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LE STORIE DI GIGIO

Ornella commessa-artista, madonnara ‘autodidatta’

Zaffanelli, 68 anni di Vescovato, il talento scoperto da bambina. La svolta nel 2010 al raduno di Curtatone

Gilberto Bazoli

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25 Novembre 2024 - 05:25

Ornella commessa-artista, madonnara ‘autodidatta’

CREMONA - Il dedalo di scale della casa su più piani in stile country conduce al suo studio. Cornici, bozzetti, pennelli. «Ma il mio vero ambiente è là fuori, l’asfalto di una strada, la pavimentazione di una piazza». Due figli, 68 anni, Ornella Zaffanelli è una pittrice madonnara. «Autodidatta», precisa con orgoglio. Un orgoglio giustificato perché quella della commessa in pensione è la storia di un’artista talentuosa ma anche di una donna che ha inseguito un sogno riuscendo a coronarlo solo con le sue forze. Il suo primo tratto che colpisce è la modestia. Quasi si stupisce dell’interesse per lei. È nata a Vescovato, aveva 6 anni quando i genitori si trasferirono a Torino.

«Nel mio paese non c’era lavoro. Ho cominciato a disegnare da piccola, la prof. delle medie mi consigliò di frequentare il liceo artistico, ma allora era privato, i miei facevano gli operai e non potevano permettersi di pagare i costi dell’iscrizione. E così sono finita all’istituto di segretaria d’azienda, ma non faceva certo per me. Dopo il diploma sono andata a lavorare in un supermercato e lì sono rimasta». Ma non si è persa d’animo. «In un modo o nell’altro ho continuato a disegnare coltivando la mia passione, mi sono arrangiata. In famiglia sono stata la prima ad avere una vena artistica, a parte mio padre, Attilio, che suonava l’armonica a bocca. Una volta l’ho ritratto con il suo strumento».


A Torino ha conosciuto il marito, Luciano, friulano, e con lui è tornata a Vescovato. «Avevo 40 anni. I figli sono cresciuti, ho avuto più tempo per me e per quello che avevo dentro». Alcuni dei suoi dipinti ad olio, realizzati su vecchie persiane, ricoprono le pareti dell’appartamento, altri li porta in giro per venderli ai mercatini, altri ancora le sono stati commissionati da privati. Ma la vera svolta è arrivata nel 2010. «Una mia amica, Mara, decoratrice di ceramiche, mi ha proposto di accompagnarla a Grazie di Curtatone, il piccolo borgo a pochi chilometri da Mantova che a Ferragosto ospita il famoso raduno dei madonnari. Sono rimasta folgorata davanti a quei 150 artisti che si esprimevano piegati a terra in un caldo soffocante. Uno spettacolo che mi ha fatto decidere di tornare a Grazie l’anno dopo. Ma provandoci come madonnara».

E così è stato. «Ho disegnato il Cristo sulla croce. Ero anch’io molto tesa, un po’ per la particolarità del luogo, quel grande santuario, un po’ per la gente intorno». Da allora ha partecipato a tutte le edizioni del concorso. «Si lavora per 24 ore ininterrottamente, tranne brevi pause. Non mi fermo nemmeno la notte che, anzi, per me è il momento più emozionante. C’è un atmosfera magica che mi ispira». Lei i suoi colleghi disegnano sull’asfalto con gessetti colorati («Ne abbiamo tantissimi») creando maxi riproduzioni di quadri famosi d’arte sacra o raffigurazioni personali della Madonna.

«Sono contenta di parlare con le persone, rispondere alle loro domande. Non sempre, però, viene colta l’intensità del nostro impegno. Stare a terra, in ginocchio, sdraiati o piegati su un lato, è molto faticoso, durante il giorno si arriva a 40 gradi, abbiamo le dita che sono bollenti. A volte i gessetti si sciolgono per il calore che sale dall’asfalto. Quella passione bisogna avercela addosso. Se ho il mal di schiena, quando arrivo là il dolore sparisce». Non ha saltato nemmeno l’ultima manifestazione che ha celebrato il 50° anniversario. «Era dedicata a Dante. Il tema è stato tirato a sorte, a me hanno assegnato il Canto ventunesimo del Paradiso, quello degli spiriti mancanti. Non è stato facile, per prepararmi ho dovuto studiare la Divina Commedia».


Da Mantova l’artista cremonese è rincasata senza premi ma con varie segnalazioni e relative medaglie, ora raccolte in un angolo della sala. «Chissà perché le ho conquistate tutte negli anni pari. Spero di invertire la tendenza nel 2025». Ha partecipato a festival e concorsi che si tengono in giro per l’Italia, da Reggio Calabria a Nocera Superiore (Salerno), e a kermesse di street art all’estero come a Blumberg, in Germania, o Oyonnax, in Francia, dove si è classificata al secondo posto. Ha invece vinto, lo scorso maggio, a Brescia con la composizione intitolata ‘Tu sei con me’: un soldato ucraino che abbraccia la fidanzata. Tra loro una piccola icona che li protegge.


«Durante il resto dell’anno dipingo: ritratti, paesaggi, trompe l’oeil. È diventato il mio mestiere». Vescovato rappresenta in qualche modo un ‘caso’: meno di 4mila abitanti, due madonnare. Lei e Michela Vicini, che ha raggiunto una fama internazionale. «Siamo colleghe, è molto brava, non c’è bisogno che lo dica io, ed è già maestra». Le opere che escono dalle mani di questi artisti vengono lasciate in balia delle condizioni meteorologiche, destinate a sciogliersi al primo acquazzone.

«La nostra è una forma espressiva effimera, ma non mi interessa che il mio disegno sparisca dopo due secondi. Anzi, è bello perché significa apprezzare il momento creativo». Il suo rammarico, semmai, è un altro. «Stiamo parlando di un’arte a tutti gli effetti, ma che non è ancora riconosciuta al cento per cento come invece meriterebbe. Tanti ci vedono là, a terra, e pensano che sia una cosa mediocre. Se sono religiosa? Sì, secondo me, bisogna credere per essere un madonnaro, si deve sentire qualcosa». E avere una grande tenacia, come ne ha avuta l'ex commessa autodidatta.

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