito personalmente con la convinzione che il pesante ko subito da Lorenzo Tortù e compagni non poteva fare che bene. E in effetti contro l’Urania che viaggia sulle ali dell’entusiasmo e a spron battuto trascinata dal leader Alessandro Gentile, la JuVi Ferraroni è sempre rimasta in contatto, addirittura si è portata in vantaggio ad un certo punto della contesa, e dalla lotta spalla a spalla nel finale è uscita battuta nel punteggio ma rinfrancata nella testa. E avesse vinto, se lo sarebbe assolutamente meritato.
Giusta la soddisfazione a fine match di Luca Bechi («Ho rivisto la mia squadra, tenace, aggressiva, determinata e che può battere chiunque se gioca in questo modo»), pur con la consapevolezza che va chiusa al più presto la serie negativa e la gara di domani sera a Cento (Baltur Arena, ore 20.30) – sebbene in trasferta non sia mai facile vincere – potrebbe essere quella giusta per riprendere la marcia interrotta. Un fattore ha inciso nel periodo negativo: il gruppo di giocatori italiani è sembrato perdere un poco la bussola, forse sotto il peso della responsabilità cresciuto di pari passo con l’ottimo avvio del campionato, risultato probabilmente inaspettato visto l’imponente restyling estivo del roster. Un gruppo di ragazzi che si è amalgamato nel migliore dei modi in breve tempo e che già in preseason aveva dimostrato di avere un’anima, non solo per l’ottimo lavoro svolto dallo staff di coach Bechi ma perché ognuno di loro è in possesso delle qualità tecniche e umane per fare bene. La JuVi non è certo partita quest’anno per raggiungere obiettivi elevati, ma ha comunque tutte le carte in regola per giocarsela con chiunque e lo ha già ampiamente dimostrato, potendo contare su due stranieri che non sono prime donne ma che all’occorrenza lo possono diventare grazie alle capacità tecniche, anche se la forza viene dal collettivo.
Domani sera a Cento con la Sella di Carlos Delfino e domenica (ore 18) al PalaRadi con la forte Real Sebastiani Rieti, è tempo di riscatto.
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