10 LUGLIO 1944- 10 LUGLIO 2023
10 Luglio 2023 - 08:53
CREMONA - Doveva essere una giornata normale, quanto normale può chiamarsi una giornata che vive la quotidianità della guerra. Quel 10 luglio 1944, era un lunedì, la stazione ferroviaria di Cremona, il quartiere Sant’ Ambrogio e porta Milano, vennero colpiti da un terribile bombardamento, senz’altro il più duro tra i numerosi che subì il nostro territorio nell’anno che precedette la fine della seconda guerra mondiale.
Alle 10,44 suonarono le sirene dell’allarme. Troppo tardi per mettersi in salvo nei rifugi. Le bombe, in sei ondate successive, caddero praticamente in contemporanea ai primi avvisi dell’imminente pericolo in arrivo dal cielo. Gli aerei americani B17, le cosiddette Fortezze Volanti sganciarono almeno una cinquantina di ordigni di medio e grosso calibro, obiettivo la stazione, lo scalo ferroviario con la vicina zona industriale. Furono duramente colpiti invece porta Milano e via Palestro, l’arena estiva Auricchio, il cimitero, il mulino Rapuzzi al bivio della strada per Piadena-Olmeneta, i campi di mais oltre la Cremonella, via Sauro, la Cavalli e Poli, via San Francesco.
Il cessato allarme suonò attorno alle 13 e subito ci si rese conto con sgomento dell’inferno caduto sulla terra: si contarono ben 132 vittime, 119 civili, poco meno di un centinaio i feriti. Tra la Cremonella e la via San Francesco d’Assisi morirono almeno 20 ferrovieri. Una nebbia fittissima, un cavallo sventrato, bici abbandonate in fretta e furia trasformate in un groviglio di metallo, case crollate, rifugi devastati, morti e feriti sul selciato, negozi sventrati, tetti scoperchiali, crateri, macerie, strade e piazze sconvolte. Un silenzio allucinante, rotto dal lamento dei feriti e dalle invocazioni dei sopravvissuti imprigionati tra le macerie, gravava sulla zona. È subito gara di solidarietà.
Padre Albino, frate cappuccino di via Brescia, con i confratelli Gregorio e Feliciano è fra i primi a giungere a porta Milano. Accorrono vigili del fuoco, militari, medici, infermieri e tantissimi volontari. Le camere mortuarie di ospedale e cimitero sono insufficienti, le ultime bare vengono allineate sotto il grande cedro del Libano all’ingresso del cimitero.
«La viltà dei liberatori anglo-americani ha infierito contro inermi cittadini», scrive il Regime Fascista di Roberto Farinacci ammettendo che «si lamentano numerosi morti e moltissimi feriti, in gran parte donne e bambini» e annunciando una donazione di 5 mila lire alla famiglie delle vittime.
Nella prima mattina di mercoledì 12 luglio in cattedrale si svolgono in modo frettoloso i funerali alla presenza di una folla ammutolita e sgomenta. L’arcivescovo Giovanni Cazzani mentre «con la voce rotta dal pianto, prega per la cessazione delle ire fratricide e delle rappresaglie devastanti, per la vittoria dell’amore sull’odio», fa affiggere sui portoni delle chiese cittadine un avviso che non dà molte alternative: «La frequenza degli allarmi non consente lunghe funzioni».
Lino Camozzi, sei mesi di vita, trovato con il dito in bocca, fu la vittima più giovane, morto con la sorellina Ivana, 4 anni, accanto; Fioretta Doria ed Enzo Pradella avevano cinque anni, Gianfranco Rossi dieci. Altri ragazzi morirono o rimasero feriti, altri orfani. Al suo primo bombardamento dopo oltre quattro anni di guerra, Cremona pagava così un alto tributo di sangue. Altri bombardamenti sarebbero avvenuti, ben 23, in quegli ultimi scampoli di conflitto, ma nessun altro sarebbe stato così drammatico.
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