IL COMMENTO AL VANGELO
13 Luglio 2025 - 05:05
Jacopo Bassano – The Good Samaritan
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10-25-37)
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“Che cosa sta scritto nella legge?”. Sembra una domanda banale, posta per verificare la preparazione di uno studente. E tutti conosciamo la rilevanza che all’epoca di Gesù aveva la Torah, la Legge fondamentale su cui si articolava tutta l’esperienza spirituale, sociale e giuridica del popolo ebraico. Gesù ha a che fare proprio con un dottore della legge, un esperto… un consulente diremmo noi oggi. Ma la seconda domanda, che rischia di passare inosservata, quasi schiacciata dalla prima, e che richiede all’interlocutore ben più di uno sforzo di memoria, è straordinaria: “come leggi?”. Ovvero: quale peso, quale taglio, quale cadenza vitale dai tu alla legge che stai ripetendo e di cui sei esperto? Ora non si tratta più solo di mettere alla prova Gesù, un po’ per vanto un po’ per invidia, ma di avvertire il contraccolpo personale di quanto si è letto e studiato. Gesù nel brano odierno lancia una contro-sfida: lui, lo sfidato da esperti che intendono metterlo alla prova e, forse, ridimensionarne l’autorità con qualche brutta figura, a sua volta rilancia. Perché si tratta di mettere mano non alla Legge in sé, ma alla sua vitalità, al suo senso più profondo e al suo obiettivo, chiedendosi se la Legge è fatta per l’uomo o, drammaticamente al contrario, se l’uomo si deve sacrificare alla Legge.
La sfida di Gesù vale per tutto quello che è umano: la legge religiosa, come quella civile, come quella morale… nessuna legge proviene solo dal cielo. A questo punto, alla luce di questa grande alternativa, si può aprire il meraviglioso affresco della parabola del Samaritano. È la storia di uno straniero, come ce ne sono tanti, spesso mal visti o pregiudicati per diversità; è la storia di uno che si imbatte in briganti, come ce ne sono tanti, ieri ed oggi, calpestati dalla violenza di fratelli che per invidia, comodo o balordaggine superano il confine sacro della vita altrui; è la storia di alcuni personaggi minori, condannati ad essere tali, figure sbiadite che semplicemente passano distratte, affrettate, incuranti, protette dai loro obiettivi anche religiosi. Come non pensare alla potentissima immagine di Van Gogh che fa quasi perdere i due religiosi sul proseguo del sentiero, mentre concentra tutta la potenza dell’opera nello sforzo del Samaritano di caricare l’aggredito sul suo cavallo? E come non pensare all’impiego che di questa parabola ha fatto papa Francesco in una sua enciclica, la Fratelli tutti, oggi scandalosamente silenziata dalle prepotenze dei grandi e dalle guerre che non accennano a placarsi?
La questione, ora come allora, è la stessa: identificare il prossimo. Di più: farsene carico. Di più: pagare di persona. Questo è il “come” che per Gesù interpreta il senso della Legge e la trasforma in desiderio di vita e non di morte. Le restituisce non il suo carattere di negazione (i “no” della morale classica…), bensì un potentissimo “sì” da dire alla vita, a qualsiasi vita, anche a quella che non si conosce.
Non è un caso che il Buon Samaritano sia una delle parabole più conosciute, commentate e, purtroppo, calpestate. Le fa da contraltare la durissima frase che secoli prima Genesi metteva sulla bocca di Caino: “sono forse io il custode di mio fratello?”, laddove la gelosia si era già impadronita di lui e lo spingeva in aperta campagna, lontano da tutti, a eliminare il “problema”.
Le comunità cristiane oggi su questa parola evangelica rischiano l’Eucaristia. Sì, rischiano: perché non è per nulla facile assumere davvero questo testo come vero, nella sua efficacia tagliente, nella sua pretesa di trasformazione della vita e della nostra mentalità. Ancora una volta il rito, che per sua natura accoglie in forma ordinata i ritmi di un popolo che ascolta, prega, si incontra…, è animato, reso vivo dalla forza incontenibile di questa parola. Non ci si può passar sopra facendo finta di nulla. Non ci si può ingannare solo applaudendola o facendosene commuovere. La chiusa di Gesù è decisiva ed inappellabile: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. Se vuoi la perfezione del profondo, ovvero se vuoi portare a compimento la tua esistenza e il suo senso, devi andare, ovvero devi attraversare le tue giornate accettando di incontrare, di essere provocato e scomodato; devi fare lo stesso del Samaritano: lo stesso sforzo, avere lo stesso sguardo che sa vedere, le stesse mani che sanno sporcarsi, lo stesso cuore che vuole contaminarsi con chi è a terra.
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