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TEATRO

«A gamba tesa in 40 anni di ricordi»

Soresina, questa sera Gene Gnocchi al Sociale con il recital ‘Una crepa nel crepuscolo’

Nicola Arrigoni

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03 Maggio 2025 - 10:55

«A gamba tesa in 40 anni di ricordi»

SORESINA - Una crepa nel crepuscolo ha qualcosa di poetico, è un titolo bellissimo e non solo per l’allitterazione che contiene e che induce alla malinconia. Ma se il titolo del recital ‘Una crepa nel crepuscolo’ si accoppia con Gene Gnocchi qualcosa non tiene, l’inatteso è dietro l’angolo, così come l’abbaiare dei cani che accompagnano la chiacchierata con l’avvocato Eugenio Ghiozzi al secolo Gene Gnocchi, che spiega il titolo dello spettacolo che questa sera alle 21 chiuderà la stagione SiFaSera al teatro Sociale.

Che cos’è la crepa nel crepuscolo? Un’immagine di grande suggestione e un poco melanconica che non ci si aspetta da Gene Gnocchi…
Sorride: «La crepa nel crepuscolo è un’ipotesi possibile, forse che ci mette al sicuro dalla nostalgia e da eventuali rimpianti. Quella crepa ci permette di guardare il nostro tempo con la consapevolezza di quarant’anni di palcoscenico».

È una sorta di bilancio di carriera?
«No, ho evitato l’agiografia. Quella crepa mi permette di entrare a gamba tesa nei ricordi – alla fine sono sempre un calciatore – e raccontare come è cambiato il mio mondo e il rapporto con il pubblico. Penso a cosa sono oggi i selfie e come hanno mutato il modo di rapportarsi con gli spettatori. Oggi fai un’ora e mezza di spettacolo e altrettanto alla fine di selfie. Poi ti chiedono di tutto: non chiudere gli occhi, di fare il video salutando nonne e zii, certe volte sembra che si sia persa la misura. Una sera un signore mi ha messo in mano un bimbo di sei mesi per il selfie e alla fine è scomparso, ho adottato il bimbo, ora ha cinque anni».

Selfie a parte, cosa ci si deve attendere da questa crepa che si apre su un crepuscolo che sembra lontano, lontanissimo per Gene Gnocchi?
«Racconto personaggi che ho incontrato davvero o non ho mai avuto modo di conoscere ma che immagino e spazio da Giovanni Muciaccia al generale Vannacci, da Milena Gabanelli, con cui non ho mai lavorato, al senso della fede dopo la morte di papa Francesco. In mezzo a tutto ciò ci sono anche le persone con cui ho lavorato, con cui ho avuto modo di condividere un percorso e una storia».

Quali per esempio?
«Beh, il sodalizio con Teo Teocoli è stato importante e ricco di risate. Peccato che oggi lui sia sempre a Ibiza, ma quando capita di rivederci è come se non ci fossimo mai lasciati. Recentemente ci hanno invitato a una trasmissione e abbiamo rivisto le nostre televendite demenziali, quella dei rotoloni Regina che non finivano mai e quella di Foppa Pedretti in cui io dicevo di aver parlato con Foppa ma non con Pedretti… Poi importante è stata la collaborazione con Simona Ventura a Mai dire Goal. Ho avuto la fortuna di lavorare in tante delle trasmissioni che hanno fatto un poco la storia della tv e della comicità sul piccolo schermo, senza mai dimenticare l’importanza del contatto col pubblico dal vivo».

Parlando di carriera come è passato dall’avvocatura al cabaret?
«È stata colpa del mio socio Stefano Galli che, vista la mia propensione alle battute, mi caricò in macchina e mi portò di peso a Zelig. Ricordo che mi ritrovai prima a fare una sorta di monologo/provino in una sala da 50 posti, e successivamente passai a quella da 200. Quelle serate erano una sorta di test che gli autori facevano ai comici emergenti per vedere se potevano funzionare. Da quel momento la mia vita è cambiata».

E quindi addio alla professione di avvocato?
«Avevo di fatto scelto giurisprudenza perché essendo il primo di sei figli e avendo fatto il classico dovevo scegliere una facoltà che desse lavoro e al tempo fare legge era una sorta di garanzia. Ma non ci è voluto molto per capire che non faceva per me. Arrivavo in studio con il volto segnato dal cuscino dopo le serate nei locali. Ho iniziato così fra alcune osterie dell’Emilia e qualche festa dell’Unità, poi Zelig e la partenza a razzo… Ho fatto poca gavetta, lo dico senza vergognarmene. Sono stato fortunato».

Che rapporto c’è fra avvocatura e comicità?
«In fondo l’avvocato deve convincere il giudice delle proprie idee, usa il linguaggio per portare dalla sua parte il giudice, gli attori fanno lo stesso col pubblico e noi comici abbiamo il compito più arduo: indurli alla risata. La cosa è un poco più complicata. Comunque non vedo l’ora di essere a Soresina, e non lo dico per piaggeria».

Per quale motivo?
«Perché ha promesso che verrà a trovarmi Danilo Bertelli che è di Soresina, era la punta del Fiorenzuola, abbiamo giocato insieme a calcio in tempi gloriosi. Ora fa i mercati e vende mutande. Gli ho detto di portarmi uno stock di mutande, così faccio la stagione. So che sarà di parola, dopotutto gli amici si vedono anche da questo».

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