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AL PONCHIELLI. L'INTERVISTA

«Politicamente corretto? Il comico è sul filo del rasoio»

Il 3 aprile Luca Ravenna sarà in scena con ‘Red Sox’: «Sono scaramantico, spiego i titoli solo all’ultima tappa»

Giulio Solzi Gaboardi

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17 Marzo 2024 - 05:05

«Politicamente corretto? Il comico è sul filo del rasoio»

Luca Ravenna

CREMONA - Milanese, classe ’87, Luca Ravenna è una delle più rilevanti figure della stand-up comedy italiana. Ha ottenuto il successo con il grande pubblico prima partecipando a ‘LOL’, il programma prodotto da Amazon Prime che univa alcuni dei più famosi comici italiani, da Frank Matano e Angelo Pintus a Elio e Lillo Petrolo, poi collaborando con Edoardo Ferrario al Cachemire Podcast, campione di ascolti sulle piattaforme streaming. Con decine di sold out alle spalle nei principali teatri italiani, Luca Ravenna torna sulle scene con il suo nuovo spettacolo, ‘Red Sox’, sbarcando a Cremona il 3 aprile alle 21 al teatro Ponchielli.

Pronto per il tour?
«Non vedo l’ora di tornare sul palco, perché, come leggevo una volta sulle biografie degli attori comici che mi piacevano: ‘È l’unico luogo dove mi sento sicuro e riesco a calcolare la vita’».


Ha ammesso di non essere mai stato a Cremona. È contento di venirci?
«Penso di esserci passato da piccolo solo una volta, ma non ricordo nulla. Poi, ogni volta che si visita un posto nuovo in Italia è sempre una bella esperienza, e Cremona è rinomatamente molto bella».

Con i suoi ultimi tour ha avuto modo di esibirsi davanti a grandi sale, come sarà quella del teatro Ponchielli. Ma uno dei tratti caratterizzanti della stand-up è proprio il rapporto con il pubblico in sala. Come cambia un’esibizione tra una grande sala di teatro e un piccolo club?                                                                                    «Si perde un po’ l’aspetto del rapporto con il pubblico. Devi fare proprio lo ‘spettacolo’. Il paragone che mi piace usare è: esibirsi in un teatro o in una grande sala è come guidare in pista, esibirsi in un club è come guidare su una strada bianca».


Le mancano i primi tempi nei club?                                                                                                                       «Quando posso ci vado ancora, visto che è un modo per provare i pezzi che servono poi a costruire uno spettacolo».


Prima Rodrigo, poi 568, ora Red Sox. Sempre dei titoli enigmatici per i suoi spettacoli. Ci vuol spiegare perché Red Sox?
«Sono molto scaramantico. Non spiego mai il titolo dei miei spettacoli fino all’ultima data».

Di sicuro è un titolo che rimanda agli States, dove tra l’altro è stato di recente. Proviamo a fare un confronto tra la scena comica italiana e quella internazionale, che vanta nomi come Louis C.K. e Ricky Gervais.                                   «La prima differenza macroscopica è la lingua. Ovviamente l’inglese rappresenta il mercato globale. D’altro canto, essendo un mercato globale, tutti conoscono i grandissimi, ma i comici più piccoli o medio-grandi, prima di affermarsi, tendono a limitarsi e non affrontare certi temi per i motivi culturali che conosciamo. In Italia abbiamo la fortuna di essere molto più liberi di dire quello che ci va».

Visto che ha toccato il tema della libertà, come si pone di fronte al grande tema d’attualità: il politicamente corretto? Pensa che esista un limite invalicabile?                                                                                                «Quando si parla di politicamente corretto bisogna sempre chiedersi: ‘Quando scherzo al bar con i miei amici mi pongo dei limiti?’. E la risposta è: no, perché si è in un contesto in cui gli altri sanno che stai scherzando. La bravura di un comico sta nel creare un contesto simile, in cui si comprende l’atmosfera giocosa. Sono dell’idea che si possa scherzare su tutto. L’obiettivo è quello di poter ridere di ogni cosa. Penso che la cosa più divertente di uno spettacolo sia vedere il comico ballare sul filo del rasoio. Poi, il pubblico, se si offende, ha il grande potere di non tornare più a vederti, e se non lavori, non mangi e muori».


Quali sono i temi principali del suo spettacolo?                                                                                                           «Le relazioni e l’impossibilità di vivere l’amore a 36 anni, perché non c’è tempo di viverlo. Prendo in giro alcuni aspetti della mascolinità. Infine, racconto il mio viaggio negli USA e il mio sogno di fare stand-up in America. E tanto altro…».


Nel suo caso, qual è la cosa che trova più divertente in assoluto?                                                                                  «Ho una perversione. Mi fa molto ridere quando in un bar o in un ristorante, un ragazzo fa una battuta davanti ai suoi amici con un tempo comico sbagliato e uno degli amici glielo fa notare e lo costringe a ripetere la battuta, peggiorando ancora di più la situazione. Se ci pensi troppo, sei già morto. Ed è proprio quello che succede sul palco».


LOL è stato il battesimo con il grande pubblico. Lo rifarebbe? Cambierebbe qualcosa?                                                  «Lo rifarei nello stesso modo: in silenzio in un angolo. A parte le battute, è stata una splendida esperienza. Non si dà mai abbastanza peso al fatto che venissimo da due lockdown. Fu una liberazione e per me fu una fortuna avere quell’occasione. Sono felice perché sono stato coerente con me stesso, anche in un ambiente diverso dal solito».


Chiudiamo con un invito al pubblico cremonese?                                                                                                              «Io sono cresciuto nel culto della mostarda di Cremona. Vengo a Cremona con l’idea che a Cremona si produca il cibo più buono al mondo. Io vengo con il cuore aperto: cremonesi, rispondetemi con il cuore aperto!».

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