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TORRE DE' PICENARDI

‘Amuka’ di Antonio Spanò trionfa al teatro-cinema SOMS

L'opera si interroga sulla situazione alimentare della Repubblica Democratica del Congo: miglior film della prima edizione del Festival Internazionale del Documentario Urbano e del Cinema Ambientalista

Davide Luigi Bazzani

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davideluigibazzani@gmail.com

10 Marzo 2023 - 11:50

‘Amuka’ di Antonio Spanò trionfa al teatro-cinema SOMS

TORRE DE’ PICENARDI - ‘Amuka’, il documentario di Antonio Spanò che si interroga sulla situazione alimentare della Repubblica Democratica del Congo, chiedendosi quando il Paese sarà in grado di raggiungere la sovranità alimentare, è risultato il miglior film della prima edizione del Festival Internazionale del Documentario Urbano e del Cinema Ambientalista, promossa dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso. Il premio speciale della giuria è stato assegnato a ‘A noi rimane il mondo’, l’opera di Armin Ferrari sulla Wu Ming Foundation. Il premio del pubblico è andato invece a ‘Voci d’acqua’, il Po raccontato con le immagini di Fabio Pasini.

I riconoscimenti sono stati assegnati nel corso del gran galà finale che si è tenuto nel teatro-cinema SOMS. Il presidente del sodalizio torrigiano, Giacomo Volpi, ha espresso la sua soddisfazione per l’esito dell’iniziativa: “Abbiamo proposto 22 film documentari provenienti da tutta Italia e dall’estero e il pubblico non è mai mancato, in questo spazio rinnovato che abbiamo riaperto il 15 ottobre scorso. Questi numeri ci costringono ad organizzare una seconda edizione. Ringrazio il Comune di Cremona che ha finanziato l’iniziativa e in particolare Luca Burgazzi, ma anche il Comune di Torre, i partecipanti, i volontari dell’associazione che hanno preparato la sala ogni volta, e i giurati: senza il loro impegno non avremmo avuto lo spessore che abbiamo dato a questo festival”.

Si è quindi passati alle premiazioni. A porre domande agli autori delle opere sono stati i giurati. Hanno iniziato Annunciata Camisani e Pierluigi Bonfatti Sabbioni con Pasini. “Penso che si debba valorizzare il territorio - ha detto l’autore - partendo dal dovere che abbiamo rispetto alla natura, cioè di preservarla”. Secondo il regista occorre avere un’ottica equilibrata nei confronti del Po: “Occorre trovare una mediazione tra l’esigenza di ‘prelevare’ un po’ di economia dal grande fiume, e penso ai pescatori professionisti, e quella di mantenerlo integro”.

Carmine Caletti e Fabio Guerreschi hanno dialogato con Roberto Cavallini, produttore di ‘A noi rimane il mondo’, che racconta le ramificazioni del lavoro creativo di Wu Ming, il collettivo italiano di narratori militanti e d’avanguardia, e le esperienze emerse dal loro impegno attivo nel plasmare una diversa narrazione degli ultimi vent’anni di contro cultura e lotta politica in Italia. “Fare un documentario con protagonisti invisibili è stata una sfida”, ha detto Cavallini. “Abbiamo voluto creare un affresco di quel che fanno. Condensare tutto in 78 minuti non è stato facile. Abbiamo iniziato a girare il 6 marzo 2020 e con il Covid ci siamo poi bloccati per sei mesi”.

Alla presidente di giuria Dorotheba Burato e a Fabio Ceci, l’architetto che ha progettato la riqualificazione del teatro, il compito di interloquire con Spanò. “Mi emoziona molto stare qui - ha esordito -. Il film, con produzione belga, narra la storia di cinque contadini, coltivatori di caffè, riso, olio di palma, allevatori di mucche che soffrono le conseguenze della cattiva amministrazione congolese. Persone semplici e povere che affrontano lotte quotidiane per mantenere e migliorare la propria condizione. E pensare che la Repubblica Democratica del Congo potrebbe nutrire 3 miliardi di persone ogni anno eppure 13 milioni congolesi soffrono la fame. Il paese è pieno di risorse naturali e materie prime che però non vengono correttamente valorizzate e gestite”. Il regista, che ha fatto tutto da solo insieme ad un fonico, ha dovuto superare diverse difficoltà, come scappare dai ribelli armati. “Ho iniziato a girare solo dopo essere stato insieme ai contadini per venti giorni, per conquistare la loro fiducia. Poi hanno iniziato a raccontare. Il film è semplice e potente al tempo stesso proprio per i racconti diretti dei protagonisti. Io volevo fare un film positivo e nei contadini c’è comunque tanta speranza”.

Al termine la presidente di giuria ha letto un breve commento per ognuno dei 22 film in concorso: “Il compito di giudicare è stato arduo, perché tutti i film avevano ottime qualità. Abbiamo fatto lunghe sedute per raggiungere l’accordo, una è durata un giorno intero. Ma è stato molto bello e non vedo l’ora di ripetere l’esperienza”.

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