18 Agosto 2025 - 05:00
CREMONA - Altro grido d’allarme sul calo, in alcuni casi un crollo, degli imprenditori artigiani. Il report diffuso nelle scorse ore dalla Cgia di Mestre, che riporta dati aggregati e quelli, forniti dall’Inps, relativi a tutte le province italiane, non lascia molto spazio all’interpretazione, tanto che nel titolo del report è contenuta una domanda: ‘Il settore ha definitivamente alzato bandiera bianca?’.
«Negli ultimi 10 anni il numero degli artigiani presenti nel nostro Paese ha subito un crollo verticale di quasi 400mila unità. Se nel 2014 ne contavamo 1,77 milioni, l’anno scorso la platea è scesa a 1,37 milioni (-22%). Pertanto, possiamo affermare con grande preoccupazione che in due lustri quasi un artigiano su quattro ha gettato la spugna. Anche nell’ultimo anno la contrazione è stata importante: tra il 2023 e il 2024 il numero è sceso di 72mila unità (-5%). La riduzione ha interessato tutte le regioni d’Italia, nessuna esclusa.
Nell’ultimo decennio le aree più colpite da questa ‘emorragia’ sono state le Marche (-28,1%), l’Umbria (-26,9%), l’Abruzzo (-26,8%) e il Piemonte (-26%). Il Mezzogiorno, invece, è stata la ripartizione geografica che ha subito le perdite più contenute. Grazie, in particolare, agli investimenti nelle opere pubbliche legati al Pnrr e agli effetti positivi derivanti dal Superbonus 110%, il comparto casa ha ‘frenato’ la caduta del numero complessivo degli artigiani di questa ripartizione geografica. L’elaborazione condotta dall’Ufficio studi della Cgia fa luce anche su i dati cremonesi.
La provincia occupa la 28ª posizione nella classifica delle province allineate sulla base della percentuale di imprenditori artigiani persi tra il 2023 e il 2024. Cremona li ha visti passare da 9.538 a 9.047, un calo di 491 unità, pari al -5,1%. I dato è pressoché uguale a quello nazionale (-5%). Se si guarda alla testa della classifica, in vetta troviamo Ancona (-9,4%), seguita da Ravenna (-7,9%) ed Ascoli Piceno (-7,9%), Rimini (-6,9%) e Terni (-6,8%).
Nelle prime dieci province non ce n’è alcuna lombarda ma colpisce la presenza di ben province dell’Emilia Romagna: Ravenna, Rimini, Reggio Emilia, Bologna, Forlì-Cesena e Modena. A totale appannaggio delle province del mezzogiorno le ultime dieci posizioni: Nuoro, Reggio Calabria, Brindisi, Messina, Enna, Siracusa, Vibo Valentia, Agrigento, Crotone e Ragusa con percentuali che passano dal 3,3% al 2.7%.
Secondo il report della Cgia di Mestre sono a rischio le riparazioni e manutenzioni con un impatto sui servizi ai cittadini tutt’altro che insignificante. Va segnalato inoltre che il ‘crollo’ è dovuto anche è anche riconducibile al processo di aggregazione/acquisizione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. «Purtroppo, questa ‘spinta’ verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, spingendo all’insù anche la produttività di molti comparti».
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