22 Ottobre 2025 - 09:02
CREMONA - «Sono un cremasco. Sono a Cremona: mi scoppia il cuore dall’emozionA. Ma cosa faccio con l’italiano? Va beh, d’accordo, sono un po’ anziano». Scrive così Beppe Severgnini sul grande libro rosso delle dediche. Chi calca il palcoscenico del teatro Ponchielli lascia così la propria impronta nella storia del teatro cittadino. Per Severgnini è la prima volta, e ne è entusiasta: «È un posto meraviglioso» esclama, tessendo le lodi dello staff che l’ha accolto. Un ritorno a casa, per Severgnini, che, cremasco fino al midollo, ha fatto i primi passi nel giornalismo proprio sul quotidiano La Provincia, che non ha mancato di citare: «Ho cominciato nel 1979 con l’allora direttore Mauro Masone, che ringrazierò sempre».
Il nuovo libro di Severgnini s’intitola Socrate, Agata e il Futuro. Un breviario per invecchiare bene. Il cremasco è molto chiaro: «Invecchiare non è divertente. Invecchiare è un disastro». La ricetta è la gentilezza, per affrontare «l’ultima ‘vacàda’», come la chiamava il nonno Severgnini nato a Offanengo. Il padre invece sottolineava che «l’alternativa è peggiore». Tranchant, sì, ma del resto «l’Inps la chiama pensione di vecchiaia, non pensione di ‘Beppe come ti trovo bene’».
Insegnare a invecchiare bene, dunque, è l’obiettivo che il libro si propone. Ma intanto ecco come riconoscere l’invecchiato male: parla della schiena; chiede più volte al giorno dove ha lasciato gli occhiali; indossa il borsello; ammira pantofole nelle vetrine; si sente umiliato in palestra; a cena parla del pranzo e a pranzo immagina la cena; torna sul posto di lavoro dopo la pensione; blocca il marciapiede a Milano mentre invia i messaggi. L’umaréll come categoria filosofica. A Milano, lo sa bene Severgnini, sono migliaia. Anche l’umaréll si è evoluto e si è aggiornato: «Non si limita a guardare il cantiere e dare consigli non richiesti: l’umaréll 2.0 fa anche i video!».
Come invecchiare bene? L’eleganza, la gentilezza, la grazia, la pazienza. Perché invecchiare bene? Per lasciare qualcosa alle «Agata». Così si chiama la nipotina Severgnini. «Agata ti salva la vita». È lei a osservare un orrendo busto di Socrate, ignorando Aristotele e Platone. Comincia a parlare con lui, chiamandolo per nome. Sulla testa gli infila un palloncino scoppiato con due orecchie da coniglio. «I bambini illuminano gli oggetti e dunque la nostra vita. Portano disordine e lungimiranza. Non rappresentano il futuro: lo sono».
Le cassette, l’autoradio, il telefono a disco: sono gli oggetti conservati nel «museo del passato prossimo». Cosa lasciare alle nuove generazioni? Forse un manuale d’amore. Due morose, da ragazzo: una a Soresina e una a Orzinuovi. Tra Crema e Soresina «il Nebraska», tra Orzinuovi e Soresina «il New Jersey: l’educazione sessuale al tempo la facevamo nelle Fiat 127, non a scuola». Ad accompagnare il viaggio (nel passato e verso il futuro) di Severgnini sono le note eseguite dal vivo dal White Socks Quintet. Il repertorio è tutto vintage, e sulle note di Somewhere over the rainbow non possono che riecheggiare le pagine di Fenoglio, da «Una questione privata». Una giovinezza stroncata troppo presto, quella di Milton, giovane vecchio. No, l’alternativa alla vecchiaia non è auspicabile. Alla fine della serata, tanti fan in foyer ad acquistare le copie del libro e a chiedere una dedica. «Spesso — scherza — le mogli chiedono dediche per se stesse: ‘A Giulia, per sopportare Alfredo’».
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