TED X CREMONA AL PONCHIELLI
28 Settembre 2022 - 09:11
Il filosofo cremonese Mauro Ceruti
CREMONA - La seconda edizione del TEDxCremona, dal titolo «Favolosa Complessità. Danzare sull’orlo del caos», si svolgerà sabato alle 17 al Ponchielli. TEDx è un programma di eventi locali ed auto organizzati che raccolgono persone per condividere un’esperienza simile a quella che si vivrebbe durante una conferenza TED (Technology, Entertainment and Design). Dieci gli interventi previsti, tra cui quello del filosofo cremonese Mauro Ceruti.
«Il cambiamento del clima, la pandemia, la guerra tornata nel cuore d’Europa hanno rivelato in modo ormai ineludibile la complessità del nostro tempo e della condizione umana globale. Hanno fatto toccare con mano questa complessità nella vita quotidiana di miliardi di abitanti della Terra. Sempre più facciamo esperienza dell’interconnessione tra le dimensioni tecnica, scientifica, demografica, economica, politica, psicologica, religiosa, nonché delle conseguenze delle accresciute interdipendenze a livello mondiale. Tutto è connesso: complesso». Parte in media res Mauro Ceruti, filosofo cremonese, ospite al TEDx Cremona al teatro Ponchielli alle 17, incontro dedicato alla complessità. «Mauro Ceruti è uno dei rari pensatori del nostro tempo ad avere compreso e raccolto la sfida che ci pone la complessità dei nostri esseri e del nostro mondo» ha scritto di lui Edgar Morin e allora pare ovvio e non scontato partire dai fondamentali per chiarire concetti e prospettive del pensare la complessità.
Iniziamo dalle basi. Come si può definire la complessità?
«Complessità è l’idea cruciale della scienza contemporanea, che a partire dal secolo scorso ha trasformato radicalmente la nostra visione dell’universo e della vita. Ma per cominciare mi piace riferirmi a uno dei più grandi scrittori del Novecento, appassionato di scienza, Italo Calvino. In un mirabile testo del 1985 dedicato alla Molteplicità, che avrebbe dovuto essere una lezione da tenere all’università di Harvard, scrisse che compito del romanzo contemporaneo era di rappresentare il mondo come un garbuglio, senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinarlo. Complesso significa che tante cose sono intrecciate insieme, a formare una unità. Dal verbo latino plectere, intrecciare, più cum, insieme».
Oggi si fa tanto parlare di complessità, ma si tratta di un concetto che spaventa e che mette con le spalle al muro molti, facendoli sentire inadatti. Come ovviare a tutto questo?
«Significa innanzitutto non confondere complesso e complicato, come spesso si fa nel discorso comune. Sono due cose molto diverse, in certo senso opposte. Siamo abituati a pensare che sia accaduto ciò che era inevitabile che accadesse. Ciò vale certo per i meccanismi complicati. Un meccanismo complicato, anche complicatissimo (per esempio un Jumbo, un aereo), è in linea di principio riconducibile alla somma delle sue singole parti, che possono essere considerate separatamente. È perciò prevedibile e controllabile».
E un sistema complesso?
«Non è la somma delle sue singole parti. È qualcosa di più, ma anche qualcosa di diverso e originale: evolve continuamente attraverso le reciproche interazioni fra le sue parti. Come nel caso di un organismo, per esempio, o anche del nostro mondo interconnesso. E la sua storia dipende anche da eventi singolari, contingenti. Ce lo insegna bene Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica».
Com’è dunque un mondo complesso?
«In un mondo complesso ciò che accade avrebbe potuto andare diversamente: possiamo ricostruire perché le cose sono andate così. Ma non era necessario che andassero così. Perciò un mondo complesso è un mondo incerto, non perfettamente controllabile e prevedibile. Perché è estremamente sensibile agli eventi contingenti e imprevisti che incontra nelle varie fasi della sua storia. È un mondo in cui i cigni neri sono all’ordine del giorno... Un evento microscopico e locale può produrre effetti macroscopici e globali. Insomma, piccole cause, grandi effetti».
Ed è quello che è accaduto col Covid?
«In un mondo complesso, una causa microscopica e locale può produrre effetti macroscopici e globali, improvvisi e imprevedibili. E questo è ciò che stiamo vivendo. Il battito d’ali di una farfalla nella regione del Wuhan, in Cina, può avere effetti importanti sul tempo che farà a Cremona e a Bergamo, e nel mondo intero, qualche settimana dopo».
