IL FESTIVAL DELLA GIARDINIERA
30 Agosto 2025 - 12:39
Angelo Pisani uno e due: il comico, dopo aver lavorato per anni in coppia, prima con Marco Silvestri e poi con Katia Follesa, affronta il palco da solo. A destra, Luca Bizzarri
VILLANOVA - «Vale la pena che un bambino impari piangendo ciò che può imparare ridendo?» Si chiedeva Gianni Rodari, uno degli imprescindibili modelli di riferimento di Angelo Pisani, comico conosciuto al grande pubblico fin dai tempi di Zelig nel duo Pali e dispari e ora protagonista dello spettacolo Habemus papà, che lunedì sarà portato in scena a Cascina Pizzavacca di Soarza (ingresso gratuito) nell’ambito del Festival della giardiniera. Un racconto autobiografico che lascia spazio a un concetto di didattica-divertente, che l’artista milanese intende sviluppare ulteriormente in futuro. Salirà sul palco a partire dalle 21 e, al termine del suo show, a strappare risate al pubblico sarà anche un ospite speciale: Luca Bizzarri.
Angelo, qual è il fulcro del suo spettacolo?
«Parlo del mio essere uomo single e padre, è la mia storia in chiave comica. Racconto del rapporto con mia figlia Agata, che è bellissimo, nell’universo della scuola, dell’adolescenza, del quotidiano… chat dei genitori compresa. Coinvolgerò anche il pubblico. Una parte infatti, quella dedicata alla scelta del nome dei figli, sarà interamente basata sull’interazione coi presenti. Nei miei show, di base non esiste quarta parete e mi piace che il pubblico partecipi».
L’idea dello spettacolo è partita da un libro, Conto fino a tre… parola di papà, giusto?
«Sì, il libro è uscito diversi anni fa e lì raccontavo l’infanzia di Agata. Da lì è nata la prima idea di uno spettacolo, poi piano piano sono andato avanti nell’avventura da padre, che mi è piaciuta più di quanto immaginassi, e così il racconto è continuato. Il materiale dello show, però, non è tratto dal libro».
È salito alla ribalta in coppia, prima con Marco Silvestri e poi con Katia Follesa, ora è sul palco da solo: è più difficile?
«Sì, perché devi fare i conti unicamente con te stesso, ma la sfida è molto bella. Non rinnego certo il passato, sono molto felice del percorso fatto sia con Marco che con Katia, ma ad un certo punto ho voluto tentare questa strada prendendomi sia fatica che soddisfazioni. Sono stato per tanti anni la metà di qualcun altro, avevo voglia di appropriarmi del mio nome, di portare avanti le mie idee comiche molto precise, di mettermi alla prova».
Progetti per il futuro?
«C’è il teatro e poi sto cercando di portare avanti un progetto editoriale sulle parole».
Sui social sta già pubblicando reel incentrati sui significati differenti di parole simili: di cosa si tratta?
«Tutto parte sempre dal mio ruolo di papà. Quando mia figlia era piccola le spiegavo le lettere tramite la scomposizione delle immagini, ad esempio la pancia del nonno appoggiata contro il muro era la ‘d’. Quella cosa lì è diventata un libro per Mondadori (Ti prendo alla lettera, ndr) ed è stata la conferma che ciò che si impone a livello mnemonico diventa pesante, ciò che si insegna attraverso il divertimento invece risulta più semplice. Molte maestre mi hanno detto di avere apprezzato il libro, anche perché pensato per fare giocare i genitori insieme ai figli. Ecco l’idea è la stessa, anche se ora ho spostato l’attenzione sui più grandi. Vorrei che questo progetto sulle parole diventasse un pubblicazione, un laboratorio nelle scuole e infine un vero e proprio spettacolo. Chiamando in campo l’immaginazione si può imparare divertendosi, non a caso fra le mie fonti di ispirazione sono Rodari e Munari».
Ha anche modelli comici di riferimento?
«Keaton, Chaplin, Tati per la comicità; per la poesia e surrealtà Francesco Nuti, che è stato un grande precursore. Sono inoltre molto legato alla cultura napoletana e a Massimo Troisi».
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