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5 marzo

Consip e i pericoli delle scelte romane

Vittoriano Zanolli

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06 Marzo 2017 - 10:32

Consip e i pericoli delle scelte romane

Tangentopoli è scivolata come acqua fresca sugli intrecci e le connivenze tra economia e politica. Non ne ha lavato il marciume. Negli appalti pubblici, affare fa ancora rima con malaffare. Sulle macerie delle inchieste condotte dal pool milanese all’inizio degli anni Novanta, sono sorte, più solide e ramificate di prima, le centrali che coordinano gli illeciti nelle forniture pubbliche, che fatturano circa 90 miliardi di euro. E’ un fiume di denaro troppo consistente per non ingolosire il sottobosco politico e imprenditori senza scrupoli che da sempre cercano scorciatoie per vincere le gare. Prima erano i partiti a tirare le fila, a decidere chi doveva aggiudicarsi che cosa. Oggi sono i singoli o i gruppi. Non c’è sisma giudiziario che riesca a estirpare definitivamente un cancro che si riproduce in forme più subdole e insidiose. La conferma che nulla è cambiato arriva dall’inchiesta della procura di Roma sfociata nell’arresto dell’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e nell’iscrizione nel registro degli indagati, tra gli altri, del ministro Luca Lotti. Secondo il pubblico ministero sarebbe stato organizzato un sistema per aggirare le regole d’assegnazione delle gare, coinvolgendo dirigenti della Consip che è la Centrale per gli acquisti della pubblica amministrazione, un organismo sorto per mettere ordine nella giungla degli appalti. Il nome Consip è diventato famigliare ai cremonesi il mese scorso quando Citelum, società appartenente al gruppo Edf, ha vinto la gara per l’illuminazione pubblica cittadina.
Ha sorpreso e infiammato il dibattito politico lo sbarco dei francesi a Cremona, diventata una delle roccaforti di A2A dopo la recente acquisizione di Lgh da parte della holding bresciano-milanese. Citelum ha battuto il progetto presentato da Linea Rete Impianti e di fatto prende il posto dell’Aem nella gestione dell’illuminazione cittadina. Analoghe polemiche erano scoppiate a Piacenza, dove la medesima società transalpina si è aggiudicata l’illuminazione pubblica che dal 1947 faceva capo all’Enel. Tra le due sponde del Po è rimbalzata la domanda: è mai capitato che una società italiana abbia vinto un appalto pubblico in Francia? Sul successo di Citelum ha pesato la prescrizione dell’Autorità nazionale anti corruzione in base alla quale un’amministrazione deve indicare il motivo che l’ha indotta a preferire un fornitore diverso da quello individuato dalla Consip. Quale sindaco, assessore, consigliere si accollerebbe l’onere di doversi giustificare e correre il rischio di vedersi incriminato per avere scelto un progetto presentato da una società diversa da quella indicata da Consip Servizio Luce? E’ comprensibile che a Piacenza e a Cremona si sia deciso di percorrere la strada maestra indicata dal ministero delle Finanze dal quale la Centrale per gli acquisti dipende. Ma l’obbligo morale di seguire un certo percorso nell’assegnazione degli appalti produce un effetto distorsivo del regime della libera concorrenza. Lo dimostra il caso dei francesi della Citelum che, passando da un avamposto all’altro, potrebbero presto trasformarsi da sfidanti in monopolisti nel campo dell’illuminazione delle città italiane. La Consip nacque vent’anni fa per permettere allo Stato di risparmiare, cosa che è avvenuta, ma il malaffare ha trovato il modo di incunearsi anche lì. Si sa, le buone intenzioni lastricano le vie dell’inferno perciò bisogna dubitare delle indicazioni che arrivano da Roma, soprattutto quando sacrificano progetti presentati da aziende locali.

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