IL PERSONAGGIO
15 Dicembre 2023 - 09:23
Il maestro Jader Bignamini
CREMA - Dal 2020 il cremasco Jader Bignamini, classe 1976, è alla guida della Detroit Symphony Orchestra, tra i più prestigiosi complessi sinfonici al mondo, nonché orchestra tra le quattro più antiche degli Stati Uniti, fondata nel 1887. L’incarico è stato recentemente rinnovato fino al termine della stagione 2030-2031, confermando il gradimento degli orchestrali per l’ottimo lavoro svolto fin qui dal maestro.
Maestro, ci vuole raccontare la sua esperienza a Detroit?
«Tutto ha avuto inizio nel 2018, quando fui chiamato per sostituire l’allora direttore dell’Orchestra, Leonard Slaktin. Diressi una Turandot in forma di concerto, qualcosa di raro per un’orchestra sinfonica. Da subito si è creato un feeling che si è rafforzato l’anno successivo, quando fui chiamato come direttore ospite per dirigere la Quarta Sinfonia di Mahler. Nel 2020 con voto unanime sono stato nominato direttore musicale. L’amore a prima vista scattato dopo il nostro primo incontro è durato. Ho un rapporto bellissimo con tutti i musicisti. Inoltre, in queste prime stagioni si sono tenute molte audizioni, che hanno apportato nuova linfa e nuove energie all’orchestra. La Detroit Symphony Orchestra è un complesso di altissimo livello e tutti vogliono dare il meglio, con una grande flessibilità di repertorio, dalla musica sinfonica all’opera».
C’è stato un momento che l’ha emozionata particolarmente?
«Più di uno. La Turandot del 2018 e la Quarta di Mahler del 2019, ovviamente, mi sono rimasti nel cuore. Poi la Sinfonia Fantastica di Berlioz, il concerto che ho diretto in occasione della mia nomina. L’anno scorso ho diretto una Seconda di Mahler che mi ha commosso. Più recentemente ho diretto la Blues Simphony di Marsalis, che abbiamo inciso nelle scorse settimane e che ha dato inizio al progetto per rilanciare tradizione discografica della Detroit Symphony Orchestra».
Ci vuole parlare del progetto?
«Questa registrazione era il primo lavoro con la casa discografica Pentatone. In cantiere abbiamo altre registrazioni nei prossimi anni. Ci muoviamo su un doppio filone: da una parte, la riscoperta di autori poco conosciuti, ad esempio Florence Price, compositrice americana del secolo scorso; dall’altra, ci rivolgiamo il grande pubblico discografico, concentrandoci su Mahler, Šostakovič e Strauss e al repertorio francese, eredità di Paray, storico direttore della Detroit Symphony Orchestra. Poi vorrei incidere la Sinfonia Fantastica di Berlioz e i Poemi Sinfonici di Respighi.
Che approccio intende avere nei prossimi anni di direzione? Quali saranno le iniziative e quale lo spirito?
«A febbraio avrà inizio la nostra prima tournée in Florida, con sei concerti tra Miami, West Palm e Sarasota. Vogliamo esportare il brand della Detroit Symphony Orchestra non solo negli USA, ma, nei prossimi anni, anche in Europa. Rivolgiamo soprattutto le nostre attenzioni alle nuove generazioni con lezioni concerto, concerti dedicati alle famiglie e un progetto dedicato a tutti i ragazzi di Detroit per permettere loro di imparare a suonare uno strumento. Un altro aspetto importante è lo streaming: la nostra è l’unica orchestra che durante la pandemia ha eseguito online tutto il programma della stagione, in anticipo rispetto a tutte le altre realtà».
Ritiene che ci siano differenze tra le istituzioni musicali italiane e quelle internazionali? Se sì, quali?
«C’è una sostanziale differenza nella gestione. Quasi tutte le orchestre americane si autofinanziano, basandosi sulle donazioni dei privati, quindi c’è una grande partecipazione dei musicisti al progetto. Non è facile perché servono tanti soldi, ma chi partecipa come sponsor vive l’orchestra da vicino e partecipa alla sua vita, anche come pubblico».
Cosa significa per lei la sua terra d’origine?
«Mia moglie è cremonese, quando non sono via per lavoro, abito a Scandolara. Amo tornare e ritrovare sempre l’italianità, trovare il tempo per gli amici e la famiglia. Mia moglie ha creato e gestisce la banda giovanile di Scandolara, in cui suonano i miei figli. Tutti in famiglia viviamo la musica da vicino».
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