10 Gennaio 2023 - 14:11
Filippo Poletti
CREMONA - Fine inverno 2020: il mondo si ferma, il tempo di ognuno è scandito dall’urlo delle sirene, le case diventano rifugio/prigione, la paura accompagna ogni gesto. Il mondo si ferma e per qualcuno è invece occasione di rinascita, è un’opportunità di rimettersi in gioco e di costruire un percorso che permetta di dare una svolta alla propria carriera. Sono un centinaio i professionisti che in quel periodo hanno frequentato il Master in Business Administration al Politecnico di Milano.
Tra loro anche Filippo Poletti, giornalista, saggista, Top Voice LinkedIn, musicologo - ha vissuto per anni a Cremona, dove si è laureato nel 1996 con 110 e lode e la dignità di stampa - e una formazione umanistica che non gli ha impedito di buttarsi anima e corpo su studi tecnico-scientifici. Raccogliendo la sua testimonianza e quelle di 100 colleghi, Poletti ha scritto il volume MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose, pubblicato da Lupetti Editori. Tutti, in piena pandemia, anziché arrendersi, hanno affinato le loro competenze alla PoliMi Graduate School of Management, un corso di alta formazione di management aziendale.
«Mi occupo di comunicazione da oltre vent’anni e come giornalista scrivo in ambito economico e finanziario - dice -. Per me frequentare l’Mba ha voluto dire approfondire temi strategici relativi all’economia internazionale, all’innovazione tecnologica, ai processi aziendali o alla catena di approvvigionamento. Volevo capire meglio e dal di dentro i meccanismi di cui tratto abitualmente. L’impegno è stato grande, in alcuni casi estremo per quel che mi riguarda perché mi sono ritrovato a studiare elementi di ingegneria pura e altre cose molto lontane dalla mia formazione. Gli altri avevano motivazioni diverse, ma per tutti sono state decisive la possibilità e la volontà di migliorare la propria carriera e le proprie competenze professionali. Per tutti è stata un’occasione di rinascita in un periodo durissimo. Ma questa è la generazione R, ‘r’ di rinascita».
«Abbiamo imparato come si governa la trasformazione digitale, come si fa innovazione radicale o incrementale, come si sviluppa il pensiero progettuale, come si mette in piedi una startup o come si gestisce il cambiamento in azienda - aggiunge -. Occorre aggiornare la propria cassetta degli attrezzi».
Senza dimenticare la sostenibilità e l’attenzione al sociale. Uno studio ‘matto e disperatissimo’ che ha impegnato per mesi persone che un certo livello di carriera lo avevano già raggiunto. L’identikit tipo degli iscritti corrisponde un po’ al cliché che si può ipotizzare relativamente ai supermanager: di età compresa tra i 27 e i 60 anni, provenienti un po’ da tutto il mondo, per due terzi uomini e per l’80 per cento di formazione economica o ingegneristica. Ma c’erano anche laureati in filosofia e un musicologo come Poletti. E trentadue donne, «decisamente delle super eroine - ammette Poletti - perché il corso era molto impegnativo e conciliarlo con lavoro e famiglia non è stato facile per nessuno, per le donne è stata un’impresa stratosferica».
Dal libro emergono tante storie, quasi a formare un romanzo corale di motivazioni, difficoltà, speranze, coraggio e determinazione. L’aver studiato durante la pandemia - per lo più a distanza, ovviamente - ha cementato i rapporti, fatto nascere amicizie che continuano tuttora. Molte analisi, molti esami sono stati frutto di lavoro di gruppo «e questo ci ha fatto diventare veramente una famiglia».
E se ogni persona ha una sua storia, qualcuna spicca e fa riflettere. Poletti ricorda, tra gli altri, Sergii Markovskyi, che raccontando la sua esperienza gli ha detto: «Mi ha anche aiutato a capire che la guerra in Ucraina, dove vivo, non è solo un disastro, ma un’opportunità per cambiare radicalmente e continuare a farlo in futuro».
Perché un’occasione di rinascita si coglie al volo ogni volta, è una forza che si ha dentro e che non riguarda solo un salto di carriera o una promozione. Ha il sapore della speranza la testimonianza di Giovanna Roversi, economista, classe 1990: «Non dimenticherò mai la lezione dedicata alla catena di approvvigionamento seguita dall’ospedale, dove poche ore prima era venuta al mondo la mia prima bimba, Bianca - ha detto -. Me la porterò nel cuore per la sensazione di famiglia, che mi hanno trasmesso i compagni e i professori, e per la forza di volontà e fisica che ho scoperto di avere».
«Un’altra storia particolare - aggiunge Filippo Poletti - è quella di Silvia Tagliafico, informatica, classe 1982, che si è iscritta alla business school il giorno stesso in cui i medici le confermarono che il cuore di Beatrice Nina batteva fortissimo nella sua pancia».
Incongruenze con l’essere musicologo? Per nulla. «Claudio Monteverdi ha saputo creare qualcosa di unico, con l’Orfeo ha rivoluzionato la storia del teatro musicale - dice Poletti, che non dimentica gli anni cremonesi -. Ha progettato un’opera tanto complessa come oggi lo potrebbe fare un manager, per di più muovendosi in un ambiente difficile come quello della corte di Vincenzo Gonzaga a Mantova. È stato davvero un grande manager».
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