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Un anno fa l'incidente a New York: «La mia lesione è grave, ma io non mi arrendo»

Giulia Gardani, cremonese, è stata travolta in viaggio di nozze mentre passeggiava col marito. Da allora è cominciato un vero e proprio calvario tra interventi chirurgici e momenti durissimi

Elisa Calamari

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11 Agosto 2024 - 05:24

Un anno fa l'incidente a New York: «La mia lesione è grave, ma io non mi arrendo»

SPINADESCO - Giulia Gardani non ricorda quei maledetti secondi che le hanno cambiato la vita, non ricorda l’auto che all’improvviso è piombata nello spazio pedonale travolgendo lei e il marito Matteo Maj mentre stavano passeggiando a Manhattan. Di quell’ultima sera del viaggio di nozze negli Stati Uniti la 35enne ricorda solo la tappa sull’Empire state building, la camminata «nel nostro giardinetto preferito», le chiacchiere mentre stavano per tornare in hotel. Poi il buio, seguito dal risveglio al Bellevue Hospital center di New York. A quasi un anno da quel 20 agosto, la tennista e istruttrice federale cremonese, originaria di Spinadesco e ora residente a Piacenza, racconta con comprensibile emozione i suoi 12 mesi di fatica, di interventi chirurgici, di riabilitazione e dolore. Mai rassegnazione: «Me l’ha insegnato lo sport», dice.

La cremonese Giulia Gardani insieme al marito piacentino Matteo Maj


Giulia, com’è stato questo anno?
«La data cruciale per me è quella del 13 settembre 2023, quando sono tornata in Italia dopo l’incidente. È lì che ho compreso appieno le mie condizioni ed è lì che è iniziato il mio lungo percorso, ancora aperto, nel tentativo di migliorarle. Ho subito una lesione cervicale molto alta, che in gergo si definisce C5, dunque ho una tetraplegia e anche le mani sono compromesse. Sono stata per nove mesi al Niguarda di Milano, poi un mese e mezzo all’Unità spinale di Fiorenzuola d’Arda: io e mio marito abbiamo cercato di avvicinarci a casa per conoscere i servizi che ci sono in zona. Però ho iniziato ad uscire solo in aprile, pochi mesi fa».

E ora?
«Al momento sono a casa, per tre settimane. Ho lasciato l’ospedale sabato scorso ma rientrerò il 26 per un intervento e presumo che ne avrò per qualche settimana. Mi auguro di essere dimessa entro fine ottobre. La prossima operazione consiste nell’installazione di un dispositivo sottopelle e sarà effettuata alla Terapia del dolore di Piacenza. Serve per eliminare le contrazioni».

Facciamo un passo indietro, torniamo a quella notte a New York.
«Purtroppo dell’investimento non ricordo nulla, anche se lo vorrei. So cosa stavamo facendo io e ‘Matte’ fino a pochi istanti prima: stavamo ripercorrendo i nostri posti del cuore. E so che un anno fa a quest’ora stavo camminando per le strade di Chicago, mentre oggi devo battagliare anche solo per prendere in mano qualcosa. Ricordo però i primi giorni in ospedale, tra un’operazione e l’altra. Non capivo bene cosa fosse successo perché non mi dicevano nulla. Circa tre giorni dopo è sceso mio marito, che era ricoverato al piano superiore, e mi ha spiegato tutto».

Ha saputo qualcosa della donna che vi ha investito?
«So solo che è ancora in carcere. Tramite il nostro avvocato, che ci sta assistendo per la richiesta di risarcimento, so che anche le altre persone investite sono alle prese con l’iter. Di sicuro non diventeremo ricchi e in ogni caso il risarcimento non ti ridà le gambe. Però vorremmo almeno un po’ di tranquillità nelle scelte, anche perché tramite l’Ausl a volte i tempi sono lunghi. Neppure per mio marito è stato semplice: ha avuto fratture al naso e alla tibia, più lo choc perché lui ricorda tutto. E ha gestito lui quei primi giorni, compresi i rapporti con l’Italia».

Giulia Gardani insieme agli amici del Tennis Club Farnesiana di Piacenza

Ci sono possibilità concrete di recupero?
«La mia lesione è altissima ma incompleta, dunque fin dall’inizio mi hanno detto che ci sarebbero state possibilità tramite interventi e pazienza. Solo che fino ad ora si è risvegliato poco. I medici comunque non mi hanno tolto la speranza, non mi hanno detto ‘basta’, e allora io vado avanti. Al Niguarda c’era un’associazione che organizzava giornate di sport, per mostrare che era ancora possibile una vita normale fuori. Ho incontrato belle testimonianze, che mi hanno fatto capire che in ogni caso c’è ancora qualcosa da fare. Io chiusa in casa a guardare la televisione non ci starò mai… Vorrei anche poter tornare a viaggiare, lo farò appena potrò».

Lo sport quanto l’ha aiutata?
«Tantissimo. Ho giocato per anni a tennis e quando ho smesso ho insegnato. Anche quest’anno, appena è stato possibile, ho ripreso a insegnare e organizzare (presso il Tennis club Farnesiana di Piacenza, ndr). Dall’anno prossimo mi occuperò maggiormente dell’organizzazione della scuola. La voglia di allenarsi, l’agonismo e la mentalità sportiva ti salvano. Mi sono rimaste. Chi ha la fortuna di poter provare e praticare uno sport deve tenerselo stretto. Perché ti dà speranza, voglia di tentare e ritentare, di sperimentare. Se all’inizio non riesci a fare qualcosa, se fallisci, ti spinge a riprovarci. Ed è quello che sto facendo. Lo sport è terapeutico».

Da Cremona le sono stati accanto?
«Molto. Gli amici della Baldesio mi hanno sempre chiamata, il mio allenatore Matteo teneva i contatti con tutti. Li ho sentiti molto vicini».

Si dice che le situazioni difficili capitino a chi ha la forza di sopportarle.
«Non so se è davvero così, ma se la mia esperienza può servire a qualcuno… beh, allora va bene. Di certo io non mi arrendo».

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