21 Novembre 2016 - 10:43
E’ una poltrona che scotta quella del presidente dell’Istituto superiore di studi musicali Claudio Monteverdi di Cremona. Stefano Allegri ha resistito due anni. Gianni Mainardi e Adriana Conti, che l’hanno preceduto, hanno danzato più a lungo sui carboni ardenti, poi hanno gettato la spugna. Tutti e tre hanno in comune la professione: sono imprenditori. Immaginiamo quanto sia difficile per chi guida un’azienda e lavora nel settore privato relazionarsi con i pubblici amministratori. Operano in mondi diversi, per molti aspetti impermeabili tra loro. Non a caso chi dei tre ha mostrato maggiore resistenza è Mainardi, già politico e amministratore di lungo corso, conoscitore di mentalità, tempi e procedure che spesso confliggono con quelle di un industriale. Nonostante le difficoltà ambientali, Allegri è riuscito a lavorare proficuamente e a ottenere risultati lusinghieri grazie alla piena collaborazione del corpo docente e del direttore Loris Pezzani tant’è che da un cronico passivo di bilancio si è passati a un attivo consistente, circa 242mila euro, ottenuto con le buone prassi aziendali: tagliare le spese e riorganizzare i corsi senza diminuire la proposta formativa. Questo risultato è stato raggiunto nonostante il contributo annuo comunale sia sceso da 650mila a 500mila euro. La musica è cambiata con Andrea Cigni, successore di Pezzani. E’ probabile che tra presidente e direttore sia mancata da subito l’intesa indispensabile. per collaborare. Ma che senso ha nominare un imprenditore alla presidenza dell’Istituto pareggiato se gli si impedisce di applicare le più elementari regole di gestione aziendale?
L’industriale di turno serve solo per la sua rete di relazioni e conoscenze, utile a ottenere contributi? O viene nominato anche per portare le sue idee e la sua esperienza all’interno della scuola? Allegri ha capito che gli si chiedeva di avallare decisioni prese da altri e soprattutto che il direttore era intoccabile. Si è trovato solo quando ne ha contestato le prolungate assenze. Ha dovuto prendere atto della «smisurata e incondizionata simpatia per il direttore e di un diverso approccio ai problemi gestionali» come si legge nella lettera di dimissioni inviata al consiglio d’amministrazione e al ministro dell’Istruzione dal quale dipende la sua nomina. Allegri ha maturato la decisione di lasciare l’incarico nel corso di una turbolenta riunione del consiglio d’amministrazione, dopo uno scontro col sindaco di Cremona che lo ha sostanzialmente sfiduciato. Ha fatto proprie le ragioni del direttore e posto il presidente di fronte all’aut aut: o ti adegui o te ne vai. E’ un fatto inaudito, per le modalità in cui s’è compiuta la rottura e soprattutto per le ragioni ad essa sottese. Viene umiliato e posto nelle condizioni di andarsene un presidente che ha fatto quadrare i bilanci. La politica, nella persona del sindaco, subordina la buona gestione, che dovrebbe prevalere nelle decisioni di ogni amministratore, ad altre valutazioni, peraltro oscure. E’ una sconfitta di un politica, di una politica autoreferenziale che si sbarazza di un presidente benché abbia ben operato. Il caso dell’Istituto Monteverdi di Cremona richiama per alcune analogie il congedo forzoso del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, reo di volere svolgere l’incarico per il quale era stato ingaggiato. Doveva limitarsi a fare i conti, da buon ragioniere, senza suggerire soluzione. E Allegri era tenuto a firmare le delibere di consiglio. L’importante, in entrambi i casi, era non disturbare il conducente. E’ la cattiva politica che prevale sulla buona amministrazione. Chissà se in municipio dove prevale l’autoreferenzialità qualcuno s’è accorto della gravità dell’accaduto. Coraggio, avanti un altro. Ma chi s’azzarderà a sostituire Allegri?
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