Insomma, la complessità è la cifra della nuova condizione umana globalizzata?
«Siamo entrati in una nuova era della storia della Terra: l’antropocene. La Terra è un unico sistema complesso, con componenti fisiche, chimiche, biologiche e anche umane, perché l’umanità è diventata una grande forza della natura, attraverso uno straordinario aumento di potenza tecnologica e di interdipendenza planetaria».
In un mondo complesso le responsabilità individuali non rischiano di passare in secondo piano?
«Al contrario, si dilata l’orizzonte della nostra responsabilità, e si impone la responsabilità di prendere decisioni. La responsabilità si estende verso nuovi ambiti: la biodiversità, gli ecosistemi, la sopravvivenza stessa dell’umanità… Ma non è l’umanità in senso generico che sta trasformando la storia della Terra e dell’umanità stessa. No. Persone, società, culture diverse la potranno trasformare in modi diversi. La storia dell’antropocene è appena iniziata e davanti a noi esistono diversi tipi di antropocene, alcuni migliori, altri peggiori. C’è la possibilità dell’autodistruzione umana e c’è la possibilità di plasmare un futuro sostenibile. Ogni decisione diventa una scommessa, perché parte da previsioni incerte e comporta dei rischi. Affrontare l’incertezza e abitare la complessità significa non cedere alla paura e alle pulsioni securitarie, di chiusura, di separazione, di dominio. La complessità ci sfida a pensare e agire per tessere, legare, unire, federare, cosa che proprio le crisi globali (clima, pandemia, guerra) ci fanno apparire ancora più cogente».
La pandemia, il cambiamento climatico, la guerra richiedono dunque di raccogliere urgentemente la sfida della complessità, e rendono evidente quanto siano fra loro intrecciati i fili della globalizzazione biologica, antropologica, tecnologica, sociale, economica, politica...
«La sfida è quella di concepire l’appartenenza comune a un intreccio globale di interdipendenze come l’unica condizione adeguata per garantire la qualità della vita e la sopravvivenza stessa dell’umanità. I problemi dell’umanità planetaria, non conoscono i confini delle singole nazioni e delle singole aree del mondo: la stabilizzazione del clima, il mantenimento della biodiversità animale e vegetale, la transizione alle energie rinnovabili, la lotta contro le povertà e per il rispetto e la valorizzazione della dignità umana, la promozione e la cura della salute… La guerra in Ucraina influenzerà la crisi energetica che influenzerà la crisi economica che influenzerà la crisi sociale che influenzerà la crisi geopolitica che influenzerà la crisi della pace che influenzerà…
La complessità della crisi chiede di non frammentare, ma di stabilire legami fra saperi, fra culture...
«La nuova condizione umana globale, nel tempo della complessità, chiede anche di scommettere sulla necessità di sviluppare la coscienza di una solidarietà, e più ancora di una fraternità universale. Lo rivelano drammaticamente la pandemia, il rischio di una guerra nucleare globale, il pericolo di una catastrofe climatica. La fraternità è stata la promessa mancata della modernità. Ma nel XXI secolo potrà essere la protagonista, dopo che la libertà e l’uguaglianza lo sono state nei secoli XIX e XX».
Sembra un paradosso parlare di fraternità nel pieno di una guerra drammatica…
«Le crisi, anche quelle più violente e drammatiche come le guerre, nello stesso momento in cui presentano i rischi della regressione, costituiscono anche le condizioni per altri progressi. La complessità della storia ci insegna anche questo. La minaccia della regressione, dell’imbarbarimento, rigenera empatie e il coraggio di essere solidali al di là dei confini etnici, culturali e nazionali. Lo abbiamo visto con lo slancio di accoglienza dell’Europa nei confronti dei rifugiati ucraini. E la fraternità ha anticipato il diritto! Solo dopo che spontaneamente si è cominciato ad accogliere, l’Ue ha regolamentato lo status di questi rifugiati. La fraternità è stata vista sempre come inconsistente perché priva di base giuridica, ma proprio adesso che è in forte crisi il diritto internazionale, la fraternità umana universale esiste e resiste, e può innescare dinamiche politiche virtuose e resilienti. Questo perché è cresciuto il sentimento di un destino comune a livello planetario».
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