21 Aprile 2023 - 17:35
SESTO - Niente stipendio da febbraio e niente sussidio della Cassa integrazione, che dovrebbe arrivare nelle loro tasche (si spera) in giugno. Avrebbe quindi fatto comodo, ai venti dipendenti della ex Bertarini, ancora in forza al raviolificio chiuso prima delle feste di Natale, un piccolo acconto della liquidazione per tirare avanti questi due mesi. Avevano chiesto mille euro a testa. E invece no, non arriveranno neanche questi soldi perché la ditta, che per legge non ha alcun obbligo, non li anticiperà. È l’ennesima doccia fredda per i lavoratori meno fortunati dei loro trentaquattro colleghi che si sono già licenziati perché hanno trovato un altro posto di lavoro. Una vera e propria emergenza nell’emergenza per quelli, tra loro, a mono reddito e che quindi, per pagare la spesa, le bollette o l’affitto e mantenere i figli, dovranno fare i salti mortali.
«Abbiamo poche alternative, o andiamo in piazza del duomo con il cappello in mano a chiedere l’elemosina o ci buttiamo nel Po!», si sfoga uno di loro. «La Cassa integrazione in deroga – spiega Gabriele Cima della Rsu aziendale – durerà fino alla fine dell’anno, ma prima di prenderla passerà del tempo, si parla di giugno inoltrato perché ci sono una serie di passaggi burocratici che coinvolgono il ministero del Lavoro e la Regione, con tutta la procedura dei progetti formativi per la ricollocazione del personale; i costi, però, per le famiglie ci sono ed è per questo che i sindacati hanno chiesto alla ditta l’anticipo del Tfr, ma siccome la legge non glielo impone, hanno detto che sono soldi che per ora non devono sborsare e quindi non arriverà un centesimo: non è servito a nulla spiegare che ci sono persone in gravissima difficoltà nel coprire le spese correnti, la richiesta del sindacato era solo di ricevere mille euro degli accantonamenti che poi alla fine sono soldi nostri: solo per vivere».
«Capisco – continua Cima – che la Grandi Pastai Italiani non ha alcun obbligo legale, ma ce n’è uno morale, per venti persone dovrebbe sborsare 20mila euro, è impossibile che non li abbia. Quelli che non hanno ancora trovato un lavoro, è bene precisarlo, non l’hanno fatto apposta, la ragione è che hanno particolari patologie invalidanti oppure a qualcuno mancano pochi mesi di contribuzione e la Cassa li aggancerà proprio alla pensione».
Anche i sindacati protestano: «Abbiamo fatto tutti i passaggi che dovevamo fare – assicura Paola Marazzi della Cisl - e abbiamo provato a fare questa richiesta di anticipo del trattamento di fine rapporto anche se c’è una circolare dell’Inps che stabilisce che questa tipologia di Cassa integrazione va erogata dall’ente e non può essere anticipata dal datore di lavoro. D’altra parte - prosegue la sindacalista - abbiamo chiesto alla Grandi Pastai Italiani di fare uno sforzo e di mettersi la classica mano al cuore visto che il disagio l’hanno creato loro, ma ci hanno risposto che non hanno disponibilità finanziarie e che probabilmente ci risentiremo tra un mese; mi dispiace molto per questi lavoratori che sono preoccupatissimi perché le tempistiche dell’Inps non le conosciamo e quindi non sappiamo esattamente quando sarà erogata la Cassa, visto che la procedura non è veloce».
Conclude Marazzi: «Come sindacati abbiamo le mani legate e quindi abbiamo detto ai lavoratori di chiamare loro stessi l’azienda; con gli altri lavoratori, che nel frattempo si sono licenziati, stiamo invece ultimando le conciliazioni e loro, in base agli accordi che abbiamo siglato, prenderanno la liquidazione a rate, a partire dal mese successivo a quello in cui si sono dimessi. Questi venti lavoratori, invece, che fino a fine anno potranno beneficiare dei mille, milleduecento euro di Cassa, l’entità non la sappiamo, potranno cominciare a riscuotere le tranche del loro Tfr dall’anno prossimo, a meno che uno non decida di licenziarsi prima».
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