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26 luglio 1956

Si diceva che prima di S. Anna 7 persone morivano annegate

Luglio 2020

Si diceva che prima di S. Anna 7 persone morivano annegate

I vecchi cremonesi, ricorderanno ancora un proverbio che oggi è caduto di moda: «Sant'Anna, si diceva, vuole sette annegati». Con questa frase popolare, si intendeva dire che verso la fine di luglio, a metà, cioè, dell'estate, le vittime delle acque del Po erano già numerose.

Sarà perchè la prudenza è accresciuta; sarà perchè più numerosi sono quelli che sanno nuotare; ma un fatto è certo: la festa di Sant'Anna ricorre proprio oggi, e di annegati in Po, per gran fortuna, non ve ne sono ancora stati. E auguriamoci vivamente che non ve ne siano.

Certo che per evitare disgrazie, bisognerebbe prestar molta attenzione a tante cose. Non avere esperienza delle acque, delle correnti, dei gorghi, della forza delle onde, delle imbarcazioni a remi o a motore, della natura del letto dei fiumi, delle loro rive, del fondo melmoso dei laghetti e delle cave, non avere imparato a nuotare e per di più essere spavaldi e incoscienti e rifiutare il consiglio dei più esperti o dare una alzata di spalle davanti ai cartelli avvisatori di pericolo, sono le cause per cui perdono la vita tante persone, per la maggior parte in giovane età, durante l'estate.

Quanto ai bambini, c'è chi li considera dei piccoli irresponsabili, e allora debbono essere sorvegliati, c'è invece chi pensa che dopo i 6 o 7 anni debbano sapersi difendere dal pericolo, e allora è necessario istruirli e crescerli ubbidienti.

Nella vasta azione di propaganda antinfortunistica che l'ENPI (Ente Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni) svolge anche in collegamento con le scuole elementari e con le colonie estive, sono state anche quest'anno rinnovate le raccomandazioni educative intese a prevenire questo pericolo, ma troppe volte si deve lamentare l'esempio dannoso degli adulti che troppo spesso si comportano male.

È necessario, dunque, collaborare attivamente nella lotta contro le maggiori cause di questo infortunio diffondendo gli avvertimenti con tanto più zelo quanto più possibile sia l'occasione di una disgrazia.

— È pericoloso, a esempio, attraversare i fiumi, perchè si può capitare in un punto insidioso segnato da un apposito cartello sulla sponda opposta a quella dalla quale si è partiti, dove il cartello non era perciò visibile.

— È pericoloso allontanarsi troppo dalla riva quando non si conosce bene la propria resistenza al nuoto. Spesso avviene che l'inesperto nuotatore non ce la fa più a compiere la strada del ritorno, si agita, è preso da malore e cede.

— È pericoloso avventurarsi in correnti fredde che si incontrano improvvisamente nei fiumi. Esperti della vigilanza fluviale spiegano come in questi casi possono crearsi dolorosi crampi.

— È pericoloso saltare da trampolini, moli, scogli, ecc., senza la sicurezza che la profondità dell'acqua sia sufficiente.

— È pericoloso salire in troppi sulle imbarcazioni.

— È pericoloso fare il  bagno durante la digestione.

— È pericoloso non leggere cartelli avvisatori di pericolo e non attenersi alle norme scritte.

— È pericoloso lasciare ragazzi e bambini incustoditi o affidare i piccini ai più grandicelli. Ci sono le colonie climatiche dove i ragazzi trascorrono un mese, mentre le vacanze durano da giugno a settembre.

— È pericoloso lasciare senza copertura pozzi e cisterne anche questi sono troppo spesso luoghi di annegamento.

— È pericoloso tenere in terra mastelli d'acqua, dove i piccini, possono incorrere in gravi disgrazie.

Nella stagione estiva, ogni anno si deve lamentare l'annegamento di numerose perone, specialmente ragazzi, nelle acque di stagni o di cave.

Non si sa che il pericolo non è costituito tanto dall'acqua, che in questi posti è quasi sempre abbastanza bassa, quanto dalla melma del fondo dalla quale il bagnante viene inghiottito.

L'infortunio è quasi sempre mortale, perchè quando il malcapitato intuisce il pericolo e grida al soccorso, anche se viene udito, non può essere messo in salvo perchè per estrarre una persona che affonda nella melma degli stagni o delle cave, occorre una forza pari a 52 volte il peso della persona stessa. E così purtroppo anche il generoso soccorritore si espone quasi sempre allo stesso rischio e le stesse conseguenze.