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AL TEATRO PONCHIELLI

'Scene da un matrimonio', gioco al massacro quando l’amore soffoca

L'opera di Bergman convince il pubblico grazie a Fausto Cabra e Sara Lazzaro

Nicola Arrigoni

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16 Gennaio 2025 - 12:20

'Scene da un matrimonio', gioco al massacro  quando  l’amore soffoca

CREMONA - Il sipario fa intravvedere la scena: un ambiente domestico: il salotto e la camera da letto dove Giovanni e Marianna si mettono a nudo, affrontano con malcelata consapevolezza la crisi di una relazione apparentemente normale. ‘Scene da un matrimonio’ di Ingmar Bergman, martedì sera al Ponchielli, trasforma gli spettatori in voyeur, in spioni dell’intimità dei due coniugi – al secolo Fausto Cabra e Sara Lazzaro – che si ritrovano a mettere a nudo il loro matrimonio, a svelarne i segreti, i silenzi del non detto, del taciuto che rode e corrode. Si parte dal tran tran quotidiano che svela un’intimità sessuale congelata dalla presenza delle figlie.

Dai rapporti con i genitori che condizionano la vita familiare si deraglia verso un senso di soffocamento che prima sembra cogliere Marianna, avvocato divorzista, e poi deflagra in Paolo, professore universitario che si invaghisce di Paola, una 23enne.

Ma non è una questione solo di tradimento, quello che Bergman e l’adattamento di Alessandro D’Alatri portano in scena, è di più: è l’incapacità di frequentare il desiderio, l’incapacità di fare i conti con sé stessi, la prigionia di una convivenza, sostenuta dalla rispettabilità dei riti borghesi, destinata a sbriciolarsi sotto i colpi dell’insoddisfazione. Il regista Raphael Tobia Vogel rappresenta il testo di Bergman con un nitore apprezzabile e affida alle scene di Nicolas Bovey e alle luci di Oscar Frosio, una centralità visiva che ne fanno un personaggio. I due protagonisti non si limitano ad abitare quello spazio domestico in cui arredi e i movimenti contribuiscono a rendere visibile la guerra di battute e controbattute, di ricatti emotivi e sensi di colpa, destinati a confluire in una violenza subìta e cercata, in un fare all’amore che toglie il respiro. Il testo procede per scene con un loro titolo e marche temporali ben precise che scandiscono la rotta o il naufragio di quel matrimonio. Il cambiare di scena e lo scorrere del tempo sono cadenzati dal mutare di abiti e dal trasformarsi degli arredi, azioni che Cabra e Lazzaro condividono, in controluce, con una serie di servi di scena che li aiutano e li sostengono, in una danza elegante e leggera, accompagnata dalle musiche di Matteo Ceccarini, dai video di Luca Condorelli e dai costumi di Nicoletta Ceccolini. Questa sorta di disvelamento della finzione gioca su un doppio piano: quello emotivo del racconto e lo straniamento che porta il disvelamento della finzione. Ma a differenza di tanto teatro postdrammatico, in questo caso il mostrare il cambio di scena non è finalizzato a frustrare e allontanare lo spettatore, ma a renderlo partecipe della trasformazione del luogo, del tempo e dei corpi. Cabra e Lazzaro sanno essere credibili, sanno costruire i loro personaggi con controllo realistico, crescono pian piano: dall’intervista via tablet iniziale fino alla violenza finale, che preclude a una sorta di fantastico e interrogante happy end, non a caso fuori dall’ambiente domestico. I due si ritrovano dopo anni sposati, ognuno con una loro vita, nel testo di Bergman si danno appuntamento in un capanno per festeggiare il ventennale del loro passato matrimonio. Una scena che il regista pone alla ribalta, illuminata da una luce bianca che trasfigura e fa dei corpi degli attori due ‘fantasmi’ che si coccolano, si addormentano l’uno accanto all’altra, entrambi innamorati ancora l’uno dell’altra, ma, come capita per certe relazioni, incapaci di stare insieme.

Cabra e Lazzaro sanno portare con coerenza fino alla fine il gioco al massacro di Giovanni e Marianna e lo fanno con estrema eleganza e una leggerezza non priva di angoscia. ‘Scene da un matrimonio’ di Vogel è un lavoro di onesto e raffinato mestiere teatrale, che sa tirar dentro lo spettatore, farlo divertire e inquietare e per questo si conquista il meritato applauso del pubblico. Vince il teatro, vince sempre, malgrado le chimere pop che quest’anno hanno sedotto chi ha organizzato il cartellone. Lo si tenga a mente per il prossimo anno.

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