30 Giugno 2024 - 12:19
‘Miss Hula Hope’ stampa digitale (2017)
CREMONA - Si intitola ‘Night-more’, gioco semantico sul significato delle parole incubo e desiderio, figlie di notti visionarie, la mostra fotografica del piacentino Gian Luca Groppi che si è inaugurata ieri pomeriggio alla galleria d’arte Mangano di via Grado.
Il progetto rappresenta la sua maturità artistica e arriva dopo un periodo di stop, di interruzione, di riflessione: il bianco e nero, componente naturale del lavoro di Groppi fin dagli anni Novanta, lascia spazio alle prime incursioni del colore, grazie al quale si avvicina alla pittura e all’arte contemporanea tout court.
Dalla visione contrastata della vita, segnata dal bianco e nero, Groppi passa ad una visione più morbida, mentre le inquietudini adolescenziali sfumano in una sorta di equilibrio di pensiero.
«Un corpo di lavoro perennemente aperto e che evolverà assieme alla mia maturazione di essere — commenta l’autore —. Avevo bisogno di leggerezza nella fase creativa e anche di una sorta di ‘stato di attesa’ dove le idee potessero arrivare a tempo debito, senza che sia io a crearle».
Le foto di Gruppi sono veri e propri set fotografici, l’uomo e la natura sono i due protagonisti principali.
«Prediligo il ritratto ambientato, con una connotazione molto cinematografica. Ho proprio voluto separarmi dal precedente modo di lavorare, fatto di creatività meticolosa e molto elaborata. Qui, in ‘Night-more’, c’è il desiderio di lasciarmi andare, abbandonarmi a ciò che arriva dai sogni, dalle mie visioni ipnagogiche, cioè in quella fase del presonno da dove scaturisce la creatività».
Le immagini esposte sono dunque frutto di sogni, di flashback notturni apparentemente privi di significato, e talvolta senza finale. Vengono poi elaborate nella forma del dittico, trittico e polittico che propongono riflessione, racconto aperto, analisi comportamentale.
Mentre le didascalie rivelano la passione di Groppi per le sciarade e più in generale per i giochi di parole. Come in ‘Miss Hula Hope’, ‘Attirapasseri’, ‘La ragazza in scatola’, ‘Black peonies’, ‘La ragazza con-cassetti’’.
Il primo lavoro di Groppi,‘Neogothic’, risale agli anni Novanta quando la fotografia è ancora concepita come diario in cui cercare conforto; l’inquietudine adolescenziale dark funerea lascia spazio ad una fase acerba preambolo al progetto ‘Mutazioni’attraverso il quale l’autore cambia pelle e produce opere che vivono di vita propria, non imparentate tra loro.
E svela una ironia fino ad allora forse volutamente celata. Alcune di esse sono esposte in mostra.
«Mi piace definire la sua fotografia — aggiunge il curatore Walter Borghisani — soprattutto l’ultima, la vedrei opera di un dadà rivisitato dentro una sala da tè. Luogo in cui sentirsi a proprio agio in un calmo, produttivo, stravagante, illogico confronto con la ragione».
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