12 Giugno 2025 - 12:54
Il capannone dismesso a Piadena in cui veniva coltivata la marijuana
PIADENA DRIZZONA - È giunta finalmente a soluzione la vicenda che, nel febbraio 2024, aveva fatto molto parlare di sé. Il blitz della Guardia di Finanza in un capannone dismesso di via Adige, nel cuore dell’area industriale del Villaggio Vecchio, aveva fatto sospettare un’operazione antidroga su vasta scala. Dopo quel sequestro – condotto nel silenzio più assoluto dalle Fiamme Gialle di Brescia e Cremona – non erano emersi ulteriori dettagli. Fino a oggi.
Dodici persone sono state arrestate a Pescara con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla produzione, traffico e detenzione di stupefacenti. L’indagine – coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri del Comando provinciale di Pescara – ha documentato l’attività di un’organizzazione criminale ben strutturata, composta perlopiù da soggetti di origine albanese.
La rete aveva base decisionale in Abruzzo, a Montesilvano e Città Sant’Angelo, ma ramificazioni operative anche in Lombardia, in particolare nelle province di Milano, Brescia, Varese – e appunto Cremona. Ed è proprio qui che il cerchio si chiude con la scoperta che quel capannone sequestrato a Piadena Drizzona non era affatto una sede secondaria: era uno dei luoghi principali di coltivazione di marijuana del gruppo.
L’attività investigativa ha portato al sequestro complessivo di 421 kg di marijuana e 2 kg di cocaina. Il gruppo criminale reperiva anche cocaina da canali lombardi, trasportandola in Abruzzo con furgoni a noleggio. Le indagini hanno rivelato come una parte dei proventi venisse regolarmente trasferita in Albania. Gli indagati usavano SIM intestate a soggetti ignari, applicazioni di messaggistica criptate e una rete logistica attenta a evitare ogni errore.
Il 29 febbraio 2024 a Piadena Drizzona si era registrato un insolito via vai di auto civetta, con agenti in borghese della Guardia di Finanza impegnati a caricare materiali su un grande autoarticolato, sotto gli occhi curiosi dei residenti. Un odore acre si avvertiva nei pressi del capannone, dove furono rinvenute numerose piante e attrezzature per la coltivazione indoor. I sigilli furono poi apposti dalla Procura di Cremona, mentre sul luogo rimasero anche uomini della sezione operativa di Rovato (Brescia) e del Nucleo mobile economico-finanziario di Cremona.
Dopo l’irruzione, il silenzio calò sulla vicenda. Nessun nome, nessun dettaglio, solo il sospetto che si trattasse di qualcosa di grosso. Oggi, con gli arresti di Pescara, il quadro si chiarisce: la coltivazione di marijuana a Piadena era solo una delle facce di un’organizzazione che gestiva un traffico nazionale, spostando tonnellate di droga tra il centro e il nord Italia e reinvestendo i profitti all’estero. Una storia di criminalità organizzata che ha toccato anche una piccola comunità padana, rivelando quanto sia capillare il radicamento dei traffici illeciti sul territorio. E lasciando, finalmente, risposte a una vicenda che per mesi aveva lasciato solo domande.
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