12 Ottobre 2022 - 09:49
I reliquiario con le reliquie del beato Carlo Acutis
CREMONA - Per anni sono state impacchettate in un locale vicino alla sacrestia della chiesa di San Luca: il tempietto del Cristo Risorto è da tempo troppo umido e ammalorato per custodire in sicurezza le sette tele dipinte da Giovanni Battista Trotti detto il Malosso.
Nei mesi scorsi, durante la Quaresima, una di queste opere è stata esposta sopra l’altare della chiesa. Un gesto simbolico e un po’ provocatorio che padre Giorgio Viganò, economo dei barnabiti cremonesi, ha azzardato per «far vedere che l’uomo è capace anche di bellezza. Noi non siamo solo quelli che gettano bombe e uccidono, l’uomo è anche capace di creare capolavori».
L’auspicio, inoltre, era che l’esposizione della Crocifissione potesse sensibilizzare sulla necessità di un intervento di restauro atteso e rimandato da anni. Anche a un occhio non esperto, infatti, risultavano evidenti cedimenti e cadute di colore. E quando nel 2019, grazie alle Giornate di primavera del Fai, i sette dipinti furono mostrati al pubblico appoggiati alle pareti, perché in molti casi la tela non aderiva più alla cornice. Ora, finalmente, qualcosa si è mosso.
«L’ufficio diocesano ha voluto vedere lo stato di degrado per una ricognizione dopo anni di deposito», conferma don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i beni culturali.
Tuttavia, sebbene a uno stato ancora embrionale, il futuro delle sette tele del Malosso e della sua bottega è un po’ più definito rispetto alla doverosa prudenza dell’ufficialità. Infatti, i dipinti sono pronti per essere trasferiti in Curia e il restauro è una certezza. I tempi saranno lunghi e occorre pure recuperare i fondi necessari, ma l’intervento di recupero è comunque in agenda. Ancora da definire la sede finale delle tele. Molto probabile è che vengano esposte al Museo diocesano.
La loro sede naturale - l’Oratorio del Cristo Risorto, ovvero il tempietto di San Luca - è da anni in condizioni di degrado e non è adatto a ospitarle. L’ipotesi di esporre le tele all’interno della chiesa di San Luca, avanzata la scorsa primavera da padre Viganò, non piace alla Soprintendenza. E sarebbe assurdo restaurare le tele per poi riportarle in sacrestia.
L’eventuale esposizione al Museo diocesano sarebbe quindi una scelta logica, che oltretutto garantirebbe alle opere del Malosso l’adeguata e doverosa visibilità.
Nato a Cremona intorno al 1555, Giovanni Battista Trotti si è formato presso la bottega di Bernardino Campi, di cui sposa la nipote Laura Locatelli nel 1575. Avranno nove figli, tutti battezzati in Sant’Imerio. Sempre nel 1575 il nome di Trotti compare nell’elenco dei pittori appartenenti all’Universitas Pictorum e riceve in eredità la bottega di Bernardino. Tra gli altri artisti che influenzano l’apprendistato di Trotti si ricordano Camillo Boccaccino, il Pordenone, i fratelli Giulio, Antonio e Vincenzo Campi, e Bernardino Campi.
A partire dal 1580, Trotti comincia a ricevere committenze e lavora con assiduità fuori Cremona. Dalla seconda metà del decennio, Trotti è uno degli artisti più apprezzati e richiesti di Cremona, ma lavora anche a Milano, Lodi, Piacenza, Salò, fino al trasferimento a Parma presso la corte di Ranuccio Farnese, che lo nomina cavaliere.
Non è solo: lo aiuta una folta e talentuosa schiera di allievi che alimentano la sua bottega e che rendono possibile un’attività così proficua. Trotti muore a Parma nel 1619.
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