19 Febbraio 2023 - 05:00
Il governatore Attilio Fontana con l’onorevole Silvana Comaroli e il segretario della Lega cremonese Simone Bossi
Adesso o mai più. Le prossime 72 ore saranno quelle decisive per capire se la provincia di Cremona potrà tornare ad avere un proprio rappresentante nella giunta della Lombardia, il consesso dove si prendono decisioni per il futuro, in cui si programmano investimenti da cui dipendono il grado di benessere, di efficienza e di capacità produttiva di un territorio. Ecco perché è importante esserci. Non per campanilismo, ma per interesse concreto.
«Siamo stanchi di essere i figli della Petacci», cioè illegittimi (anzi, di più: mai avuti), afferma ironicamente il presidente di una importante associazione di categoria quando gli si parla del governo di Palazzo Lombardia. Fuor di metafora, quella frase esprime un’urgenza precisa: la provincia di Cremona ha il sacrosanto diritto di essere rappresentata al livello superiore, quello del governo di una regione alla quale contribuisce in termini di storia, economia, progettazione, capacità di leadership.
Ne sono la dimostrazione Francesco Buzzella, Riccardo Crotti e Giovanni Bozzini, autorevoli e rispettati presidenti lombardi rispettivamente di Industriali, Confagricoltura e Cna. Tutti e tre, già nell’immediato dopo voto che ha sancito la conferma di Attilio Fontana alla presidenza, così come avevano apertamente dichiarato nel corso della campagna elettorale, hanno messo in campo il peso della loro influenza per favorire una rappresentanza cremonese in giunta. Adesso tocca alla politica. Che, peraltro, qualche segnale lo ha già dato.
Silvana Comaroli, deputato della Lega, afferma apertamente «non molleremo» e annuncia di aver pronta una rosa di nomi da sottoporre al giudizio del presidente e dei maggiorenti della coalizione di centrodestra. In quell’elenco uno degli elementi di spicco sarebbe il segretario cremonese della Lega, Simone Bossi. Il senatore Renato Ancorotti, di Fratelli d’Italia, spiega di «aver già avviato le interlocuzioni» e di pensare al coinvolgimento di un esponente della società civile. Se questi due ‘pesi massimi’ riuscissero a trovare una proposta condivisa, certamente le speranze di successo aumenterebbero.
Dall’opposizione arriva la voce di Matteo Piloni, con i suoi 5.566 voti mister preferenze, che invita i colleghi neo eletti a lavorare uniti per il territorio. Il pensiero va, ad esempio, alla mobilitazione bipartisan vincente del 2015, quando destra e sinistra scesero in piazza coese in difesa dell’autonomia dell’ospedale Maggiore di Crema. Ecco, sarebbe positivo se arrivasse anche da sinistra una sorta di gradimento a un assessore cremonese, ancorché rappresentante della sponda opposta. Cremona è rimasta fuori dalla stanza dei bottoni del Pirellone negli ultimi cinque anni. Nel frattempo i problemi del territorio sono rimasti quelli di sempre. A partire dalle infrastrutture stradali, ferroviarie e, nei nostri Comuni più piccoli, anche digitali, la cui carenza costa milioni di euro in termini di mancato Pil.
Proprio questo tema tanto centrale è il focus del prossimo numero di Mondo Business, il mensile economico allegato al giornale La Provincia, che analizza la questione con autorevoli interventi, a partire da quello del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Per dirla senza girarci troppo intorno, non si possono avvilire le molte eccellenze produttive del nostro territorio non dando loro la possibilità di arrivare nel mondo perché magari - capita anche questo, purtroppo - manca una strada adeguata anche solo per far uscire da ‘casa’ i prodotti. La strategia è già stata individuata: la messa a terra delle azioni fondamentali del Masterplan 3C, lo studio realizzato da Ambrosetti su input dell’Associazione Industriali, che definisce i piani di sviluppo territoriale.
Dati Eurostat alla mano, secondo la classifica Nuts 2, nel 2020 il Pil della Lombardia valeva 365 miliardi di euro (tra le regioni europee, secondo solo a quello dell’Île-de-France, l’area con al centro la capitale Parigi). Lo scorso anno è salito a 396, secondo il documento condiviso presentato ai candidati dalle forze economiche locali riunite in Assieme. Quello della provincia di Cremona pesa poco meno di 12 miliardi. È stato calcolato che la carenza di infrastrutture costa al territorio il due per cento in meno di ricchezza prodotta. Vale a dire 240 milioni di euro all’anno. Una cifra che rappresenta il prezzo pagato dal territorio in termini di minori opportunità di investimento per le aziende e di mancata creazione di nuovi posti di lavoro, che significa anche meno occasioni di benessere per le famiglie. Insomma, in ballo c’è molto di più che un posto al sole di uno di noi.
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