ADDIO PAPA FRANCESCO
23 Aprile 2025 - 05:00
Papa Francesco e Giacomo Ghisani
CREMONA - «Il Papa telefonava ai suoi collaboratori. Era nel suo stile. Di sua natura Francesco era un Pontefice che amava accorciare le distanze», racconta Giacomo Ghisani, vice direttore del Dicastero della Comunicazione fino al 2024. «La riforma del comparto della comunicazione è stata una delle due grandi azioni di cambiamento della Curia romana, perseguite fin da subito dal Papa — racconta —. Il primo passo compiuto da Francesco è stato la costituzione della segreteria per l’economia, ovvero una struttura pensata per gestire tutti gli aspetti economici della Santa Sede. Il secondo è stato la costituzione di un dicastero della comunicazione, nell’ottica di raggruppare i diversi organismi pre-esistenti, trovare una strategia comune, nell’ottica di una media company».
«La Radio Vaticana, il centro televisivo, l’Osservatore Romano, le piattaforme digitali, dieci anni fa agli albori, e la Sala Stampa, intesa come comunicazione istituzionale, dovevano far parte di un’unica struttura editoriale, lavorare seguendo un disegno comune e condiviso. Il Dicastero è uno dei più grandi della Santa Sede e ha 600 dipendenti circa. La richiesta era di una struttura in grado di coniugare i diversi linguaggi, di essere al servizio della Santa Sede e del ministero del Papa. In fondo la Chiesa si basa sulla comunicazione del messaggio evangelico, a iniziare dall’Annunciazione a Maria. Il Dicastero della Comunicazione ha preso ufficialmente il via il 27 giugno 2015».
In realtà il lavoro di progettazione ebbe inizio agli albori del pontificato di papa Francesco: «Fui nominato membro di una commissione di nove persone, guidata da lord Christopher Patten — racconta —. Si trattava di dare omogeneità, mantenendo le differenze, alla strategia di comunicazione della Santa Sede. Patten che aveva curato il viaggio nel Regno Unito di Benedetto XVI, fu l’ultimo governatore di Hong Kong prima del passaggio alla Cina e fu chiamato a dirigere la commissione dal 2013 al 2015 fino alla realizzazione del Dicastero organizzato in direzioni: generale, editoriale, tecnologica, di sala stampa e una direzione teologico pastorale chiamata a dare l’indirizzo teologico dell’azione di comunicazione».
«Ogni Papa dà la sua impronta al governo della Chiesa universale e ovviamente la comunicazione è funzionale a tale azione — continua —. Con papa Francesco sono divenuto vicedirettore generale del Dicastero per la Comunicazione. La capacità di Bergoglio di comunicare in maniera diretta, semplice, ma al tempo stesso profonda ha cambiato il modo di intendere l’azione della comunicazione mediatica nella Santa Sede, questo contestualmente all’importanza assunta dalle piattaforme digitali ma anche alla necessità di ‘aggiornare le modalità comunicative e i linguaggi. Fino a Bergoglio il ruolo, molto spesso, era di rendere accessibile e di spiegare che cosa faceva il Papa, lo scopo era di facilitare la comprensione del magistero del pontefice».
«Con papa Francesco la capacità di comunicare non solo con le parole, ma con i gesti e la mimica non aveva bisogno di mediazione, riusciva ad arrivare diretta e chiara. Questo papato non aveva bisogno di una mediazione giornalistica, ma di essere accompagnato richiamando l’attenzione sui temi chiave del Pontificato. È risultato subito chiaro che papa Francesco aveva nella sua propensione alla ricerca di un contatto fisico, di una prossimità vera con i fedeli, un aspetto che ha attraversato tutto il suo pontificato e anche le sue strategie comunicative. Credo che di questo si sia avuto prova proprio fino all’ultimo, fino al saluto di Pasqua ai fedeli».
Nelle parole di Ghisani c’è la consapevolezza di aver vissuto tre intensi pontificati: «Con Giovanni Paolo II sono stato responsabile dell’ufficio legale di radio Vaticana dal 1997 al 2005, poi con Benedetto XVI sono diventato capo delle relazioni internazionali e degli affari legali della Radio Vaticana. Benedetto XVI aveva una formazione accademica, impegnato nell’approfondimento delle problematiche legate alla fede. Ho avuto la possibilità di vivere tre pontificati differenti fra loro, quello di Giovanni Paolo II, quello di Benedetto XV e poi Francesco il cui magistero è stato caratterizzato dalle parole: inclusione, accoglienza e fraternità. Tre Pontefici che hanno dimostrato la capacità della Chiesa di aggiornarsi».
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