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AGROALIMENTARE

Alimentare: governo, la produzione di carne coltivata inquina

La sottosegretaria Siracusano difende il divieto alla Camera

Daniele Duchi

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14 Aprile 2023 - 11:50

Alimentare: governo, la produzione di carne coltivata inquina

CREMONA - Agroalimentare, i nodi. La carne coltivata, ottenuta dalla coltivazione di cellule, ha una produzione più inquinante di quella derivante dai tradizionali allevamenti zootecnici. Lo ha sostenuto la sottosegretaria Matilde Siracurano in Aula alla Camera rispondendo ad una interpellanza di Eleoonora Evi (Avs) sul recente decreto del governo che vieta la produzione e la commercializzazione della carne coltivata. Le affermazioni di Siracusano sono state respinte da Evi, che si è dichiarata «non soddisfatta» della risposta del governo. «Mi consenta anche di dissentire sui benefici per l’ambiente - ha detto Siracusano - per una serie di motivi. Il primo riguarda la mistificazione delle metriche: la produzione di carni da cellule è energivora e produce CO2, che resta in atmosfera centinaia di anni, mentre gli animali emettono metano, che resta in atmosfera 12 anni. Studi autorevoli e recenti tendono a stimare l’impatto climalterante della carne prodotta da cellule intorno ai 13,6 kg di CO2. La media degli allevamenti italiani indica 0,26 di CO2 Kg per chilo di pollo e arriva a circa 13,5 per le carni bovine (sono dati Faostat). E stiamo parlando di medie, quando sarebbe più corretto un confronto con gli allevamenti più performanti».

«C'è poi da approfondire il tema degli impatti ambientali indiretti - ha aggiunto -, che spostano ulteriormente l'equilibrio a favore dell’agricoltura e dell’allevamento naturali: quali sarebbero i costi ambientali e sociali della sostituzione della campagna con i bioreattori? Senza contare, inoltre, che l’impatto della carne sintetica, frutto di attività di laboratorio, porterebbe all’abbandono progressivo delle attività zootecniche, che da millenni si incaricano di conservare l’ambiente e curare il buono stato del territorio per le generazioni future, con conseguenti fenomeni di spopolamento e desertificazione». Evi ha contestato i dati esposti da Siracusano sull'impatto ambientale maggiore della carne coltivata: «tutto dipende da come verrà prodotta questa carne coltivata. Se utilizzeremo fonti fossili, è evidente che ci sarà una maggiore emissione in atmosfera di CO2, ma se si utilizzeranno le rinnovabili per gli impianti, per questi stabilimenti e questi laboratori, è evidente che il tema della CO2 non si pone».

Inoltre Evi ha sottolineato la problematicità del metano: «rimane in atmosfera, è vero, meno tempo, ma ha un potere calorifico molto più elevato della CO2. Quindi, per ridurlo velocemente, si avrebbero dei maggiori benefici proprio per la lotta alla crisi climatica». (ANSA)

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