12 Gennaio 2025 - 05:25
La verità ora appartiene alla folla, come nell’episodio evangelico di Gesù e Barabba. Quando cioè il popolo, prezzolato dai sacerdoti, salvò il brigante condannando a morte il Rabbì mansueto predicatore dell’amore. È una delle affermazioni più efficaci e condivisibili sentite a commento della Meta-morfosi, cioè la decisione annunciata dal ceo Mark Zuckerberg «ci libereremo dei fact-checker e li sostituiremo con note della comunità simili a X, a partire dagli Stati Uniti».
Una scelta apparsa a media e analisti come l’ennesimo inchino a Donald Trump e al nuovo clima ideologico della destra, che privilegia l’assoluta libertà di espressione sulla lotta contro la disinformazione e l’odio in rete. Più che un no alla censura -questa la speciosa motivazione addotta- si tratta di un passo fondamentale a favore della disinformazione negando a professionisti del controllo il diritto di poter fare apporre ai messaggi sui social il bollino a indicare che quel contenuto è palesemente falso.
Una bufala insomma o, come più spesso si legge e sente dire, una fake news. D’ora in poi anche il miliardo di utenti tra Facebook, WhatsApp, Messenger e Instagram, saranno più soli davanti a informazioni fasulle spacciate in rete. Ci si affiderà, è vero, al sistema delle community notes introdotto da Elon Musk su X: coinvolge persone con punti di vista diversi che concordano su note che aggiungono contesto o chiarimenti a post controversi. Vale a dire la folla. Un sistema di controllo blando che non ha impedito il dilagare della disinformazione e dell’odio sulla piattaforma, dove peraltro Musk imperversa con velenosi attacchi contro leader europei. Teoricamente degli alleati. Una scelta pericolosa per cui la libertà di opinione muta geneticamente in anarchia dell’opinione. A volte perfino in licenza di uccidere.
Basta pensare a una delle ultime follie che stanno imperversando in rete, è sempre più diffusa tra i no vax e viene spacciata come salvifica: bere biossido di cloro per ‘ripulirsi’ dai vaccini. È noto che tale sostanza ha proprietà antimicrobiche ed è utilizzata nel trattamento dell’acqua e di disinfezione delle superfici; se usata in modo appropriato è sicura, ma non lo è quando viene ingerita nelle dosi suggerite online (che qui per prudenza è preferibile non citare). Delirio e follia pura, l’ha giustamente definita l’infettivologo Matteo Bassetti nel ricordare i molti utenti con danni permanenti alla salute per aver ingurgitato quel ‘depurativo’.
Ora quindi tutte le principali piattaforme social globali, almeno negli Stati Uniti d’America, sono senza freni e il prossimo obiettivo è allargare tale presunta libertà all’Europa, continente in cui fortunatamente per ora esiste una minima forma di autodifesa chiamata Digital Service Act. Normativa, come ha ricordato un portavoce della Commissione Europea, che «non ha costretto o richiesto alle piattaforme di rimuovere contenuti legali, ma solo quelli che potrebbero essere dannosi per i minori o per le democrazie della Ue».
L’obiettivo è rendere le piattaforme un luogo di dialogo civile. Un impegno tanto più necessario in quanto, come spiega nel suo recentissimo saggio ‘Emozioni e virtù’ l’epistemologa della ricerca qualitativa Luigina Mortari, uscito in questi giorni per Raffaello Cortina editore, «è un tempo faticoso, il nostro, attraversato da profonde crisi economiche, sociali e politiche che si manifestano in comportamenti relazionali difficili... in cui si rivela il disagio di vivere non solo con gli altri ma anche con se stessi. Si assiste a un aumento di aggressività e violenza nelle relazioni, che sembra riconducibile all’incapacità di gestire le emozioni. (...) Senza un’etica viva, che si costruisce attraverso un’interrogazione radicale e profondamente meditata delle questioni essenziali per l’esistere, restano solo inerti reazioni emotive: indignazioni tanto altisonanti quanto inutili, che mentre illudono il soggetto di essere presente nel mondo lo distraggono dalla sua vera responsabilità. Quello di cui abbiamo bisogno non sono istantanee reazioni emotive, ma un solido impegno nell’agire».
Il veicolo di questo moderno disagio sono soprattutto le piattaforme social. Utilizzate anche per diffondere fake news di ogni genere, alimentare teorie su complotti inesistenti, incitare all’odio e razzismo, ridicolizzare i processi democratici. L’amo viene lanciato nell’affollato oceano dei frequentatori del web e in molti abboccano. Una pratica oggi raffinatissima ma che viene da lontano quella di manipolare la folla intesa come «grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme», per dirla usando le parole di Gustav Le Bon (1841-1931).
Etnologo e psicologo, fu il primo a studiare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di identificarne i caratteri peculiari e proponendo tecniche adatte per guidarle e controllarle. In particolare con il saggio ‘Psicologia delle Folle’ pubblicato nel 1895, una sorta di manuale indispensabile, ieri come oggi, per chi voleva e vuole comprendere il comportamento della massa per dirigerla verso i propri scopi, non sempre dichiarati e spesso illeciti.
Non a caso stregò letteralmente tutti i grandi dittatori del secolo scorso. Lenin, Iosif Stalin e Adolf Hitler ne lessero meticolosamente l’opera e l’uso di determinate tecniche di persuasione nel corso della loro dittatura sembra ispirato direttamente dai suoi consigli. Anche Benito Mussolini fu un fervido ammiratore dello psicologo francese: «Ho letto tutto di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua ‘Psicologia delle folle’, opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno».
Moltitudini di persone trascinate con affermazioni fatte in modo così autoritario da essere accettate a causa del tono che le accompagna, suggestioni non corroborate da argomenti o prove logiche ma spacciate quali verità lampanti e cristallizzate in epigrammi ed assiomi, accettati per veri. Ieri era necessaria una piazza fisica, oggi è sufficiente quella virtuale, efficacissima perché raggiunge il mondo intero.
Più disarmato e solo che in passato, cosa deve fare oggi l’utente di ogni genere di social per difendersi da questa moderna ordalia e mantenere il proprio spirito critico? Anzitutto chiedersi chi possa avvantaggiarsi dall’informazione confusa, non cedere a reazioni istintive, non avere alcuna fretta di condividerla, risalire alle fonti originali, creandosi anzi un elenco di fonti attendibili. E questo vale tanto per le notizie quanto per le immagini. In poche parole, restare individui e non trasformarsi in massa. Un approccio tanto più necessario perché, come ben riassumeva Roberto Benigni in una famosa intervista, «è necessario tenere bene a mente una cosa: chi non sceglie lascia il potere alla folla. E la folla sceglie Barabba. Sempre». Con Zuckerberg & C nei panni di moderni Ponzio Pilato.
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