19 gennaio 1991
Gennaio 2020
L'allarme nel «bunker» situato sotto il ministero della Difesa dell'Arabia Saudita a Riad (dove ha sede il Comando del controllo aereo della forza multinazionale nel Golfo), è scartato alle 3,30 ora locale: uno degli otto «Tornado» italiani, che si erano alzati in volo per una missione notturna, era scomparso in territorio kuwaitiano. Alle 6,45 ora italiana, la conferma da parte dell'aeronautica militare e la precisazione che «non si hanno notizie dell'equipaggio costituito dal pilota, maggiore Giammarco Bellini, e dal navigatore, capitano Maurizio Cocciolone».
Il cacciabombardiere scomparso, era stato l'unico a proseguire nella missione sul Kuwait, mentre gli altri «Tornado» italiani erano stati costretti a rientrare alfa base di Al-Dhafrah. La missione — ha spiegato il sottosegretario alla Difesa, Clemente Mastella, nella sua esposizione alla Camera in sede di commissioni — era iniziata alle 23,45, ora di Roma: si trattava di colpire alcuni depositi di armi e sistemi di telecomunicazioni nel Kuwait. Gli otto «Tornado» volavano protetti dall'ombrello radar degli «Awacs», da caccia di scorta e da velivoli per la soppressione della contraerea irachena: uno è dovuto rientrare subito alla base per problemi al carrello; successivamente anche gli altri sette «Tornado», hanno interrotto la missione a causa delle condizioni meteorologiche caratterizzate da forti turbolenze.
«Ci sono ancora speranze di trovare in vita i due piloti del 'Tornado' disperso»: ha affermato a sua volta il presidente della Commissione difesa, onorevole Raffaele Costa. Costa, ha aggiunto che gli esperti avanzano tre ipotesi: «il 'Tornado' potrebbe essere stato costretto ad un atterraggio di emergenza per carenza di carburante, potrebbe essere stato colpito o aver subito un'avaria. In tutti e tre questi casi — ha aggiunto Costa—i piloti potrebbero essere paracadutati dal 'Tornado' e quindi essere salvati. In questo momento, potrebbero trovarsi in qualche zona desertica».
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