PIADENA DRIZZONA: IL LUTTO
15 Novembre 2024 - 12:33
PIADENA DRIZZONA - Le sue fotografie erano così potenti che quattro anni fa sono state più volte vandalizzate, strappate, bruciate: Giuseppe Morandi, classe 1937, è morto ieri alla casa di riposo del Vho, dove era ricoverato da oltre un anno, dopo una vita a raccontare attraverso le immagini la Bassa. Un territorio allo stesso tempo immutabili - i campi, i filari di pioppi - e antropologicamente cambiato a più riprese.
Morandi è stato fotografato, regista, autore di corto e mediometraggi, scrittore. Ha collaborato con Bernardo Bertolucci che nelle campagne cremonesi ha girato Novecento. A fare da filo conduttore ai suoi lavori, l’amore per la sua terra e per un mondo che stava e sta scomparendo. La sua opera forse più nota è I Paisan, pubblicata per la prima volta nel 1979 e testimonianza realistica del mondo contadino di allora, mai estetizzante e concentrato «sulla sofferenza degli esseri umani, ritratti nella loro fatica», come ebbe a sottolineare Arturo Carlo Quintavalle.
tina, che era «Volevo filmare i riti ancora in atto di quella civiltà. Se io ho fotografato e filmato la mia gente è perché l’ho amata e ho condiviso la sua storia e la lotta per la sua emancipazione. Meglio, ho voluto dare loro un volto e raccontare la loro vita dall’interno, perché io ero e sono uno di loro. Ho voluto fissare la loro sapienza e il loro orgoglio», disse Morandi. Molti altri progetti sono seguiti, da Quelli di Mantova a Ventunesima estate fino a La mia Africa.
Qui erano ritratti gli stessi contadini di un tempo, gli stessi gesti antichi, ma nel giro di pochi decenni era cambiato il mondo e a lavorare nei campi erano migranti africani, arrivati nella Bassa in cerca di un’opportunità di vita. Insieme a Gianfranco ‘Micio’ Azzali, Morandi aveva fondato la Lega di cultura di Piadena, a Pontirolo, e ne era stato fino all’ultimo un animatore attivo, impegnato e soprattutto coerente. Proprio lì, a casa del Micio, oggi a partire dalle 10 si terrà la camera ardente. Il funerale avrà invece luogo domenica alle 10, partendo da Pontirolo.
Che fosse con la macchina fotografica o con una cinepresa o con le parole, Morandi ha lasciato un segno importante, senza mai avere paura di farsi latore di messaggi forti e talvolta scomodi. Importante il suo sodalizio con Mario Lodi: Morandi faceva le didascalie delle sue foto in dialetto e il maestro del Vho le traduceva in italiano.
La sua intensa attività di cineasta culmina con la presentazione delle proprie opere al 52° Festival di Locarno. L’indagine di Morandi si sviluppa fin dagli anni della giovinezza attorno a temi di vita quotidiana e di lavoro, con un’attenzione particolare a chi è ai margini della produzione economica. Si evidenzia subito uno spiccato interesse per la civiltà contadina: dalla sua emancipazione al suo tramonto, senza nostalgia ma con estremo rigore. E con una grande vicinanza ai soggetti - davvero soggetti, persone vere - da lui ritratti.
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